Le condizioni di Mosca per la pace: Erdoğan come grande mediatore

Lo scenario di guerra ucraina si fa sempre più complesso e sanguinoso, coinvolgendo sempre più civili, anche se a livello diplomatico sembra si stia cercando di raggiungere finalmente un accordo. Al centro dei piani strategici e diplomatici per il raggiungimento di una pace, dopo le vicende del Nord Stream e del ponte di Crimea, è richiesta la figura del Sultano Recep Tayyip Erdoğan come mediatore, dato il grande successo ottenuto precedentemente con gli accordi per lo sblocco del grano ucraino.

Il Cremlino, nella giornata di mercoledì 12 ottobre, ha fatto sapere tramite il consigliere diplomatico Yuri Ushakov di aspettarsi dall’incontro con Putin in Kazakistan una proposta da parte di Ankara per mediare definitivamente con Kiev. «Se ci dovessero essere contratti (tra Russia e Ucraina), questi avranno luogo sul territorio turco». Ci credono tanto i russi nella loro amicizia con i turchi, tanto da affidargli il loro futuro in una futura exit strategy.

Non propriamente un compito facile quello del Sultano, che attualmente si trova anche in pre – elezioni presidenziali, dal momento che il premier ucraino Volodymyr Zelensky ha vietato con un decreto presidenziale qualsiasi tipo di trattativa con Putin. In più, deve tenere ben presente che l’Ucraina ha acquisito il sostegno incondizionato dalle cancellerie europee e dagli Stati Uniti, nonostante il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, abbia mostrato recentemente maggiore apertura al dialogo.

La risposta da Ankara non tarda ad arrivare, dichiarandosi pronti a portare avanti la diplomazia mai fermata da parte loro, che stanno dando consigli ad entrambi le parti coinvolte. Ma rimane da considerare una cosa: la chiusura repentina da parte del governo di Kiev. Sembra proprio, come si evince anche dal crollo del ponte di Crimea, che ormai l’Ucraina sia assuefatta dai continui colloqui che non hanno dato i frutti sperato con la Russia. I civili vittime di guerra aumentano, le città distrutte incombono nel bel mezzo del territorio europeo dove mai nessuno avrebbe pensato di assistere a uno scenario simile. Gli ucraini vestiti dalla piena povertà e dall’orgoglio ormai colorato di verde militare.

L’impegno della Turchia, però, non sarà gratuito. Amici sì, ma con una ricompensa: Putin sta pensando di reindirizzare le forniture dei gasdotti Nord Stream verso il Mar Nero, avendo così il tempo di riparare il gasdotto danneggiato e risanare le relazioni tra Europa e Russia. «Possiamo trasferire il volume di transito perso lungo i gasdotti Nord Stream, sul fondo del Mar Baltico, alla regione del Mar Nero. Rendere quindi principali le rotte di approvvigionamento del nostro carburante, del nostro gas naturale verso l’Europa attraverso la Turchia, creando il più grande hub del gas per l’Europa in Turchia. Certamente, se i nostri partner sono interessati a questo», ha riferito Putin nella giornata del 12 ottobre durante il Forum “La Settimana russa dell’Energia”.  Durante il Forum, Putin ha ribadito che il sabotaggio del gasdotto è un puro “atto di terrorismo”, tra l’altro pericoloso per le infrastrutture di tutto il mondo. Certo, non le ha mandate a dire agli Stati Uniti, Polonia e Ucraina, accusandoli di voler minare le relazioni della Russia con l’Europa e di sottomettere quest’ultima politicamente, indebolendone il potenziale industriale e impadronendosi del mercato.

D’altronde, l’arrivo dell’inverno preoccupa tutti quanti (la gente ha iniziato a fare scorta di legna) e la ripresa delle forniture di gas russo sarebbe senz’altro la soluzione immediata al problema, accedendovi non più dalla rotta nord ma dalla Turchia. In questo caso, l’ok da Ankara arriva immediatamente perché così la Turchia diventerebbe il più grande hub del gas nella storia.

Non è chiaro quali siano le ragioni vere di questo accordo tra le due parti nelle cancellerie occidentali. Intanto gli USA hanno deciso di alleggerire le restrizioni sulla vendita dei caccia F-16 alla Turchia, una delle tante questioni per cui la Turchia si era avvicinata di più a Mosca.

Che sia una fatalità o un segno di riconoscimento da parte dell’intera NATO nei confronti della sua seconda superpotenza, dato che si era espressa negativamente dopo il referendum (non riconosciuto a livello internazionale) che ha consegnato a Mosca le quattro province ucraine? Il governo turco ha sempre ribadito in questi lunghi mesi di guerra la sua disponibilità nel ricoprire il ruolo di mediatore, anche se non ha mai espresso apertamente il suo dissenso nei confronti delle azioni russe. Mai come per quest’atto, definito un “ostacolo per ogni trattativa” e non ritenendolo valido.

Intanto, anche Aleksej Miller, amministratore delegato di Gazprom, ha rincarato la dose sulla questione invernale in Europa. Se attualmente l’Europa può contare sul 91% delle scorte di gas mantenute, Miller guarda alla fine della primavera, quando gli stoccaggi saranno scesi al 5% e sarà più difficile ricostituirli. Dunque, per gli inverni futuri, il 2023 e il 2024 come si adopererà l’Europa? Una domanda lecita e giusta da porsi e da porgere, dato che la crisi energetica non sembra bloccarsi per il momento.

Per questo, il 13 ottobre Putin ha presentato a Erdoğan in Kazakhistan il piano strategico dell’hub turca, facendo della regione del Mar Nero la via principale per il rifornimento di carburante e gas all’Europa attraverso la Turchia. Sembrerebbe un ritorno al passato, al prima del Nord Stream che coinvolgeva anche le rotte alternative dell’Europa settentrionale, inclusa Kiev, nelle esportazioni russe (Blue Stream). Ma è probabile che il Sultano voglia capire realmente quanto ci sia di veritiero nelle parole e nei progetti del Presidente russo, arrivata puta caso dopo la pioggia di missili sulle città ucraine. Erdoğan si è reso conto, ormai, che per far dialogare le due fazioni bisogna che ci sia un interesse concreto. È stato così per il grano e per gli ostaggi, sarà così anche per la città di Zaporizhzhia prima di un negoziato per un cessate il fuoco.

Per quanto riguarda, invece, la proposta dell’hub, il ministro turco dell’Energia Fatih Donmez ha dichiarato questo: «E’ la prima volta che sento l’idea di portare il gas in Europa attraverso percorsi alternativi. Sono tanti gli aspetti che vanno discussi». Per ora, sembra una risposta fredda, ma a ragion veduta. Nonostante si siano avvicinate molto come potenze, la Turchia vuole avere una certezza reale e concreta del progetto russo, dato che di esperienze poco piacevoli con Mosca ne hanno già vissute..

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