Zerocalcare e la censura della Turchia: il PKK è terrorismo

Arriva ieri la notizia dalla redazione giornalistica Sabah: Zerocalcare è censurato per riferimenti al gruppo terrorista del PKK.

La serie in questione è “Strappare lungo i bordi”, su Netflix dal 18 novembre, composta da 6 episodi di 15 minuti. È un racconto nostalgico e disincantato, adolescenziale o tardo adolescenziale, che inizia dagli aneddoti degli amici Zero, Sarah e Secco. È lo stesso Zerocalcare a doppiare la voce di ogni personaggio tranne quella dell’Armadillo, visto come il “Grillo Parlante” del protagonista, doppiato da Valerio Mastandrea. 

Come si intravede dall’immagine in copertina, nel locale si intravede la bandiera curda del PKK, considerato in Turchia un’organizzazione terroristica. Le ragioni dell’ostilità turca al simbolo curdo sono storiche, il conflitto quarantennale tra la Turchia e i curdi, che chiedono la loro indipendenza dal 1978. 

La storia

Il Kurdistan, tutt’oggi, è ancora un territorio altamente conteso dalle potenze mediorientali di Turchia, Siria, Iran e Iraq. Infatti, è suddiviso in quattro regioni geo – politiche: Kurdistan turco, Kurdistan siriano, Kurdistan iraniano e Kurdistan iracheno. La questione territoriale risale alla fine dell’Impero Ottomano che, con il Trattato di Sèvres (1920), venne smembrato di tutti i territori arabi, gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, della città di Smirne e Adrianopoli assegnati alla Grecia. Dunque, lo Stato nazionale turco venne ridotto alla sola Anatolia. Il trattato, però, prevedeva anche la possibilità, da parte della popolazione curda, di ottenere l’indipendenza con i confini delineati da una commissione della Società delle Nazioni.

A seguito della Guerra Turca d’Indipendenza (1920 – 1923), il comandante Mustafa Kemal Atatürk, “Padre dei turchi”, costrinse le ex potenze alleate ad una nuova negoziazione e a ratificare un nuovo trattato, il Trattato di Losanna (1923), che cancellò ogni concessione alle minoranze curde e armene.

Nella Repubblica Turca di Atatürk si avviò una politica di assimilazione delle minoranze alla cultura turca anche attraverso repressioni violente. Solo nel 1932 il regno d’Iraq riconobbe e autorizzò l’uso ufficiale della lingua curda nelle province a maggioranza curda.

In Turchia, la lingua curda e i nomi e cognomi curdi furono proibiti, insieme alla stessa parola “curdo”, tanto che i politici li designarono i “turchi delle montagne”. Un nomignolo che ostenta tutta la diffidenza nei loro confronti e la volontà di non riconoscerli mai come popolo, tanto da restringerli nelle montagne, oltre i confini.

Di fronte a questo comportamento di negazione, i curdi decidono di essere rappresentati da un gruppo armato chiamato Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK), considerato a livello internazionale fin da subito come un’associazione terrorista. Il capo di questo gruppo è Abdullah Öcalan, arrestato in Kenya nel 1999 e condannato all’ergastolo. Dal 1984 al 1999 si contano 37.000 vittime, mentre la repressione dell’esercito turco contro i curdi contano 3000 villaggi distrutti.

Nel 2001 il PKK abbandonò la lotta armata trasformandosi nel partito politico Congresso per la libertà e la democrazia nel Kurdistan ma, nonostante abbiano aderito ai valori democratici, continuò ad essere considerato lo stesso come gruppo terrorista. 

In Turchia i curdi sono almeno un quinto della popolazione (20 milioni) e nonostante ciò non vennero accolti benevolmente nella politica turca. Anzi, sono da sempre osteggiati dal partito di governo AKP, dagli estremisti turchi, dalla stampa e dall’esercito. Anche a livello di informazione, i curdi così come gli armeni, non possono avere una rappresentanza che sia stata punita, una testata che sia stata chiusa. 

Solo nel luglio 2014 si ebbe uno spiraglio di luce con il Partito Democratico dei Popoli (HDP) che continua ad avere gli stessi principi di tutti i partiti che, nella storia della politica turca, hanno cercato di dar voce alla risoluzione della questione curda, i diritti delle donne, l’ecologia e la democrazia per tutti.

Il legame con Zerocalcare

Una domanda che potrebbe sorgere spontanea è: “perché Michele Rech (vero nome di Zerocalcare) ha scelto proprio questo simbolo?”. Tutto è connesso ad uno dei suoi lavori recenti, ovvero il graphic novel Kobane Calling, in cui raccontava sotto forma di fumetto la sua esperienza di viaggio a confine tra Turchia e Siria a pochi km di distanza dalla città di Kobane nel 2015, tra i difensori curdi (YPG e YPJ) del Rojava, opposti alle forze dello Stato Islamico.

«Quando senti RATATATA, è ISIS

Quando senti TUM.TUM.TUM. siamo noi»

« E SBOOOM?»

«SBOOOM dipende.

Fuoco e poi SBOOOM è americani.

SBOOOM e basta è ISIS»(Kobane Calling, Zerocalcare)

Il contesto storico è la guerra civile siriana iniziata nel 2011 che ha interessato anche le città di Kobane, Afrin e Hasaka. Dal novembre 2013, il Kurdistan siriano ottenne un’amministrazione autonoma grazie alle milizie curde nate per difendere le città dei jihadisti. Questa regione prende il nome di Rojava, ed è governata dalle Unità di protezione del popolo (YPG), braccio armato del Partito dell’Unione Democratica (PYD), corrispettivo siriano del PKK, che combatte contro lo Stato Islamico. I miliziani curdi delle YPG erano circa 50’000 nel 2015, di cui il 40% donne.

Nel marzo del 2016 alla conferenza di Rmeilan, i curdi siriani proclamarono la federazione dei tre cantoni sottratti all’Isis, ovvero quelli di Jazira, Kobane e Afrin. Questa decisione non fu accolta benevolmente sia dal governo siriano sia della Turchia e degli USA. 

Nella prima parte del fumetto Zerocalcare racconta i motivi che lo hanno spinto nella piccola cittadina di Mehser, al confine turco-siriano, a poca distanza da Kobanê, città simbolo dell’indipendenza della regione del Rojava, a maggioranza curda, contro le forze dello Stato Islamico. Michele racconta con umorismo le reazioni dei genitori della sua decisione di partire per Kobane con un gruppo di volontari romani per supportare la resistenza curda e narrare obiettivamente il conflitto con testimonianze di prima mano. Dunque, disegni umoristici e critici verso i comportamenti contraddittori con cui vengono condotti gli interventi bellici, ma anche una forte carica di emotività verso le persone e i volontari conosciuti. 

Una parte del fumetto è stata pubblicata anche sul settimanale Internazionale nel gennaio 2015. Una testimonianza, la sua, di quanto sia importante ricordarci il senso di quello per cui stiamo resistendo. Partendo dalla guerra dei curdi per il loro riconoscimento come popolo di culture esattamente come il nostro, come quello turco.

Forse la censura da parte di Erdoğan doveva arrivare su questo fumetto?

No, la censura non deve esserci proprio perché non si può far tacere la storia, ma si deve testimoniarla.

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