Il Natale delle allodole

Da settimane il dibattito pubblico è inquinato dalle voci di corridoio relative alle chiusure per Natale, che il governo ha varato ieri. Come se non bastasse, è sorta la polemica intorno alle attività legate alle feste: dallo sci allo shopping, senza eccettuare i pranzi e le cene. E così, ogni giorno, televisioni e giornali riportano la sempreverde diatriba, divisa tra chi rivendica un diritto di libertà, vuole vivere il Natale alla stregua delle scorse occasioni, e chi crede che intensificare i controlli sia giusto. Tutti costoro, però, dimenticano il problema più importante, che sta alla base di tutti gli altri: l’impellenza di ricevere, gestire e distribuire il vaccino in tempi celeri. 

Infatti, la retorica montata ad arte dal governo, in verità, è uno specchietto per le allodole. Cioè, serve a generare fumo nel campo della discussione, polemica social e televisiva, mentre regna l’incertezza sul controllo dell’arrivo e della gerarchizzazione del vaccino. Una rivisitazione, in chiave Covid, del panem et circenses di Giovenale, al quale viene sottratta l’idea dei “circenses”, ovvero dei giochi, degli svaghi, che odiernamente è scontato che vengano meno. La maggioranza dà in pasto all’opinione pubblica un tema caro, come il Natale, legato ai sentimenti, alla familiarità, ai rituali intoccabili trasmessi di generazione in generazione, perciò l’attenzione si sposta e resta focalizzata sul tema sbagliato. 

O meglio, meno urgente. In altre parole, nonostante la secolare importanza delle festività, comunque sì considerate in senso pagano, perché se fossero intese in  chiave cristiana si discuterebbe su un piano assai diverso, ora ciò che importa è rendere la vaccinazione rapida, diffusa e gratuita per i più. 

A tal proposito, a che punto è il governo? In alto mare. E per giunta in un mare di squali, ove la concorrenza degli altri Paesi è spietata: in Inghilterra già nei prossimi giorni avverranno le prime somministrazioni, in Germania ciò accadrà tra un paio di settimane. È noto che il piano vaccini sia stato affidato nelle mani di Colao, manager di razza, a quanto trapela dal curriculum, tuttavia dall’operato farraginoso negli ultimi mesi di concerto col governo. 

In Umbria c’è la sede dell’unica azienda italiana che produce celle frigorifere per conservare le dosi del vaccino, l’Angelantoni Life Science Srl, eppure, fino a poco meno di una settimana fa, nessun rappresentante del governo l’aveva ancora contattata. 

La partita sull’antidoto al virus sarà tutt’altro che semplice e l’Italia rischia di arrivare col fiato corto. Dove somministrarlo? A chi per primo e sulla base di quali criteri? A che prezzo? E, soprattutto, cosa impedire e cosa consentire nell’era post vaccino?

Immaginare un futuro, insomma, senza vaghezza e nel concreto. L’alea di sbagliare c’è, e l’insicurezza del governo già oggi non è un buon segnale. Alla resa dei conti, quando le allodole avranno finito di specchiarsi e il Natale sarà trascorso, resterà il problema. Forse, drammaticamente irrisolto. 

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