Via col vento: una storia d’amore con la propria terra

Siamo abituati a leggere e considerare Via col vento (Margaret Mitchell, 1936) come un romanzo che racconta gli anni Venti e la Guerra civile nel sud degli Stati Uniti, ma soprattutto come uno degli iconici romanzi d’amore incentrato su Rossella O’ Hara e la storia impossibile e travagliata con Rhett Butler, uomo affascinante e spregiudicato.

Tuttavia c’è un altro elemento che diventa profondo e che muove le vicende della protagonista, ovvero: l’amore profondo per la sua terra, Tara, per la sua popolazione, per la sua casa e per gli abitanti. Questo amore che rende Rossella agli occhi di tutti come diversa, fuori dalle regole sociali. Un legame che la porta a spogliarsi della sua veste di ragazza viziata e benestante e a salire su un cavallo cercando, tra le fiamme e i soldati, di tornare a casa. Per proteggere quel nucleo che l’ha resa felice. Ma al suo ritorno a Tara ciò che si estende agli occhi di Rossella è una profonda povertà e desolazione. I campi sono bruciati, del cotone non è rimasto nulla, la mamma è morta di tifo, il padre è impazzito dal dolore e le sorelle sono malate. Rossella prova un forte senso di solitudine dinanzi a uno scenario così drammatico.

Nonostante ciò, la giovane donna, attraverso un forte dose di ostinazione e coraggio, trasforma Tara nella forza utile per sopravvivere. Celebre è la promessa fatta stringendo il suolo tra le mani: “Giuro davanti a Dio che non avrò mai più fame.” In fondo portando avanti la dedizione per la terra trasmessa dal padre Gerald e che racchiude la mentalità del Sud: l’amore per la propria terra come valore supremo: “Terra, Rossella, nient’altro conta se non la terra.”

Tara non è solo una casa, ma la radice che le dà identità e forza. Per Tara e per le esigenze economiche necessarie a ridare vita ai campi di cotone, Rossella stringe matrimoni sperando di ricavarne denaro, come quello con Frank Kennedy, il fidanzato della sorella Suellen, atto compiuto per salvare Tara dalla bancarotta,per pagare le tasse e investire in attività redditizie. Utilizza le risorse economiche del marito per avviare un’attività di segheria lavorando attivamente alla gestione

Spesso si fa odiare da chi la circonda oltre a essere poco ben vista per il suo atteggiamento: contratta con gli uomini, passa intere giornate a fare conti sottraendo del tempo alla maternità. Si sporca le mani con quella terra: zappa, semina e raccoglie cotone, si prende cura dei pochi animali rimasti.

Tara non è solo una casa, ma la radice che le dà identità e forza. In questo, il romanzo ci ricorda che l’attaccamento alla terra natale è un tema universale e forte oggi, forse anche di più dell’epoca di Via col vento. Viviamo in una società in cui spesso si è costretti a lasciare la propria casa e la terra d’origine, il più delle volte per motivi di lavoro o di studi. E se da una parte questo distacco permette una carriera, la realizzazione di sé, la possibilità di un futuro migliore, dall’altra si crea in ciascuno anche un profondo senso di nostalgia e quindi da una parte andare via ma dall’altra sentire sempre quella terra che ci richiama come una calamita. Anche Rossella è costretta per un certo periodo a vivere lontano e a cambiare, dall’altra non smette mai di desiderare Tara, che rappresenta le sue radici, la sua infanzia e la sua identità. Anche chi si adatta a un nuovo paese, porta con sé valori, lingue, tradizioni e memorie che lo tengono legato alle proprie radici.

Tara diventa un simbolo del bisogno umano di un luogo che rappresenti casa. Non solo un luogo fisico, ma un luogo di appartenenza. Si sogna il ritorno alla propria Itaca, a quel nido pascoliano di cui tutti hanno bisogno.

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