Lo scorso 18 settembre presso la Casa del Cinema a Roma è stato presentato il maxi trailer del documentario “UDHA” del regista Alessandro Ferrantelli. Ideato da Lorik Cana, ex-capitano della Nazionale di calcio albanese, e dal giornalista e attivista Arbër Agalliu, il documentario è incentrato sulla storica comunità albanofona degli Arbëreshë d’Italia. Organizzatori dell’evento sono stati l’Ambasciata della Repubblica del Kosovo in Italia, la Fondazione Lorik Cana 5 e la sezione romana della community Illyrian Brains, rete transcontinentale di professionisti albanofoni.
La docuserie consta di sei episodi, girati tra la Hora e Arbëreshëvet (Piana degli Albanesi) nella città metropolitana di Palermo in Sicilia e in diversi comuni albanofoni della provincia di Cosenza in Calabria, aree dove storicamente è concentrata la maggior parte della comunità. Esibendo i luoghi di vita degli arbëreshë che hanno conservato meticolosamente nei secoli la loro identità, il filmato accompagna alla riscoperta della loro lingua, cultura e tradizioni attraverso un viaggio materiale percorso e vivamente narrato da Cana e Agalliu.
Gli Arbëreshë d’Italia
La denominazione “arbëreshë” è radicata nel nome Arbëria, usato in epoca medievale per definire dei territori albanesi. Il loro massiccio approdo in Italia è iniziato nella seconda metà del 15esimo secolo come parte di un processo che si è protratto fino al 18esimo secolo. L’insediamento degli albanofoni costituisce una conseguenza del percorso migratorio in direzione prevalente del Mezzogiorno italiano degli albanesi di Albania e Grecia per sfuggire ad avverse condizioni economico-sociali e al dominio dell’Impero Ottomano che si stava instaurando nei Balcani.
La maggior parte dei nuovi venuti si stabilì nelle terre dell’Italia Meridionale allora di dominio del Regno di Napoli, il quale – spinto da mire espansive nella Penisola Balcanica – aiutava la lotta antiottomana degli albanesi. Coltivando la memoria come fonte d’identità, ispirati dal contatto con le correnti romantiche e nazionalistiche e partecipi dell’esperienza del Risorgimento italiano, gli arbëreshë sono stati protagonisti di prim’ordine nello sviluppo della cultura albanese attraverso l’istituzione in Calabria del Collegio Italo-Albanese di Sant’Adriano (luogo di studi di Luigj Gurakuqi, attivista dell’indipendenza dell’Albania dal dominio ottomano) ed opere letterarie scritte da autori quali Girolamo De Rada e Gavril Dara Il Giovane, le quali contribuiscono alla rievocazione dell’epopea dell’eroe antiturco Giorgio Castriota Skanderbeg.
In Italia la comunità arbëreshë, così come altre comunità alloglotte presenti sul territorio nazionale, è riconosciuta come minoranza linguistica storica dalla legge 482/1999, mentre la RAI Calabria ha appena avviato una programmazione radiotelevisiva nel loro idioma.
Patrimonio da preservare
La proiezione del documentario a Roma è stata arricchita da un dialogo tra i professionisti presenti e i suoi narratori Agalliu e Cana. Durante l’interazione con il pubblico presente in sala, un accento è stato posto sulla necessità di dare impulso alla promozione della cultura degli arbëreshë alla luce di fattori arrischianti la loro identità; tra gli esempi di motivi di rischio c’è la fotografia dello spopolamento delle località abitate dalla comunità con annesso l’allontanamento dei più giovani. Il messaggio al cuore del documentario si impernia come riflessione sui passi da attuare per impedire che questo patrimonio cada nell’oblio.
Nel porre l’attenzione alla conservazione e divulgazione del patrimonio culturale degli albanofoni d’Italia, la community Illyrian Brains Roma si proietta a costituire un ponte nel tentativo di connettere gli arbëreshë – parte di una secolare diaspora storica albanese – con i professionisti e le professioniste dei territori d’origine.