Warfare, Ray Mendoza e Alex Garland raccontano il dramma della guerra in Iraq

Il dramma della guerra in Iraq in 90 minuti di cinema intenso e nervoso da perdere il fiato. Dal 21 Agosto in sala, produce A24 e distribuisce I Wonder Pictures

Con Warfare, Ray Mendoza (ex Navy SEAL)  e Alex Garland  ( regista di Ex Machina e Civil War) firmano un’esperienza immersiva, una testimonianza sensoriale che ci cala dentro un frammento di memoria, filtrato da nessun epica, nessuna retorica ma dalla carne viva del ricordo. Infatti, le poche informazioni date nella schermata nera iniziale sono: 19 novembre 2006. Ramadi, Iraq. Un plotone Navy SEAL prende posizione come supporto cecchino per un’operazione dei Marines. E poi, il film  “…usa solo i loro ricordi…” a ribadire la tesi che Warfare non cerca la verità assoluta dei fatti, ma quella soggettiva, umana, imperfetta e dilaniata.

Un’unità SEAL, Alpha One, si insedia in una casa di un quartiere apparentemente tranquillo. Con l’aiuto di due traduttori iracheni, cercano di mantenere una qualche collaborazione con le famiglie che abitano l’appartamento. L’abitazione è un punto di osservazione. Attese, respiri trattenuti e sguardi nel mirino fino a quando una granata non entra nell’appartamento.

Il film è una riflessione sul vuoto interiore della guerra. Niente glorificazione. Niente musiche trionfali. Solo polvere, sudore e sangue. La regia ha uno sguardo lucido e controllato, che restituisce allo spettatore ogni esplosione, ogni ferita, ogni urlo con una chiarezza che non concede distacco emotivo. Quando la violenza esplode l’effetto non è spettacolare, ma devastante. Caos, ferite, sangue e budella. Perché la guerra non ha volto né redenzione.

Dove Civil War cadeva nella trappola della spettacolarizzazione nel suo finale, Warfare resta invece ancorato alla cruda essenzialità. Non c’è un nemico visibile, non c’è una morale da conquistare. Solo soldati che cercano di restare vivi e di far tornare a casa tutti.

L’unico barlume di umanità lo troviamo nel prologo, quando i soldati filmati come uomini, tra risate e grida, guardano il video musicale di Call On Me di Eric Prydz (pieno di donne che fanno ginnastica in modo sexy e provocante). E’ proprio questo quello che la guerra annienta: la leggerezza, la giovinezza, la vita.

Mendoza e Garland non girano un film di guerra, girano un film sulla perdita dell’umano nella guerra. In un’epoca in cui il linguaggio della guerra entra minaccioso in ogni dibattito pubblico, Warfare ci ricorda, senza retorica, cosa significa essere lì, con le viscere, gli occhi, e quei fottuti pensieri nella testa. Per ribadire che nessuna verità può giustificare la disumanizzazione della guerra.

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