Tutti a casa!

No, non è un’esultanza post-vittoria né uno slogan politico: è il più semplice dei moniti categorici impartito all’intera popolazione italiana. Mea culpa, siamo in piena emergenza: ci metto la faccia, perché poco meno di un mese fa mi schieravo in quel limbo formato da chi né minimizzava la questione, né urlava alla pandemia.

Ebbene la pandemia è divenuta ufficialmente realtà: l’ha annunciato ieri l’Oms che, tra una conferenza stampa e l’altra, ha evidenziato tutti i meriti dell’Italia nell’applicare misure drastiche alla quotidianità delle persone, nel tentativo di contenere l’espansione del COVID-19 nel minor tempo possibile.

Finora la nostra nazione è stata l’unica a prendere provvedimenti seri e mirati, atti a contrastare un qualcosa di praticamente inedito; al contrario nel resto d’Europa, oltre che negli States, il Coronavirus non sembra affatto far paura: ci si limita a chiudere le scuole per qualche giorno nonostante l’aumento spropositato di casi accertati; a far disputare le competizioni sportive che, seppur a porte chiuse, causano scellerati assembramenti all’esterno degli stadi (vedi match di Champions League tra PSG e Borussia Dortmund); o ancora, a non limitare attività e orari degli esercizi commerciali non preposti alla vendita di beni di prima necessità.

In Italia abbiamo avuto il coraggio di affrontare un nemico invisibile ma reale a suon di tamponi e privazioni, pur essendo consapevoli che in seguito a tutto questo pagheremo paradossalmente e inevitabilmente un conto salatissimo, sia dal punto di vista sociale che economico. Si è scelto di anteporre la salute pubblica al fattore produttivo: una decisione coraggiosa e totalmente condivisibile, che necessiterà in futuro del sostegno dell’intera comunità internazionale. Guai ad accettare passi indietro, sarebbe gravissimo.

Ad oggi la priorità si chiama Coronavirus: ci si sta adeguando pian piano ad un nuovo stile di vita, dettato dal tardivo iter legislativo dei vari Dpcm e dai consigli dispensati dai media, che a loro modo stanno cercando di farsi perdonare per aver contribuito in alcune occasioni alla diffusione di fake news. Le principali emittenti televisive hanno rivoluzionato i loro palinsesti, eliminando i talk leggeri e inserendo film storici e serie tv nelle programmazioni giornaliere; un’azione che intende coinvolgere innanzitutto il target giovanile, decisamente più restio ad accettare le misure stringenti emanate dal governo.

Per l’appunto, #iorestoacasa è il nome scelto per la campagna social divulgata da enti istituzionali e artisti dello showbiz, trasmessa quotidianamente anche sul piccolo schermo sia in formato spot che all’interno dei game show, durante i quali vengono menzionate le 10 regole base che aiutano a non contrarre il virus. Insomma, risulta davvero difficile non recepire le informazioni del caso, specialmente quelle inerenti al crowdfunding: attraverso le piattaforme web più gettonate sono state infatti attivate varie raccolte fondi, le cui donazioni fungeranno da supporto materiale alle strutture sanitarie sparse lungo l’intero Stivale.

Uno Stivale deserto, caratterizzato da uno scenario tristemente anomalo: città vuote, borghi desolati e negozi chiusi. Ma va bene così, perché come i dogmi della psicologia insegnano la non-accettazione del problema non è una soluzione. Stringiamo i denti, ce lo chiede l’Italia

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