L’amore al maschile in Haruki Murakami

“Quando il suo cuore si muove, trascina anche il mio. Come due barche attaccate l’una all’altra da una corda. Anche volessi tagliarla, quella corda, non ho strumenti abbastanza affilati per farlo”

La letteratura ci ha sempre abituati al racconto dell’amore al femminile: innumerevoli sono le donne che soffrono per amore tra le storie trasmesse sin dall’antichità. E da sempre nella società si è diffusa l’idea dell’uomo forte a qualsiasi sentimento, a qualsiasi distrazione d’amore, a qualsiasi sofferenza che quest’ultimo può portare, raccontato come colui che “non ha tempo da perdere”. Alla donna, dunque, vengono associate le pene d’amore. Sono loro che piangono, si disperano, e spesso muoiono per un amore contrastato, un sentimento deluso, un tradimento. Per Anna Karenina la passione totalizzante porta alla distruzione di se stessa. Potremmo andare più indietro nel tempo: Didone (Eneide, Virgilio) si uccide dopo che Enea l’abbandona.

Poi arriva Murakami con Uomini senza donne e ci insegna che l’amore è per tutti, i sentimenti e la passione “colpiscono” per fortuna chiunque. Murakami realizza una raccolta di sette racconti autonomi, tutti collegati dal tema centrale: uomini che vivono la perdita, l’assenza o l’impossibilità dell’amore femminile. Uomini rappresentati nella loro umanità e di cui Murakami ci dà un’attenta analisi psicologica. Ognuno di loro vive la figura femminile, amandola, disperandosi. Sono le donne qui a irrompere nella loro vita quotidiana ma non diventano mai vera presenza, bensì ciascuna storie si fonda proprio sul venir meno di queste figure. Più l’uomo cerca di avvicinarsi, più loro vengono meno. Più l’amore diventa forte, più queste donne diventano degli enigmi affettivi. E così nessuna relazione viene vissuta in modo concreto. Nessuna di essa ha un lieto fine. Ciò che prevale è la nostalgia per ciò che non è stato.


Si percepisce, in alcuni di essi, anche il timore nell’avvicinarsi all’ amata, la paura di agire. Forse qui troviamo una grande differenza rispetto alla narrazione solita della donna innamorata: se quest’ultima agisce, si ribella all’idea di una relazione impossibile, gli uomini di Murakami, invece, subiscono, ricordano, analizzano, quell’amore che non si è mai realizzato.

C’è chi, come Kafuku, soffre in silenzio per il tradimento della moglie ormai morta, anzi, vive questo amore solo nel momento in cui la donna non c’è più. Anna Karenina, invece, vive in prima persona la passione, va contro le regole sociali. Karenina agisce, Kafuka subisce. Per Anna, l’amore è esperienza totale: travolge, distrugge, la porta fuori dai confini morali e sociali. È una fiamma che brucia tutto ciò che tocca. Per Kafuku, l’amore è enigmatico: la moglie lo tradisce, ma lui non prova rabbia; prova invece un bisogno ossessivo di capire. Dopo la morte, quel desiderio di comprensione si trasforma in malinconia e colpa.

In questi personaggi prevale il non detto: non esprimere i propri sentimenti, non dichiararsi e infine vedere sfumare chi si ama. Kitaru è un ragazzo eccentrico, ironico, apparentemente sereno. Canta i Beatles in dialetto del Kansai, lavora part-time, vive un po’ ai margini delle regole sociali. Eppure, dietro questa leggerezza si nasconde un disagio profondo: ha paura dell’intimità e del desiderio, specialmente nei confronti di Erika, la ragazza con cui è fidanzato, fino a spingere il suo amico a uscire con lei. Kitaru ama Erika, ma non riesce a toccarla, a confessarsi, a “entrare” davvero in un rapporto, fino alla rinuncia, fino a far perdere ogni traccia di sé. Gli uomini di Murakami si dissolvono per amore. A un certo punto ci prova a mettere in scena la figura dell’uomo forte e impassibile a qualsiasi sentimento: Tokai è l’emblema dell’uomo benestante, non ha alcuna intenzione di instaurare relazioni, vive storie fugaci, spesso con donne sposate, quasi solo per soddisfare un mero desiderio sessuale. La sua storia, però, si trasforma in una delle più forti raccontate all’interno della raccolta. Tokai si autodistrugge nel momento in cui incontra finalmente la donna da amare. L’amore diventa in lui un organo del corpo senza il quale non si può vivere.

La bellezza dei racconti di Uomini senza donne è nella capacità di raccontare un amore che rivela le fragilità, che fa cadere l’idea dell’uomo indipendente, forte. La capacità di far trasmettere l’idea della passione e dei sentimenti non come qualcosa che rende deboli ma come ciò che ci mostra in maniera sincera, vera.

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