Un ricordo personale di Marco Biagi

Ventitré anni fa, il 19 marzo 2002, un gruppo di terroristi appartenenti alle Nuove Brigate Rosse assassinò a Bologna il giuslavorista Marco Biagi. Rientrava da Modena dove insegnava diritto del lavoro all’unversità e dalla stazione di Bologna compì in bicicletta il breve tragitto per giungere a casa. Qui i brigatisti gli tesero l’agguato mortale.

Allo sdegno che provai, analogo a quello suscitatomi dai tanti omicidi di stampo terroristico che troppe volte hanno insanguinato l’Italia, si aggiunse in quell’occasione un indescrivibile dolore di natura squisitamente privata e personale. Marco Biagi era statomio compagno di classe al liceo classico Galvani di Bologna e sui banchi di scuola era nata una forte e sincera amicizia. Dopo l’esame di maturità fummo fra i pochissimi della nostra classe a scegliere la facoltà di giurisprudenza, e così stutdiammo insieme per la preparazione degli esami fino al terzo anno. La collaborazione cessò quando Marco, più bravo e più studioso di me, mi superò nella carriera universitaria laureandosi un anno prima. Ma non venne meno l’amicizia, tant’è vero che ci eravamo sentiti anche pochi giorni prima della tragedia.

A determinare il drammatico epilogo fu l’incarico che Marco svolgeva per conto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale finalizzato alla redazione della legge di riforma del diritto del lavoro. Molti lo accusavano di essere estensore di una legge ispirata al più assoluto liberismo da cui sarebbero derivati precariato e facili licenziamenti. Ovviamente tali critiche provenivano da sinistra – tant’è vero che mi è stato riferito di rapporti tutt’altro che idilliaci fra il Prof. Baiagi e la CGIL – e ciò bastò, dopo la sua tragica morte, ad appioppargli l’etichetta di personaggio di destra. Nulla di meno vero. Marco Biagi apparteneva a quell’area di sinistra moderata di matrice cattolica che lo portava ad avere, come obiettivo imprescindibile della sua opera, l’esigenza di tutelare i diritti e gli interessi dei lavoratori.

Ricordo che da studenti, all’inizio degli anni ’70, preparammo insieme l’esame di diritto del lavoro, dove Marco, è quasi superfluo ricordarlo, prese 30 e lode. Era da poco entrato in vigore lo Statuto dei Lavoratori e ricordo ancora il suo entusiasmo per quella riforma innovativa fortemente improntata alla tutela dei lavoratori.

Per di più vale la pena di ricordare come l’incarico di consulente gli fu conferito e rinnovato da diversi ministri – Bassolino, Maroni e Treu – nell’abito di diversi governi sia di centro destra che di centro sinistra.

Altro non voglio aggiungere, se non che ogni 19 marzo, quando i mezzi d’informazione non solo bolognesi ma anche nazionali ne ricordano la figura e il sacrificio, si rinnovano il mio sdegno e il mio dolore immutati dopo oltre vent’anni.

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