Questione migranti: attacchi francesi e mediazioni europee

Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad uno scontro tra Francia ed Italia sulla questione migranti. Forse ce l’aspettavamo, o forse no… sta di fatto che la questione dei migranti è sempre stata la nota dolente dell’intera Europa su cui, per troppo tempo, si è scivolati. 

Parigi ha avuto effettivamente una reazione aggressiva nei confronti dell’Italia che – ci tiene a ribadire giustamente la Meloni – in un anno ha accolto 90 mila migranti. Una posizione che è stata dibattuta a lungo nella conferenza stampa a Palazzo Chigi dalla Premier, dopo l’approvazione del nuovo decreto aiuti. È attraccata a Tolone la nave Ocean Viking con a bordo 230 migranti. I numeri, signori, parlano da soli non ci sarebbe bisogno di fare ulteriori analisi. Inoltre, è la prima nave di una Ong che abbia mai attraccato in Francia. Dunque, dove avrebbe commesso l’errore l’Italia? Qual è stato l’errore irrimediabile che abbia portato alla rottura dei rapporti con la Francia?

Caro Macron, l’Italia non deve essere vista come l’unico porto di sbarco per i migranti del Mediterraneo. La sua importanza va ben oltre l’ospitalità di cui, ringraziando il cielo, nessuno ancora si è lamentato. Ultimamente, risuonano molto spesso le parole “solidarietà” e “condivisione”, pronunciate anche da grandi esponenti che a volte dimenticano il loro effettivo significato. Ma, cara Francia, se isolate l’Italia, chi garantirebbe la solidarietà e la condivisione incondizionata data finora da questo Stato?

La guerra, se così vogliamo interpretarla, non dovrebbe esserci tra Stati membri Ue, ma contro gli scafisti che speculano sulle innocenti vite di migranti in cerca di speranza. Che sia in Francia, in Italia, in Spagna, in Germania…

Dopo lo scontro tra Italia e Francia, l’Unione Europea ha deciso di convocare una riunione ad hoc per risolvere la questione. L’incontro è mirato a fare il punto sulla nuova crisi (perché non ne abbiamo già abbastanza) e portare avanti una nuova iniziativa tecnica che dovrebbe essere solo a livello tecnico, anche se la presenza dei ministri dell’Interno non è esclusa. La riunione dovrebbe tenersi prima del Consiglio Affari Interni previsto nella prima settimana di dicembre. Nel frattempo, i vari paesi europei spiegano le loro posizioni dopo che Parigi ha chiesto la sospensione dei ricollocamenti nei diversi stati. 

Partiamo dalla nostra più vicina di casa, la Germania: «Continueremo ad attenerci al Meccanismo di Solidarietà nei confronti del Paesi che permettono l’approdo di migranti salvati in mare. Questo vale espressamente anche per l’Italia, che ha permesso lo sbarco di tre navi. Andremo avanti nel nostro sostegno fino a quando l’Italia terrà fede alla sua responsabilità per l’accoglienza dei migranti salvati dal mare», ha dichiarato il portavoce del ministro dell’Interno. 

Il Lussemburgo ha deciso di non sospendere i ricollocamenti e mostrare la propria solidarietà, con l’augurio per Francia e Italia di ritrovare la pace e l’armonia e portare avanti gli ideali europei. 

Ora, resta da capire quali erano effettivamente gli accordi passati tanto rivendicati dalla Francia e che ha portato ad una crepa nel loro rapporto. Una crepa quasi irreparabile, a quanto pare, dato che dal 12 novembre a partire dalle ore 20 sono entrati in vigore controlli rafforzati alla frontiera franco-italiana. I controlli – 24 ore su 24 – sono per i punti di passaggio, compresi quelli di montagna, stazioni, assi secondari di Mentone, Sospel e Breil-sur-Roya; assi autostradali (A8), le uscite e i pedaggi sulle autostrade. 

La risposta della Meloni non tarda ad arrivare: «Ora tre cose possiamo fare: possiamo decidere che siamo l’unico porto d’Europa ma non sono d’accordo, non ho avuto questo mandato dagli italiani. Ipotesi due: non credo che si debba litigare ogni volta con Francia, Grecia, Spagna, Malta», l’unica soluzione che potrebbe portare a dei vantaggi comuni sarebbe aprire degli hotspot o meglio, prendere in considerazione il modello turco, ovvero ricevere finanziamenti per bloccare l’avanzata dei profughi.

Il modello turco già discusso in agenda.

Ebbene sì, anche nel giugno del 2021 la questione degli immigrati era stata posta sul tavolo Ue con una certa urgenza dagli stessi paesi che oggi ne lamentano le dinamiche di accoglienza. Il 24 giugno 2021, l’allora presidente Mario Draghi insieme all’allora cancelliera Angela Merkel avevano portato l’attenzione del Consiglio Europeo sulla questione migranti. L’obiettivo principale è sempre stato il raggiungimento di un accordo comune per ridistribuire gli sbarchi che puntualmente arrivano sulle coste italiane, maltesi e di Cipro, ma anche per risolvere le controversie. Nonostante lo abbia accompagnato, Angela Merkel storse il naso all’Italia e alle sue richieste, definendo il Paese come un punto di arrivo, quindi quasi a normalizzare gli sbarchi continui. Gli altri paesi, invece, sono colpiti da movimenti secondari. 

Si raggiunse però un accordo, ovvero seguire il modello turco: avere finanziamenti in cambio di stop ai migranti. Ancora una volta, l’Occidente guarda con “ammirazione” colui che hanno definito un dittatore spietato senza il rispetto delle libertà, Erdoğan, approvando un finanziamento di 5,7 miliardi di euro. L’accordo con la Turchia aveva l’obiettivo di bloccare non solo la rotta Balcanica ma anche quella Mediterranea, estendendo l’accordo a Libia, Tunisia e Marocco. 

La morale, dunque, l’intera Europa non potrebbe farla a nessuno perché ancora una volta si è preferito sorvolare e affrontare con leggerezza quelle che sono le questioni umanitarie e il preservarne i diritti. Gli sbarchi continuano ad esistere, i migranti vivono ogni giorno barbarie di ogni tipo sulla propria pelle e il modello turco non è andato a buon fine…

Amnesty International ha dichiarato la Turchia come Stato non sicuro per l’accoglienza dei migranti, perché ancora piena di vessazioni, violenze e violazione dei diritti umani da parte dello stesso Governo turco. Eppure, ad essa si continua a guardare: ha continuato ad ospitare fino ad oggi il più alto numero di rifugiati provenienti dalla Siria e da altri paesi. Non è negabile, purtroppo, come soprattutto i siriani abbiano avuto crescenti difficoltà nell’integrarsi nel contesto turco caratterizzato da una polarizzazione politica e da una profonda crisi economica che hanno generato ostilità ed insofferenza. 

Non sono mancate ripercussioni nei confronti della popolazione siriana rifugiata: molti sono stati rimpatriati forzatamente ed illegalmente, minacciati, percossi o fuorviati per costringerli a firmare un modulo di rimpatrio volontario falso. 

Perciò, la ripresa di questo modello deve essere fatta con cautela e portato avanti con l’intento di metterlo in atto. Altrimenti, sarebbe solo l’ennesimo slogan inutile e privo di senso della solidarietà europea vista solo in determinate circostanze più comode. 

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