“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele.
Esplorate. Sognate. Scoprite.”
Nel 1835, in questo stesso giorno, in una piccola casetta di legno ai margini di un paesino misconosciuto di nome Florida, nell’allora selvaggio Missouri, nasceva Samuel Langhorne Clemens, giornalista, umorista, ma sopratutto padre della letteratura americana, conosciuto con lo pseudonimo di Mark Twain; nome direttamente ricavato dal grido gergale “by the mark, twain” (ovvero: dal segno, due) in uso nella marineria fluviale degli Stati Uniti per indicare una profondità delle acque tanto sicura, da permettervi il transito. Un nome ironico e allo stesso tempo iconico, che ben si adatta a colui che in vita non fu semplice scrittore, ma un vero e proprio pioniere, un avventuriero sagace in grado di dare vita a uno stile e a un linguaggio tanto semplici quanto profondi, destinati a fare la storia di una letteratura che forse, ancora non possedeva davvero i binari sulla quale correre.
Quei binari, li costruisce proprio Twain, nella sua maniera spregiudicata e tagliente, polemica e ironica; le mani consumate dal lavoro e lo spirito ribelle di chi, anche immerso in una società discriminatoria e intollerante, è in grado di vedere l’essere umano per ciò che è davvero: una creatura libera, i cui sogni e speranze muovono il mondo, aldilà del colore della pelle o della nazione natia.
Sono forse binari ormai datati, questi?
Gli eventi che hanno costellato quest’anno —dall’assassinio di George Floyd avvenuto il 25 Maggio 2020, fino alle più’ recenti marce per l’uguaglianza razziale condotte lungo le strade statunitensi e del mondo— ci impediscono di rispondere affermativamente a una domanda a cui per lunghi anni si è cercato di non rispondere, ma che ha comunque continuato a tormentare una società perennemente divisa e intollerante.
Sono passati ben 136 anni dalla prima pubblicazione di “Le avventure di Huckleberry Finn” (Adventures of Huckleberry Finn) eppure, nonostante i passi avanti fatti, nonostante le lotte, le marce di protesta a favore di un’uguaglianza mai davvero raggiunta, quella società intollerante descritta da Twain emerge ancora prepotente, anche ai giorni nostri, seppure soffocata da una patina di perbenismo politically-correct.
Da indagini fatte di recente infatti, prendendo in considerazione il solo periodo che va dalla fine della Guerra Civile americana fino al 2017, è emerso che le vittime di “minoranza etnica” per opera della “supremazia bianca” nei soli Stati Uniti, sarebbero più di cinque mila.
A confermarlo è uno studio particolarmente significativo condottoRj Ramey, il fondatore di Auut Studio, il quale ha realizzato una mappa per documentare tutti gli omicidi causati dall’odio razziale in cento anni di storia americana. Una mappa nella quale spuntano, come fiori di sangue, centinaia di puntini colorati, identificanti l’appartenenza etnica delle vittime. Attraverso la mappa è possibile leggere le loro storie, ripercorrerne le persecuzioni e, allo stesso tempo, prendere conoscenza del numero esorbitante di vittime che ancora oggi viene raggiunto ogni anno (se nel 1890, infatti, le persone uccise perché appartenenti a una minoranza etnica erano in media 9 al giorno, nei successivi vent’anni il numero scende a malapena a 7) senza mai perdere di vista, neanche per un solo istante, la vera essenza del loro coraggio e di quei sogni, nati dalla speranza di un futuro migliore.
Di questi sogni, di queste lotte spesso silenziose, possiamo prendere coscienza dai dati ufficiali, ma anche attraverso la letteratura di Mark Twain; riscoprendo così perché libri come “Le Avventure di Huckleberry Finn”, lungi dall’essere semplici libri per l’infanzia, siano divenuti “classici” intramontabili dalla quale non si smette mai di imparare.
Difatti, in un’epoca in cui ancora si muore per il colore della propria pelle, in cui si alzano muri e si costruiscono subdole divisioni, approfittando di ignoranza e paure, un libro scritto in epoche passate può divenire strumento per costruire un nuovo presente, insegnando attraverso le avventure narrate che, il vero senso della parola empatia è contenuto direttamente nella parola umanità. Un’umanità fragile e controversa, ma anche meravigliosa, creativa, capace di diffondere attraverso i propri gesti e le proprie parole, un sorriso che allontani l’odio e insieme ad esso la paura, la diffidenza verso un “diverso” solo illusorio.
Huckleberry Finn sorride dalla sua copertina stropicciata, i colori stinti e solidi… e a guardarlo così viene a sorridere anche a noi. Con i suoi calzoni arrotolati sulle caviglie e quell’espressione sghemba, non sembra per niente impacciato. Huck non ha paura.
E perché mai dovrebbe infondo? Lui ha capito. Ha capito il segreto nascosto fra le nuvole del cielo; il più travolgente, il più inafferrabile perché trasparente come l’acqua che scivola sotto la sua zattera: Huck ha capito cosa è la libertà, da ogni convenzione, da ogni pregiudizio. Un padre violento e vagabondo, gli occhi appannati d’infelice perplessità e di ottuso rancore verso una vita che non ha avuto la forza di vivere degnamente; una società che vuole ridurlo a replicante di un pensiero corrotto e bigotto, non sono in grado di fermarlo. Perché gli adulti a volte non sono che manichini, corpi vuoti senz’anima; sono coloro che indicano senza capire, con la bocca spalancata nel peggiore dei sermoni. Sono i fautori del bene da pochi soldi, quello degli inginocchiatoi consumati e degli occhi ciechi; incapaci di vedere che talvolta sarebbe meglio parlare meno e fare di più.
I bambini sono diversi; possono ancora imparare e allo stesso tempo, insegnare qualcosa agli adulti: a lavarsi dai pregiudizi e dimenticare le accuse, a spogliarsi dei propri vestiti di seta per indossare gli stracci altrui. Come Huckleberry Finn ci fanno capire che sarebbe meglio correre scalzi, fingersi morti per poi resuscitare a vita nuova, iniziare da capo… e perché no ? Magari navigando per 1800 km lungo il Mississippi. In compagnia di Jim, lo schiavo; il braccio destro, la spalla, il vincastro. Jim. l’unico vero Uomo all’interno del romanzo. L’unico che possa essere chiamato Amico.
Avventura e libertà, gioia e furbizia. Se Tom Sawyer è un bambino dalla fantasia troppo vivace per essere domata, Huckleberry Finn è un eroe del nostro tempo, come lo era di allora. Di quelli che combattono senza spada, di quelli che amano senza parole. Di quelli che, guardando il cielo, hanno ancora la forza di perdersi per trovare una strada, quella che a dispetto di quanto il mondo urli, è quella giusta:
Lontano dalle catene, lontano dal buio.