Centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini: cinema poetico- critico

In occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, celebriamo il poeta, sceneggiatore e attore, attento ai cambiamenti sociali del Boom del Dopoguerra, del Sessantotto, della società del consumo, dell’omosessualità, che lo posero al centro dell’opinione pubblica. Inizia la sua carriera come comparsa a Cinecittà, pur continuando a dedicarsi alla sua attività giornalistica e letteraria. Spirito libero e alla continua ricerca di modelli innovativi, ammira Ejzenstein e Chaplin, il cui insegnamento si rivela nella fotografia di “Accattone”, la cui forza espressiva risiede nelle immagini.

L’esordio cinematografico è additato proprio ad “Accattone” (1961) – pellicola restaurata dalla Cineteca di Bologna. Il film, seguendo la riflessione proposta nel romanzo “Ragazzi di vita”, affronta il proletariato romano delle borgate popolate da delinquenti, emarginati, assoggettate alla sacralità del modello borghese e alla conseguente omologazione culturale e sociale di massa. Nello stretto rapporto tra cinema e letteratura emerge la critica politica nei confronti dei rischi indotti dalla società borghese nell’Italia del Boom economico.

Nel film “Teorema” (1968) Pasolini fa esplodere le certezze dietro cui si cela la borghesia, mostrando cosa succede all’interno di una famiglia borghese nel momento in cui irrompe un elemento estraneo che sovverte ogni equilibro, lasciando, infine, un vuoto incolmabile: attraverso la rappresentazione dell’elemento perturbante e dissacratorio della sessualità emerge come non vi siano speranze nel mondo del consumo sfrenato e nessuna possibilità di redenzione, sicché ciascun componente familiare diventa uno straniero nel medesimo contesto sociale da cui deriva.

Ne’ “La Trilogia della vita”, costituita da “Il Decameron” (1971), “I Racconti di Canterbury” (1972) e “Il fiore delle mille e una notte” (1974), mette a nudo il connubio amore e sessualità – quest’ultima intesa come motivo di vitalità che afferra la nuda essenza dello stare al mondo – che la visione letteraria di quel tempo era solita soffocare fino a relegare lo scrittore al filone di serie B chiamato “Decamerotico”.

Autore di una “scrittura unificata” che  lega il ruolo di scrittore e di regista, discriminato dall’opinione pubblica a seguito della sua dubbia moralità sessuale, Pasolini è sempre stato fedele alla Settima Arte:

“Io amo il cinema perché con il cinema resto sempre al livello della realtà.

“Uccellini Uccellacci” (1966), interpretato da Totò con musiche di Ennio Morricone, è un film il cui titolo mostra metaforicamente il confine fra fiabesco (uccellini) e grottesco (uccellacci), rifacendosi all’ideologia marxista che divide tra oppressi e oppressori.

“Porcile” (1969) è un film con un forte messaggio politico che si rivela attraverso due storie interconnesse, quella di un giovane cannibale e quella dell’erede di un impero industriale. Quest’ultimo si ribella alla società e preferisce alle donne il rapporto sessuale con gli animali. Risuona ossessivamente la frase “Ho ucciso mio padre, ho mangiato carne umana, tremo di gioia”, che rimanda a una società cannibale, come quella nazista, nutrita dei cadaveri dei lager. Il film è dominato da un’aurea di vuoto e solitudine atta a parlare e a smuovere le coscienze attraverso l’interpretazione dell’attore francese Pierre Clémenti, che incarna in modo esemplare la figura dell’adolescente del Sessantotto: esile, alto, scarno, trasgressivo e anticonformista.

Nella sua poliedrica carriera di voce libera e viva, destinata a scardinare le repressioni dalla società, Pasolini collabora con Anna Magnani, Mauro Soldati, Federico Fellini, Attilio Bertolucci.

Ma egli si dedica anche alla tragedia classica con “Medea” (1969) di Euripide, in cui riflette su una società non ancora corrotta dall’occidente moderno e dalla cui produzione nasce la relazione con l’altrettanta anima inquieta della celebre Maria Callas.

Un altro fulcro fondamentale della sua poetica è la distinzione tra cinema di prosa e cinema di poesia: nel primo non si sentono il montaggio, la macchina da presa e il linguaggio; nel secondo, invece questi elementi sono fortemente presenti.

Come afferma in un’intervista al regista Marco Bellocchio: “La distinzione che io faccio tra cinema di prosa e cinema di poesia non è una distinzione di valore, è una distinzione puramente tecnica. Se dovessi definire questa distinzione direi che nel cinema di prosa i protagonisti, come nei romanzi classici, sono i personaggi, la loro storia e il loro ambiente. Nel cinema di poesia, invece, il protagonista è lo stile. […] Esempio del primo tipo di film è John Ford; del secondo Godard. Il cinema finora è sempre stato soltanto il cinema, il ché significa che finora un autore di cinema è stato quasi costretto dalle circostanze ad essere un romanziere. D’ora in poi può essere anche poeta.

Tra i suoi capolavori, infine, si ricordano anche “Mamma Roma” (1962), “La ricotta” (1963), “Comizi d’amore” (1964).

Come omaggio a Pier Paolo Pasolini, la Regione Lazio, in collaborazione con la Cineteca Nazionale, organizza una rassegna gratuita di tutti i film più acclamati del maestro, capace di rivoluzionare l’arte della scrittura cinematografica e non solo.

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