Intervista a Daniele Coluzzi: Quando la poesia insegue le note del futuro

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L’arte e la letteratura non sono monopolio di pochi, ma ricchezza universale che, coinvolgendo ogni essere umano, ne sfiora i sentimenti e le idee per poi nutrirsene, dando vita a nuovi mondi inaspettati. Sono come piccoli microcosmi che nascono appena dietro le palpebre ma che, col tempo, grazie alle nostre mani e una volontà spesso inconscia, sbocciano al mondo, diventando materia viva, visibile agli occhi di tutti. Per troppo tempo l’arte e la letteratura sono state viste come qualcosa di lontano ed esclusivo, qualcosa di astratto e posto in alto, nell’ambiente protetto del museo o nella cartella consunta degli accademici plurispecializzati. Gli unici autorizzati ad avere il diritto di proclamare: “Sono un artista”, dovevano nascere in quel mondo, o farsi strada con le unghie e con i denti per reclamare un proprio spazio. Ciò succede anche oggi (è innegabile) eppure, negli ultimi anni, qualcosa sta iniziando a cambiare. L’arte e la letteratura, in virtù della loro stessa essenza fluida ed eclettica, si stanno trasformando, non solo “adattandosi all’epoca che stiamo vivendo”, come molti hanno provato a sottolineare, bensì provando a costruire da sé nuovi spazi per poter esprimere la propria voce, fatta di colori e suoni, parole e immagini. Social media, grafica digitale, podcast, video… l’arte si espande abbracciando nuovi campi e, imparando a plasmarli, attira a sé sempre più persone, facendole ridere ed emozionare, piangere e riflettere. Il mondo di internet, diventa un’opportunità, segnando una svolta epocale in grado di rendere ogni singolo individuo protagonista, imprenditore e diffusore della proprie creazioni. La possibilità di comunicare direttamente con lo spettatore viene sfruttata non solo per avere un feedback, ma anche per trarne ispirazione e provare a sperimentare nuove forme d’espressione che, talvolta, finiscono per influenzare persino quegli ambiti che spesso danno l’impressione di essere lontani dal mondo artistico e\o digitale; come ad esempio la scuola.

E’ proprio per questo motivo che, per il quarto appuntamento della rubrica LETTERAL(MENTE), abbiamo deciso di intervistare qualcuno che, nonostante la giovanissima età, della scuola si occupa da vicino e con grande passione, ovvero Daniele Coluzzi. Daniele è insegnante di Italiano, Latino, Storia e Geografia al Liceo, nonché scrittore di due libri: “Rock in Progress”, edito Effequ (2011) e “Le luci della centrale elettrica. Canzoni ai tempi dei licenziamenti”, pubblicato nel 2018. Ma il suo lavoro di insegnate non si ferma qui; infatti il Professor Coluzzi è anche un divulgatore culturale e content creator per i suoi canali YouTube, Instagram, TikTok e non solo.

  1. Daniele, una delle critiche che vengono fatte più spesso a chi diffonde la cultura tramite i social media è di trattare la cultura in maniera superficiale, finendo per privarla della sua natura più profonda, come se portare libri e quadri su una piattaforma diversa da quella museale o accademica, vanificasse l’importanza e la bellezza di opere che per secoli ci hanno insegnato non solo a vivere ma anche a pensare e riflettere su fatti ed emozioni universali. I più scettici riguardo le nuove tecnologie sembrano essere coloro che appartengono a una generazione completamente diversa rispetto a quella che, i banchi di scuola, li sta vivendo in questo momento. La loro accusa principale è che, quelli che vengono diffusi tramite internet, siano contenuti per la maggior parte irrilevanti, desinati a non lasciare alcuna traccia non solo nella storia, ma anche nelle menti di coloro che li fruiscono. Eppure, in quest’anno di pandemia, con l’instaurazione della didattica a distanza (DAD), avvenuta per cause di necessità, la scuola ha avuto modo di provare l’esatto contrario. Istruire tramite web, seppure con le sue difficoltà, è possibile, come è possibile fare arte e parlarne, scrivere ed esporre le proprie idee e storie. Tu stesso ne sei la prova: insegnante per vocazione, nel 2019 hai aperto il tuo canale YouTube “Prof. Daniele Coluzzi: Letteratura, Storia, Arte, Geografia, Latino” che, ad oggi, conta più 38.300 iscritti e 3.848.069 visualizzazioni. Attraverso questa piattaforma tieni delle vere e proprie lezioni che ogni giorno aiutano centinaia di studenti a imparare non solo ciò che si trova sui libri di testo ma anche curiosità storico-artistiche inedite ai più. Inoltre, come se non bastasse, la tua divulgazione culturale continua anche su Instagram attraverso l’account @coluzzidaniele dove, con tantissimo entusiasmo e un pizzico di ironia, fornisci contenuti bibliografici per gli approfondimenti; parli di classici, saggi e romanzi contemporanei e infine, dai vita a sempre nuovi contenuti e format, in grado di avvicinare alla letteratura e all’arte, non solo gli studenti ma anche i loro genitori ed insegnanti. Tra le risate provocate dai “meme danteschi” e la fascinazione intessuta dalla mitologia classica, ognuno di loro (ri)trova il piacere legato alla lettura, realizzando che, tutto ciò che si apprende a scuola, non è altro che l’anticamera della nostra vita di ogni giorno, se non la vita stessa, piena di intoppi e meraviglia, stupore e cambiamenti. Quando hai capito che la scuola poteva essere anche questo? Alla luce di questo nuovo punto di vista estremamente contemporaneo, per te è possibile un’istruzione umanistica diversa, più aperta al dubbio e alle nuove interpretazioni? Possiamo dire qualcosa di nuovo su Dante, Petrarca, Manzoni, che prescinda da ciò che conosciamo già in astratto sul loro conto e la loro opera?

Innanzitutto grazie per le belle parole. Ho sempre creduto molto nei nuovi mezzi di comunicazione: come ricordavi tu, me ne occupavo già anni fa riguardo a un altro settore, quello musicale. Mi affascinava il modo in cui il mondo della musica stava cambiando grazie ai social e alle nuove possibilità del web, e nel mio primo libro avevo raccolto pareri e idee di artisti della scena indie italiana.

Oggi sono un docente, ma il mio approccio resta lo stesso: abbiamo la possibilità di utilizzare dei canali in modo diretto e arrivare agli altri senza passare per i filtri di un tempo. Perché non sperimentare? Il web è una prateria sterminata (e ancora poco esplorata) di idee; abbiamo la possibilità di fare davvero la differenza, inventando forme nuove di relazione e anche, perché no, di apprendimento.

Mi sorprende, proprio per questo, la resistenza di molti docenti di materie umanistiche: la comunicazione è il nostro settore, il nostro campo. Noi abbiamo studiato le Lettere, dovremmo conoscere a fondo i meccanismi della comunicazione e del linguaggio…è un nostro dovere trovare nuovi modi per collocare nel mondo di oggi l’istruzione umanistica.

E perché no, magari riusciamo a dire anche qualcosa di nuovo su autori sui quali ormai ci sembra sia stato detto tutto.

  1. In uno dei tuoi post su Instagram scrivi “Riscriviamola la letteratura. Usciamo dalle strade battute, dai pareri dei critici di ormai un secolo fa, dalle convinzioni aprioristiche”. Chi studia la letteratura dovrebbe sentire il dovere di fare ricerca, di fare luce non solo sui classici intramontabili che da secoli affollano i libri di testo, ma anche su tutte quelle pagine spesso dimenticate e scritte da autori straordinari; uomini e donne che hanno segnato la storia della nostra letteratura ma che, nei programmi di scuole medie e superiori, non compaiono mai. La scuola italiana, troppo spesso diffidente nei confronti di qualsivoglia tipo di cambiamento e tanto più legata al rispetto di un programma prestabilito che all’evoluzione individuale dei singoli alunni o agli eventi storici, ormai da decenni segue lo stesso programma di lettere, dimenticando che la letteratura non è metafisica, ma il frutto di un insieme di menti che, una volta, sono state anche corpo, voce, azione. La letteratura, prima di ogni altra cosa, ha a che fare con il mondo, con la vita, perché proviene direttamente da coloro che il mondo, con i loro atti (e con le loro parole) lo hanno plasmato. Chi crede in questo, chi crede nella potenza e nella carnalità della parola, dovrebbe poter trasmettere, attraverso di essa, quanta varietà essa nasconde, correndo anche il rischio che comporta lasciarsi alle spalle una strada già battuta (e per questo conosciuta), per provare a intraprenderne di nuove, nella convinzione che i cambiamenti della società possono essere possibili solo se si inizia dai banchi di scuola. Inclusione, diversità, tolleranza, rispetto; sono tanti i concetti che ogni giorno si cerca di insegnare, senza tuttavia guardare alle soluzioni più ovvie per farlo. Come insegnare l’inclusione infatti, se ancora oggi si prova a nascondere lo struggente amore di Achille per Patroclo? Se al genio delle menti femminili che hanno dato a vita ad opere immortali, viene ancora relegato langolo più remoto dei libri di testo? Dobbiamo tirarle fuori da quell’angolo e insieme a loro, tirare fuori tante verità nascoste, che rivelano quanto la vita, lungi dall’essere in bianco è nero, è a colori; vividi e vari, strani: come l’essere umano Secondo te, quali sono gli autori sottovalutati o dimenticati che meriterebbero di essere inseriti nei programmi scolastici? Coloro che, con le loro parole, potrebbero insegnarci qualcosa di prezioso sulla contemporaneità che stiamo vivendo, trasmettendoci un messaggio forte?

Personalmente nell’ultimo anno ho approfondito molto gli studi del Michelangelo scrittore e poeta; è un personaggio centrale per la storia della nostra cultura italiana e andrebbe letto di più! I suoi versi, la maggior parte delle volte dedicati a uomini (un’altra cosa che dobbiamo ancora digerire, come il rapporto tra Achille e Patroclo che ricordavi) sono di una bellezza spiazzante. Sono dei versi moderni, perché è moderno il modo in cui l’autore ci racconta il suo dolore.

Per quanto riguarda la letteratura al femminile invece, dovremmo dare ampio spazio a Grazia Deledda; premio Nobel per la Letteratura nel 1926, a scuola nemmeno si studia.

  1. Daniele, so’ che una delle tue passioni più grandi è la musica. Entrambi i libri che hai pubblicato, sia “Rock in Progress” che “Le luci della centrale elettrica. Canzoni ai tempi dei licenziamenti”, trattano questo mondo tanto vasto quanto multiforme; un mondo fatto di note e successi, evoluzioni e rivoluzioni che, contrariamente a quanto spesso si è spinti a pensare, è strettamente legato a un altro mondo: quello della letteratura. Poesia e musica camminano insieme da secoli, intrecciandosi e influenzandosi, talvolta perfino sfumando l’una nell’altra. Cavalcanti, Petrarca, ancor prima di De André, sono i nostri primi cantautori; ne è una testimonianza il termine stesso “canzone” (dal latino cantione) sulla cui origine non riflettiamo mai ma che, anticamente, stava a identificare quel componimento metrico, formato da un numero variabile di strofe e stanze, attraverso il quale il poeta si rivolgeva direttamente al lettore (o, meglio, all’ascoltatore) facendosi accompagnare, nella recitazione dei propri versi, da vari strumenti musicali. Inoltre, non risale a molto tempo fa, la consegna del premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan il quale, nel 2016, è stato omaggiato dalla più grande onorificenza esistente a livello mondiale, per aver “creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana”. Nessuno si sarebbe mai aspettato, anche solo un anno prima dell’evento, che il comitato svedese avrebbe deciso di estendere il prestigioso riconoscimento a un esponente della musica ‘pop’ eppure, tra scetticismi e dibattiti, è accaduto, dimostrando ancora una volta, quanto il legame fra letteratura e musica, anche oggi, sia più vivo che mai. A metterlo in evidenza è sopratutto il fenomeno dei podcast: contenuti radio on demand, dove lascoltatore è lassoluto protagonista di quello che decide di scaricare e ascoltare. Creare un podcast non è difficile come può sembrare, anzi, è molto semplice; non bastano che una buona piattaforma on line per registrare e un programma di editing e poi, il gioco è fatto. Effetti, jingle, colonne sonore, tutto è a portata di click; e forse è proprio in virtù di queste caratteristiche di semplicità e versatilità che, negli ultimi tempi, i podcast sembrano essere diventati una vera e propria moda. Un trend che tu stesso conosci molto bene. Ogni venerdì infatti, dalle 16:15, intervieni in diretta su Radio Rock, —allinterno di Antipop”— con le tue pillole, non di musica (come ci si aspetterebbe), ma di Storia e Letteratura, facendo così convergere, ancora una volta, parole e suoni in un unico spazio. Vuoi parlarci di come è iniziata questa avventura? Secondo te permettere alla musica di incontrare più spesso la letteratura, anche in ambito scolastico, potrebbe dar vita a nuovi metodi d’insegnamento? Ti è mai capitato di associare un libro che ami a una particolare canzone o playlist?

La musica e la letteratura sono le due grandi passioni della mia vita. Sono contento che la rubrica di Radio Rock mi permetta di unirle. Come dicevi tu, sono due mondi estremamente legati tra loro, e spesso in passato non c’è stata questa grande separazione che invece avvertiamo oggi. Se vogliamo andare alle origini di tutto, la poesia nasce proprio come canto sacro e come narrazione accompagnata da strumenti musicali.

Sicuramente sarebbe interessante strutturare delle unità didattiche e dei progetti interdisciplinari a scuola per permettere ai ragazzi di avvertire la vicinanza tra questi due mondi. Credo aiuterebbe molto la letteratura a liberarsi di quell’immagine polverosa che spesso le viene data. Per ora però, lo ammetto, ho lavorato molto poco su questo aspetto e non ho mai riflettuto su delle possibili associazioni tra libri e playlist.

  1. Il dovere di un insegnante è aiutare i suoi studenti a crescere, a scoprire il mondo e loro stessi nel mondo, per poter affrontare la vita a cuore aperto e trovare la propria strada, gli occhi spalancati per poterla cogliere, non smettendo mai di stupirsi. È questa la convinzione che, forse più di tutte, traspare dalle tue parole quando parli dell’essere un’insegnante. Quando alcune tue studentesse, un giorno, ti hanno rivelato le loro paure nei confronti del futuro infatti, ti sei sentito spiazzato; da professore, avresti voluto fornire loro le risposte perché, come tu stesso hai detto, “rispondere alle domande è il tuo lavoro”. Eppure, la consapevolezza dell’assenza di una risposta giusta, ti ha fatto esitare. Nonostante questo però, ti è bastato qualche minuto di riflessione in più per trovarne una perfetta di risposta, in grado di cancellare qualsivoglia tipo di esitazione: “Inseguite la bellezza”. Un consiglio antico, figlio dei poeti: inseguire quel tipo di bellezza che ha poco a che fare con i corpi e tanto con l’anima che scalpita per trovarsi, che necessita di tempo per essere capita, che non si può ne definire ne catalogare. Bisognerebbe seguire quel tipo di bellezza che spesso si nasconde e, talvolta, solo nello sguardo di chi vede; che assume la voce di chi parla ma solo seguendo il suo ritmo interiore, assecondando i movimenti aritmici dei propri pensieri, le acrobazie incomprensibili del propri sogni e desideri. Hai consigliato loro di trovare la bellezza come avrebbe fatto un giovane Dostoevskij, raccomandando loro di fare attenzione nel cercarla e nell’accudirla perché, come diceva Ovidio “forma bonum fragile est”: la bellezza è un bene fragile. Quindi ti chiedo: secondo te, qual’è il modo migliore per scoprire come trovarla? Che cosa è per te la vera bellezza e quali sono le opere che più di tutte, a tuo parere, te l’anno fatta intravedere?

Credo che ognuno riesca a trovare la bellezza in modo diverso: un medico, un ristoratore, un insegnante, un commerciante, coltivano la propria idea di bellezza per tutta la vita e la trovano ogni volta in delle forme inaspettate. Il modo migliore per scoprirla è coltivare con passione e dedizione quello che davvero ci piace: tutto il resto è superfluo. Inseguire quello che amiamo è l’unica cosa che davvero conta, secondo me.

Le opere che personalmente me l’hanno fatta intravedere sono tante: artistiche, musicali, letterarie. Ogni volta che l’uomo si dedica a qualcosa di totalmente disinteressato come l’arte, produce una piccola frattura che ci lascia sbirciare all’interno di qualcosa di più grande.

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