Gocce di Laboccetta: Robert Francis Prevost sul soglio di Pietro, novità nella continuità

È il primo Pontefice statunitense, il primo agostiniano, il primo dopo più di un secolo a riprendere il nome di Leone. Al netto di così tanti primati, la cifra del suo pontificato sembra già annunciarsi con due parole chiave: novità nella continuità.

Il nuovo Sommo Pontefice è Robert Francis Prevost eletto dal Conclave, al quarto scrutinio, l’8 maggio del 2025 alle 18:07. 69 anni, originario di Chicago, missionario in Perù, Vescovo di Chiclayo, poi prefetto di uno dei dicasteri più importanti della Curia romana, quello per i vescovi.

Non è solo la biografia a rendere significativa questa elezione. È la scelta del nome pontificale, Leone, un nome che suona antico, potente e carico di forti risonanze, un nome che fa da ponte tra passato e presente, tra la forza della tradizione e il respiro del cambiamento. 

Ultimo a portarlo era stato Leone XIII, scomparso nel 1903: un Papa colto, riformatore, aperto al dialogo con la modernità. Due encicliche in particolare ne testimoniano la sensibilità: la Divinum illud munus (1897), dedicata allo Spirito Santo, e la Annum Sacrum (1899), con cui consacrò l’intera umanità al Sacro Cuore di Gesù. Un magistero che ha cercato di leggere i segni dei tempi senza rinunciare alla verità della fede. 

E riprendere quel nome, oggi, è molto più che un atto simbolico. È una dichiarazione d’intenti. Significa recuperare un certo orizzonte culturale del cattolicesimo: quello che non teme il pensiero moderno, ma lo attraversa; che non si chiude in formule autoreferenziali, ma si misura con la complessità. E in tal senso, la biografia di Robert Prevost si offre come metafora vivente: un uomo formatosi tra Nord e Sud del mondo, tra accademia e missione, tra strutture ecclesiali e frontiera pastorale. Un profilo capace di leggere il mondo da più prospettive, senza cedere né al relativismo né al fondamentalismo.

 Leone XIV si presenta come un Pontefice che intende custodire l’eredità ricevuta, ma anche accompagnarla oltre i confini noti, in terre nuove – come ha fatto lui stesso da missionario in Perù, con lo sguardo pastorale, inclusivo che lo ha sempre contraddistinto.

In un tempo contrassegnato dalla frammentazione, dall’iperconnessione e dalla crisi del pensiero e delle ideologie, la figura di Leone XIV potrebbe rappresentare un tentativo di ritessere un filo: quello tra Fede e Cultura, tra Istituzione e Ispirazione, tra Simbolo e Significato.

Significativo notare che Prevost non è meramente un uomo “statunitense” in senso politico o culturale. Il suo cuore è stato formato in America Latina, dove ha trascorso decenni a stretto contatto con gli umili, con i giovani, con le comunità ferite. La Sua è una spiritualità propria dell’Ordine di Sant’Agostino, che insegna l’introspezione, la ricerca della verità, la comunione fraterna. Un uomo con un bagaglio spirituale che Lo rende una figura abile a parlare ad una Chiesa universale, attenta alle periferie, alla dignità dei popoli, alla sete di pace e giustizia.

C’è un tempo per fare la storia, e uno per darle un senso. La salita di Robert Francis Prevost al soglio di Pietro appartiene senza dubbio a entrambe le dimensioni. Una scelta che rompe schemi consolidati e, al contempo, rievoca memorie profonde inserendosi in un solco ben definito: quello della continuità con le radici più autentiche della tradizione cattolica.

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