La rettrice dell’inclusività, intervista ad Antonella Polimeni

Antonella Polimeni è la prima donna a guidare l”Università La Sapienza in più di 700 anni di storia

Molta dell’attenzione che v’è stata intorno alla sua elezione viene attribuita dai mass media al suo essere donna mentre, nelle interviste rilasciate dai suoi predecessori, le domande volgevano l’attenzione ai loro programmi, ai loro ideali, e ai punti che avrebbero reso la sapienza un’università migliore. Questa disparità, nonché esaltazione del suo essere donna prima che rettrice, come la fa sentire?

La prima rettrice dell’Università La Sapienza in più di 700 anni di storia è sicuramente una notizia ma non ha rappresentato l’unica novità e questo lo voglio sottolineare con forza; sono stata eletta al primo turno elettorale con un ampio consenso che si è raccolto intorno al programma che ho presentato, frutto di un attento ascolto con numerosi interlocutori. È chiaro che la novità è quella di una donna alla guida dell’Università più grande d’Europa ma la vera notizia è l’essere stata eletta al primo turno. Questo non toglie la mia contentezza nell’essere considerata un simbolo per le giovani donne nelle loro prospettive di carriera visto che dopo 700 anni è stato rotto lo stereotipo.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, poco dopo la sua nomina, lei afferma di diffidare dalle persone che non si emozionano, sottolineando come questo suo stato non provenga dall’irrazionale bensì dalla consapevolezza. Cercando di abbattere lo stereotipo che vede nell’emotività una debolezza, quanto è importante non reprimere ciò che si prova e come riesce a coadiuvarlo con il suo ruolo accademico?

I ruoli, che siano accademici o non, sono comunque rappresentati da persone che assumono comportamenti e prendono delle decisioni auspicabilmente non lontane dai loro convincimenti: questo equilibrio non può essere minato da emozioni che fanno parte del vissuto di ciascuno; ciò non toglie che invece l’abilità di essere empatici sia una grande dote di leadership. L’emozione intesa come capacità di emozionarsi ricevendo l’emozione degli altri è uno strumento molto importante specie nelle organizzazioni complesse ove vi è la necessità di su un approccio «decentrato», cioè fondato su fiducia, valori, obiettivi e condizioni che siano condivise.

Nonostante il suo mandato sia iniziato recentemente, le iniziative che ha avviato sono molteplici, rispecchiando ciò che aveva promesso nei suoi 18 punti. Gli esempi più recenti di ciò sono l’attivazione del percorso istruttorio per istituire lo Sportello Antiviolenza, la collaborazione con la startup sociale Le contemporanee per il raggiungimento dell’obbiettivo 62%, la nomina del magistrato Simonetta Matone come Consigliera di fiducia dell’Ateneo ma anche la solidarietà espressa nei confronti delle donne turche che vedono violati i loro diritti di essere/i umani con il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul.  Se domani finisse il suo mandato, per cosa e come vorrebbe essere ricordata?

Tendo a ripeterlo come una sorta di mantra che le pari opportunità vanno associate a pari capacità e pari opportunità declinate non solo alle differenze di genere; questo è alla base di qualsiasi delle iniziative del mio programma. Pari opportunità e inclusione sono parole chiave per me che vanno declinate a tutto tondo nella condizione di genere, di orientamento sessuale, di religione, di disabilità ma anche nella dimensione economica nelle possibilità di affrontare un percorso di studi e una determinata carriera. Voglio ricordare che tra le iniziative già adottate vi sono l’istituzione del Comitato tecnico scientifico sulla Diversità e l’Inclusione e del nuovo Comitato tecnico-scientifico per la sostenibilità: sono anche questi segnali di attenzione importanti che si tradurranno presto in azioni concrete. Vorrei quindi essere ricordata come la Rettrice che valorizza le diversità e l’inclusione nonché le eccellenze didattiche e di ricerca.

Mentre fra i vertici della comunità europea vi sono stati dei cambiamenti significativi come la nomina di Ursula von der Leyen alla Commissione Europea e Christine Lagarde per la presidenza della BCE, nei vertici italiani, nonostante l’auspicato cambio di rotta del neo governo Draghi, su 23 ministri solo 8 sono donne. Un cambio di rotta era auspicabile anche nel merito della violenza di genere che vede l’Italia, nonostante l’aggravamento delle pene, ancora essere fra i paesi che commettono maggiormente questa tipologia di crimini. Difatti, solo per portare alla memoria un tragico esempio, dal 2000 al 2019 sono state uccise in Italia 3230 donne. Sembra che il tema delle pari opportunità, così come quello della violenza di genere, in Italia sia utile solo per fini dialogici ma viene meno quando v’è da dimostrare azioni concrete. Lei trova che sia più incombente il ruolo di donna in veste di rettrice o di rettrice in veste di donna?

Proprio in virtù di quanto dicevamo prima, non c’è differenza e per la verità non trovo che la mia sia un’incombenza, ma un’opportunità. Quello che si apprezza in altri ambiti del resto, trova un riscontro anche nelle università: a Sapienza i ruoli apicali sono ancora in maggioranza affidati a uomini, ma la tendenza è che la componente femminile è in continua crescita (specie nell’ultimo biennio) e questo è un indicatore importante. Mi lasci però dire che la violenza contro le donne ha un peso specifico ancora molto importante e che deve essere contrastata con tutti gli strumenti disponibili, anche culturali, e che la sensibilità su questo tema è sempre maggiore, anche tra gli uomini. La capacità di delegare è, dunque, alla base della leadership. Nessuna organizzazione complessa può essere governata in maniera singola e i professionisti che ne fanno parte esercitano, quindi, una autonomia decisionale in situazioni complesse, che spesso sono imprevedibili, quasi sempre interpretabili e non sempre riconducibili immediatamente a una norma precisa o una procedura. La leadership è dunque prevalentemente un problema collegato alle deleghe, alla responsabilizzazione dei soggetti che operano in base ad autodisciplina e autocontrollo.

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