Droni, caccia e provocazioni: la strategia russa dietro le incursioni nei cieli europei

In partnership con MasiraX

Il 9 settembre alle 23.30 tra i 19 e i 23 droni del modello geran-2 hanno invaso lo spazio aereo polacco partendo dalla Bielorussia. Almeno quattro di questi sono stati abbattuti da F-35 olandesi e F-16 polacchi coadiuvati da un AWAX italiano. 

Il primo sospetto, nonché le accuse da parte di tutti i paesi europei, è stato chiaramente rivolto alla Russia. Se da una parte Mosca, altrettanto chiaramente, nega un proprio coinvolgimento, Varsavia ha deciso di invocare l’articolo 4 del Patto Atlantico. Si è letto su tutte le testate e si è sentito in tutti i TG di questo fantomatico articolo 4 del Trattato NATO, ma basta leggerlo per comprendere che non sia molto diverso da una grande riunione di condominio. Certo, si può dire che i condomini in questo caso non sono proprio irrilevanti e che la posta in gioco sia più di una questione di buon vicinato, ma sempre di una riunione senza risvolti pratici si tratta. A scanso di equivoci, ecco il testo: “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”. 

Sabato 13 settembre un altro drone, stavolta da solo, è penetrato nello spazio aereo romeno per dieci chilometri. Infine (almeno per ora), Venerdì 19 settembre tre caccia russi MIG-31 sono entrati nello spazio aereo estone per dodici minuti, finchè degli F-35 italiani non li hanno costretti ad abbandonare i cieli estoni. La Russia afferma che i tre MIG-31 non avrebbero mai violato lo spazio aereo sovrano, intendendo piuttosto che si siano diretti nell’ADIZ, ossia l’Air Defense Identification Zone (Zona di identificazione per la difesa aerea). Come ha fatto notare l’analista Paolo Mauri, la differenza non sarebbe da poco. Durante la Guerra fredda le violazioni della zona di identificazione per la difesa aerea erano all’ordine del giorno e negli ultimi anni, da ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina, sono tornate in auge. Una violazione dello spazio aereo sovrano, cosa che ha tutt’altra qualificazione giuridica, invece non si era mai verificata. 

Ad ogni modo, ciò che qui interessa è provare a capire perché la Federazione Russa ha deciso di compiere queste manovre. Per chi scrive, la questione non è saggiare la prontezza delle difese della NATO. O meglio, non è solo questo il motivo. La Russia – a parte quello che si sente dire, ossia ricreare l’impero russo o l’Unione Sovietica che lascia il tempo che trova – perché dovrebbe farlo? Quali sarebbero gli interessi strategici che sorreggerebbero queste scelte? Perché rischiare di aprire un fronte contro una serie di paesi, Polonia in primis, dotati di forze armate convenzionali estremamente addestrate, ben equipaggiate e molto motivate? Oltretutto le forze armate russe sono logorate da anni di guerra durissima, con perdite di mezzi e uomini molto gravi. La profondità demografica russa, poi, sebbene maggiore di quella ucraina, non è elevatissima. Quanto a popolazione, la Federazione Russa non è la Cina, e neanche gli Stati Uniti. Con l’inverno demografico che in Russia preme a ritmi preoccupanti, la velocità di sostituzione dei molti uomini persi – e la necessaria ulteriore sostituzione in caso di conflitto con l’Europa – è molto lenta. C’è da aggiungere che anche la popolazione russa, dopo quattro anni di guerra incessante, decine di migliaia di salme che tornano a casa, si è stancata ed è propensa a concludere il conflitto iniziando negoziati. Secondo i sondaggi di agosto che il noto Centro Levada ha condotto tra la popolazione russa – nonostante il supporto per le forza armate sia al 78% – il 66% dei russi sostiene che si devono iniziare i negoziati di pace. È il dato più alto dall’inizio dell’invasione. Infine, considerando le pessime prestazioni delle forze armate russe sul terreno ucraino – missili ipersonici e droni a parte – è difficile pensare che Mosca da sola possa iniziare un’operazione che attiverebbe con certezza l’articolo 5 NATO. Per ottenere cosa poi? Di nuovo, sarebbe un’operazione priva di alcun obiettivo strategico. Ci sentiamo quindi di escludere che queste pur gravi violazioni servano a testare il terreno. 

Arriviamo quindi a prospettare una realistica motivazione di queste provocazioni. L’economia europea è al momento molto debole, e tutte le prospettive future non sono rosee. Poi c’è l’impopolare riarmo. Nel 2024 l’Italia ha destinato alla difesa l’1,5% del proprio PIL, come nel 2023. Da giugno 2025 si è richiesto ai membri NATO di spendere, entro il 2035, il 5% del PIL nella difesa, ripartendo la percentuale in un 3,5% di spese militari dirette e un 1,5% destinato alla protezione delle infrastrutture critiche. Le stime per la spesa militare italiana nel 2025 prevedono che si destinerà l’1,6% del PIL, con un aumento di tre miliardi di euro rispetto al 2024, raggiungendo circa 35 miliardi di euro. Tuttavia non sono ancora, neanche lontanamente, le percentuali pattuite al summit NATO di giugno 2025. Non sono vicine neanche le cifre provenienti dalla spesa nazionale previste dal Readiness 2030 (ex Rearm Europe). La popolazione italiana su tutte, ma non solo, ha mostrato una più o meno forte avversione all’aumento delle spese militari. 

Trump non ha mai dichiarato di voler smobilitare le truppe e gli arsenali statunitensi, ma, anzi, ha nominato il nuovo comandante delle forze NATO in Europa. Da parte europea l’incertezza sull’ombrello americano è aumentata in molti Stati. Ebbene, Mosca punta proprio a questo. Le sue provocazioni – dalle incursioni aeree alle grandi esercitazioni militari in Bielorussia, durante le quali Putin si è presentato in mimetica ed è stato simulato il lancio di un missile Iskander da un’autostrada – servono ad accrescere ulteriormente il senso di incertezza e di minaccia. Comprensibilmente suonano l’allarme i Paesi dell’Europa orientale, che chiaramente hanno sempre temuto e odiato il vicino russo – dal 24 febbraio 2022 ben più di prima -, e che ora vedono la propria causa ulteriormente perorata da Kaja Kallas (Alta Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Comune). La Federazione sta alimentando il senso di insicurezza, costringendo gli Stati membri dell’Unione a spingere ulteriormente per un rapido riarmo. C’è però un unico, non indifferente, problema: i Paesi europei, Germania a parte, non possono investire nella difesa senza intaccare pesantemente i fondi dedicati al welfare. Con le economie in sofferenza come lo sono ora, poi, meno che mai. 

Mosca intenderebbe dunque costringere gli Stati UE ad investire sempre più in fretta sempre più risorse. In questo modo la Russia otterrebbe due risultati importanti. Primo: forzare gli europei ad una corsa al riarmo in condizioni economiche instabili. Sebbene la situazione economica fosse ben peggiore di quella europea attuale, Mosca sa bene cosa significa una corsa agli investimenti militari, essendo uno dei principali fattori che ha portato l’URSS a sgretolarsi. Secondo: allontanare ulteriormente le popolazioni dei membri UE dai loro governi. Le collettività europee, pochi esempi a parte (vedi la Polonia), sono profondamente contrarie a rinunciare allo stato sociale per destinare i fondi in armamenti. Un disaffezionamento tale porterebbe all’ascesa ulteriore di quei partiti più o meno estremisti che contrastano le attuali politiche europee – AfD in Germania, in Francia il Ressemblement National e La France Insoumise, Reform UK in Gran Bretagna, in Italia la Lega e meno il Movimento Cinque Stelle. Si tratta di partiti, dove più dove meno, vicini alle posizioni di Mosca. 

Agendo in questo modo, dunque, la Federazione Russa acuirebbe ulteriormente le differenze e diffidenze europee, indebolendo al contempo il continente dal punto di vista economico. Mosca non trarrebbe che vantaggi dall’avere i vicini europei in queste condizioni. Oltretutto, qualora alcuni dei partiti di cui sopra dovessero vincere le elezioni – cosa ormai più che probabile – le politiche oltranziste antirusse della Commissione Europea sarebbe duramente contrastate e messe in discussione dall’interno. La Russia potrebbe tornare a vendere gas all’Europa e ottenere una rimozione, se non di tutte, almeno di alcune sanzioni. Ad ogni modo, il condizionale in questo discorso è d’obbligo. Si tratta di uno scenario eventuale, per nulla certo – d’altronde niente è prevedibile con certezza – ma realisticamente possibile. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here