Chi cerca trova. Selvaggia Lucarelli, inviata per “Domani” al Circo Massimo per documentare la manifestazione dei no vax, cercava idee strampalate e ha trovato di peggio. Aggredita con una testata (non è stata colpita lei, ma il telefono con cui riprendeva), ha ricevuto anche parole pesanti per aver chiesto ai partecipanti quale fosse il loro pensiero e perché fossero lì.
Non dubitiamo che Selvaggia sapesse a cosa andava incontro; se ti presenti con mascherina, occhiali grandi e zuccotto per non farti riconoscere, telefono in mano per riprendere, fai domande e ti palesi come giornalista, in quei luoghi non sei gradita. Forse non si aspettava una violenza fisica, ma neppure bouquet di rose con cui accoglierla. Avrebbe filmato tutto, cattiverie assai comprese, si sarebbe parlato di lei – come si sta facendo – e i programmi avrebbero fatto a gara per ospitarla – come si farà.
Dopodiché, Selvaggia non meritava affatto quel trattamento, perché non stava offendendo nessuno e, soprattutto, stava facendo il suo lavoro. E fa bene a denunciare l’aggressore più vivace.
La verità è che si è diffuso un clima d’odio nei confronti dei giornalisti, divisi in due categorie: asserviti (tanti) e liberi (pochi). Quelli liberi sarebbero quelli più tendenziosi, più inclini al complotto non esplicitato, meno fautori del certificato verde e meno filogovernativi. Tutti gli altri asserviti a una pluralità di padroni, da “BigPharma” a Draghi passando per BlackRock. Mentre il giornalismo dovrebbe essere rispettato, giacché è una delle poche luci in un periodo tanto buio, invece viene demonizzato.
Chissà cosa faranno le piazze, quando tra pochi giorni il governo renderà effettivo il Green Pass 2.0, quello “super”, che permetterà di sedere al bar solo ai vaccinati o ai guariti. Forse i manifestanti si ribelleranno in massa. Oppure si pacificheranno tutti, vaccinandosi anche i più riottosi, perché tutto puoi togliere a un italiano, tranne al mattino il bar e il Corriere dello Sport (finché pure lui non inizia coi vaccini).