Munch. Il grido interiore” a Palazzo Bonaparte: un viaggio nei meandri dell’anima umana

Il Palazzo Bonaparte, sito nel centro di Roma, accoglie fino al 2 giugno la mostra “Munch. Il grido interiore” dedicata all’artista Edvard Munch.

Attraverso le cento opere provenienti direttamente dal Munch Museum di Oslo e l’impeccabile organizzazione di Arthemisia, il percorso espositivo punta a far conoscere la carriera artistica e il viaggio esistenziale, profondamente travagliato e viscerale, vissuto da un’anima tormentata e inquieta. Con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia e la curatela di Patricia G. Berman, una delle più importanti esperte mondiali dell’artista, il racconto dei capolavori coniuga poesia ed arte, in una narrazione fatta di immagini abitate da silenzi dolorosi e grida taciute. 

Il viaggio emotivo dell’artista fluttua tra le sfumature dello stato d’animo umano, toccando le corde sensibili di temi universali e intramontabili quali amore, paura e morte. La perdita prematura della madre e della sorella Sophie, alla quale dedica l’opera struggente intitolata “La bambina malata”, segnano profondamente il suo linguaggio espressivo. Fragile nel corpo e malinconico nel cuore, Munch considera l’arte come un rifugio e un atto di sopravvivenza, attraverso cui incanalare ogni crisi emotiva. 

La complessità dell’io interiore, provato dalla vita, trova espressione in un mix di colori che danno voce alla pura emozione: il viola evoca la malinconia, il rosso il dolore e la natura che circonda le figure umane diventa anch’essa parte integrante di un turbinio di sentimenti e testimone silenziosa delle tempeste interiori. Infatti, l’uso sapiente del colore, funzionale all’espressione di un sentire spesso viscerale e sensibile dell’artista, disegna un mondo costellato da gelosia, malinconia, desiderio, solitudine. In alcune delle sue opere, basti pensare a “Gelosia”, si assiste alla rappresentazione dell’uomo e del fantasma del suo stesso tormento che convivono nella stessa tela, proiezioni psichiche che annullano ogni confine tra visibile e invisibile.

Il concetto dell’amore è centrale nella poetica di Munch ma anche alquanto contraddittorio: egli è spinto dal desiderio e, al tempo stesso, è bloccato dalla paura che esso possa divorare l’individuo. Parimenti a quanto afferma il drammaturgo svedese August Strindberg, infatti, Munch ci restituisce una visione inquieta e ambivalente del legame amoroso. Ne’ “Il bacio” emerge una vera e propria fusione di corpi che sfumano i loro contorni, annullando la loro individualità e diventando una cosa sola. Tuttavia, tale sentimento totalizzante sembra anche assumere i tratti di un atto che rimanda al vampirismo, dove amare può significare perdersi, dissolversi, fin quasi a succhiare l’energia vitale dell’altro.

In riferimento alla sua vita sentimentale, questa concezione ambivalente dell’amore si traduce nella relazione con Tulla Larsen, donna amata e persa. Munch attraversa e si lascia attraversare da un intenso periodo di dolore e angoscia, sentimenti che riversa in molte opere, ad esempio “La morte di Marat”, simbolo di quelle due anime solitarie ormai lontane.

L’esposizione pubblica oscilla tra la rappresentazione dell’essenza dell’uomo, del taciuto e del vissuto intimo di un’esistenza personale che diventa metafora dell’esperienza umana universale, nella quale ogni spettatore può ritrovare un frammento della propria anima, accogliere la propria fragilità e percepire un bagliore di speranza, solidarietà e vicinanza, tutti sentimenti che aleggiano nell’opera “Consolazione”.

Tra le altre opere esposte, “L’urlo” – presente in mostra nella versione litografica – è un vero e proprio testamento universale della sofferenza disperata e soffocata. La coniugazione tra l’uomo che urla, il paesaggio alle spalle che si deforma e, in secondo piano, le figure ignare di quello che sta accadendo allude al dolore difficile da esprimere a parole e alla sensibilità di un sentire che va oltre ciò che si vede.

Si tratta, dunque, di una mostra sublime che dona allo spettatore la possibilità di vivere un’esperienza intima all’interno sia del mondo di Munch che del proprio, esplorando un gioco di luci ed ombre, di silenzi e parole, di anime che attendono la possibilità di una rinascita o di un atto di liberazione.

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