Omicidio Giulia Tramontano: l’aggravante crudeltà c’è o no?

Giulia non c’è più. Da quel pomeriggio del 27 maggio abbiamo sperato fino all’ultimo che fosse viva, fino alla confessione del fidanzato Alessandro Impagnatiello nella notte del primo giugno: Giulia è morta, e l’ha uccisa lui.

Da quel momento, per ogni giorno che passa, gli inquirenti raccolgono dettagli sempre più dolorosi, inquietanti, drammatici, e i notiziari ci mettono davanti all’innegabile realtà che in Italia, circa ogni due giorni, una donna viene uccisa.
Ma è in questi momenti che, soprattutto dinanzi a tragedie del genere, è necessario mantenere un profilo rispettoso, fatto di attese, silenzi e razionalità, per non alimentare ulteriormente dolore e polemiche, processi mediatici e strumentalizzazioni.
Questo è un ragionamento imprescindibile ed inderogabile che dovrebbe essere insito in tutti noi, per il rispetto per la vittima, dei suoi familiari, e di chi da giorni sta indagando assiduamente perché Giulia ottenga giustizia; a maggior ragione, è un meccanismo di correttezza e riguardo che dovrebbe essere naturale in chi pratica il mestiere del giornalista, il quale ha l’onore e l’onere di fare informazione, ed ha altresì il dovere morale di farlo con la massima correttezza, senza dare adito a un “processo social parallelo”, fatto di congetture, insinuazioni da parte di non addetti ai lavori, fake news, arrivando persino a infangare e sminuire la memoria della vittima per fomentare la polemica in nome di qualche like e share in più.

In questo articolo, con l’aiuto di Luca de Laurentiis, nostro collaboratore e curatore di approfondimenti giuridici, c’è l’obiettivo di fare, con il massimo rispetto, un po’ di chiarezza in questa vicenda, rispondendo soprattutto a quella domanda che sul web si stanno ponendo tutti: sussiste l’aggravante della crudeltà?


È diffusa la notizia che, per il gip Angela Minerva, nell’omicidio di Giulia Tramontano non ci sia l’aggravante della crudeltà. Premesso che le indagini non siano finite qui, l’opinione pubblica si è sollevata contro questa decisione, domandandosi come in un omicidio disumano e scellerato come questo non ci sia della “crudeltà”, dimenticando forse come il codice penale abbia una sua linea e dei dettami da seguire, i quali trascendono dall’indignazione ed empatia generale, seppur comprensibile, per una giovane vita spezzata.
Quindi, per un non addetto ai lavori, come potremmo spiegare questa decisione del GIP?

In primo luogo, il mancato riscontro dell’aggravante della crudeltà non significa che a livello morale il delitto in questione non sia qualcosa di crudele, scellerato e disumano; a livello etico è crudele ed impensabile uccidere una donna di 29 anni, con in grembo un bambino.
A livello giuridico, invece, è una faccenda ben diversa che va determinata da una serie di elementi che andranno riscontrati durante le indagini. Ciò non vuol dire che il GIP non riconosca quanto questo omicidio sia umanamente terribile, ma “l’aggravante di crudeltà” è una cosa diversa dall’immaginario collettivo che si è venuto a creare.

Sussiste crudeltà quando, per modalità della condotta (dove la condotta in questo caso è l’azione che porta alla morte, quindi le coltellate), deve rendere in modo evidente, obiettivo e conclamato la volontà di chi agisce di infliggere alla vittima delle sofferenze gratuite, inutili, ulteriori e non collegabili a normale processo di causazione dell’evento morte (questo è l’incipit che dà la Cassazione in numerose sentenze riguardo la crudeltà). La legge ha un iter da seguire: sui social si sta discutendo di come questo sia un omicidio “crudele” e come si faccia a non trovarvi della crudeltà, certamente a livello etico e morale lo è innegabilmente, ma non è così che funziona a livello processuale. Uccidere è crudele, ma l’aggravante della crudeltà viene considerata o meno dal GIP se è presente una certa ritualità nell’omicidio, tipo sevizie: se la vittima, ad esempio, fosse stata seviziata e lasciata agonizzante per giorni ovviamente vi sarebbe stata crudeltà.

Ma cosa significa? Che non deve esserci solo la coltellata, o comunque l’atto che porta alla morte, ma devono anche essere state inflitte delle sofferenze gratuite e inutili, oltre la morte. In questo senso, per esempio, il numero di coltellate può essere indice di crudeltà, o se prima di uccidere avvengono sevizie (tagliare, amputare braccia, gambe o dita).

La crudeltà viene valutata anche a seconda di come si svolgono i fatti. A detta anche degli elementi che sono pervenuti alla stampa è necessario attendere l’esame autoptico, che avverrà domani, per procedere o meno con l’aggravante della crudeltà.
In questi casi il quadro di colpevolezza è in divenire ed è necessario fare tutti gli accertamenti e gli esami che andranno poi a stabilire il tutto.
In conclusione possiamo dire che l’indagine ancora non è conclusa, mancano ancora tanti accertamenti che daranno, si spera, un quadro più nitido e, a Giulia e Thiago, la giustizia che meritano.

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