Il 27 maggio 2010 l’ex presidente della UEFA Michel Platini faceva nascere ufficialmente un sistema per il monitoraggio e lo sviluppo dell’economia nel calcio, in seguito al rilevamento di perdite rilevanti nella maggior parte dei club europei. In questo modo l’ex calciatore francese stava cercando di rendere il calcio un business sostenibile a lungo termine, per i grandi e i piccoli club.
I criteri
Il “Finantial Fair Play” si basa sostanzialmente su tre principi: il pareggio di bilancio (con uno sforo massimo di 5 milioni e dai 30 ai 45 se coperti da un aumento di capitale da parte del gruppo proprietario del club), l’assenza di debiti nei confronti di altri club (i trasferimenti dei giocatori devono essere pagati regolarmente), il pagamento regolare dei dipendenti. Con questi tre criteri, nelle loro varie regolamentazioni, prima Platini e poi Ceferin professavano la volontà di rendere il calcio anche uno sport più equo, a favore anche dei piccoli club.
Sono passati ormai più di undici anni dall’istituzione di questo regolamento e dell’ente che avrebbe dovuto far rispettare tutti i paletti, ma è ormai palese che ci siano dei favoreggiamenti nei confronti di alcuni club e il deferimento di altri proprio del nostro paese.
Gli esempi italiani
Negli ultimi cinque anni la situazione di Milan, Inter e Roma è quella che è risultata più critica, il tutto peggiorato ovviamente nelle ultime due stagioni dalla pandemia.
Dopo i passaggi di proprietà dei tre club italiani la UEFA impose varie limitazioni alle società, imponendo la disposizione di un piano sostenibile a lungo termine. Ma come si è visto tutte le squadre si sono poi ritrovate a combattere nuovamente con dei paletti aggiuntivi messi dalla federazione, arrivando a sacrificare anche dei giocatori pur di rispettare i vari criteri, mentre nel resto di Europa, magari anche in casa propria, c’era chi spendeva e spandeva non vincendo abbastanza per sostenere quelle spese.
Soluzione “Superlega”
Tanto che proprio qualche mese fa tante di queste squadre si sono ritrovate coinvolte in un “Superlega”, in cui un finanziatore esterno, il gruppo JP Morgan Chase, avrebbe immesso grandi quantità di denaro nelle casse di questi club, in modo tale da poter permettere loro di continuare a comprare senza imbattere in una vera e propria crisi economica. Si parlava di circa tre miliardi ciascuno per le dodici “prescelte” dal gruppo bancario.

Il progetto però come si è visto non è andato in porto e si stanno iniziando a vedere le prime “vittime” come ad esempio il Barcellona, ritrovatosi costretto, grazie anche all’introduzione del “tetto salariale” nel campionato spagnolo, a non poter rinnovare il contratto di Lionel Messi. Non sarebbe potuto rimanere in nessun caso, poiché il regolamento spagnolo impone l’ultimo contratto debba avere uno stipendio che sia almeno il 50% del precedente, impendendo di fatto ai blaugrana di tenere il loro capitano, a causa di una cattiva gestione della precedente presidenza.
Messi al Psg
L’argentino, forse il calciatore più forte di tutti i tempi, è da poco un nuovo giocatore del Paris Saint Germain, che in tempo di Covid è riuscito a permettersi, oltre l’ingaggio della “Pulce”, circa 35 milioni annui, quello dell’ex capitano del Real Madrid, Sergio Ramos, circa 15 milioni in un anno, quello del MVP degli europei Gigio Donnarumma, 7 milioni solamente per la prima stagione, e quello di Georgino Wijanldum, 9 milioni annui, oltre quelli dei giocatori già presenti, come quelli degli stessi Neymar e Mbappè (circa 35 e 17 milioni).

Dov’è finita la credibilità?
Ora la domanda è: “Tutto questo rientra nella regolarità del Finantial Fair Play? E anche se lo fosse, come può risultare un piano sostenibile a lungo termine?”. Lo stesso sceicco Al Khelaifi durante la presentazione della “pulce” ha affermato che sono state rispettate tutte le norme del Finantial Fair Play. Risulta abbastanza strano però che in una stagione in cui il PSG non ha portato nessun trofeo a casa possa permettersi tutti questi investimenti, mentre una squadra come l’Inter, dopo la vittoria del campionato italiano, si ritrovi obbligata a vendere i suoi migliori giocatori a cifre altissime pur di tornare ad essere competitiva.
La sensazione è che qualcosa non stia andando o che comunque qualcuno stia aggirando i regolamenti e sfruttando alcune lacune che gli permettono di usarlo a proprio favore. L’evidenza è che forse la UEFA invece di penalizzare squadre che stanno cercando di ripartire dopo una situazione delicata come quella del Covid debba pensare a sanzionare chi evidentemente non sta rispettando i vari criteri del FFP e continua a spendere senza vincere quanto basta. Lo stesso Barcellona dopo la firma di Messi con il Paris Saint Germain sembra aver presentato un esposto alla UEFA in cui ha denunciato l’avvenimento come una lesione ai propri affari. Abbastanza divertente e discutibile come avvenimento, visti anche i vari investimenti fatti dalla squadra catalana in questi anni e l’assenza di un titolo europeo ormai da molti anni.
Dopo un’estate molto strana in cui una sola squadra è riuscita a monopolizzare il mercato europeo, la stessa che aveva rifiutato la partecipazione alla superlega, l’idea è che una competizione che possa rivoluzionare il calcio, ma nel giusto modo, sarebbe veramente necessaria. Il calcio ha bisogno di cambiamenti, ma più che economici ce ne vorrebbe uno nei valori, ormai decaduti sotto il dio denaro.