A Palazzo Reale, dal 14 settembre al 26 gennaio la mostra dedicata a Edvard Munch
Dopo 40 anni dall’ultima mostra a Milano, Edvard Munch (1863–1944), uno dei più grandi artisti simbolisti e precursori dell’Espressionismo, torna protagonista con una grande retrospettiva. Promossa dal Comune di Milano-Cultura, con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e organizzata presso Palazzo Reale in collaborazione con il Museo Munch di Oslo e Arthemisia, la mostra celebra il percorso umano e artistico del maestro norvegese attraverso 100 opere iconiche.
Munch, noto per la sua capacità di esprimere le più profonde angosce dell’animo umano, fu segnato da lutti e dolori precoci: la perdita della madre a soli 5 anni, della sorella, la morte del padre e la tormentata relazione con Tulla Larsen furono esperienze che alimentarono il suo universo creativo.
I suoi dipinti, caratterizzati da figure senza sguardo, paesaggi surreali e un uso potente del colore, riflettono il tormento interiore che lo accompagnò per tutta la vita, trasformando il suo dolore in arte universale.
Tra le opere in mostra spiccano una versione litografica de L’Urlo (1895), simbolo dell’angoscia esistenziale, La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922-1924), Le ragazze sul ponte (1927) e Danza sulla spiaggia (1904).
Curata da Patricia G. Berman, tra le massime esperte di Munch, e con la collaborazione di Costantino D’Orazio, la retrospettiva non si limita a presentare la produzione artistica di Munch, ma esplora anche il suo approccio psicologico e filosofico.
L’artista, influenzato dagli studi sulla percezione e dalle teorie del tempo, cercò di rendere visibili le forze invisibili che influenzano l’esperienza umana e l’universo. Il suo interesse per queste energie misteriose, unite alla sua capacità di sintetizzare le emozioni attraverso il colore e la forma, lo rendono ancora oggi un artista contemporaneo, in grado di parlare alle ansie e ai conflitti dell’epoca moderna.
La mostra approfondisce temi centrali dell’opera di Munch, come la nascita, la morte, l’amore e il disagio psichico, mettendo in evidenza il legame tra la sua arte e il “grido interiore” che l’ha accompagnato per tutta la vita.
Munch iniziò la sua carriera negli anni Ottanta del XIX secolo, quando si recò a Parigi e assorbì le influenze impressioniste e postimpressioniste, sviluppando un uso del colore sempre più intimo e drammatico.
Negli anni Novanta contribuì alla nascita della Secessione Berlinese, e la sua prima personale in Germania nel 1892 fu reputata scandalosa, affermandolo come artista eversivo. Nonostante il successo internazionale, la sua vita fu segnata da relazioni dolorose, alcolismo e un collasso psicologico che lo portarono a ricoverarsi in clinica tra il 1908 e il 1909.
Rientrato in Norvegia, continuò a sperimentare e produrre opere fino alla morte, avvenuta nel 1944.
La retrospettiva milanese è arricchita da un ricco calendario di eventi culturali che coinvolgeranno diverse istituzioni cittadine, offrendo ulteriori approfondimenti sulla figura di Munch e sui temi centrali della sua opera.
Sponsor come Statkraft, Generali Valore Cultura e Frecciarossa contribuiscono a rendere l’evento accessibile a un vasto pubblico.
Questa mostra rappresenta un’occasione unica per entrare in contatto con l’universo di Edvard Munch, un artista che, attraverso le sue opere, ha saputo trasformare il dolore personale in espressione universale, parlando ancora oggi alle inquietudini e alle emozioni profonde dell’umanità.