Per la pace perpetua, il sogno di Kant e la federazione di stati

Gli eventi contemporanei, oltre a quelli appresi dalla storia, mostravano a Kant che la pace non viene concordata tra gli Stati per realizzare effettivamente e durevolmente la pace bensì per realizzare una tregua tattica e per concentrarsi su altre guerre, laddove la convenienza avrebbe richiesto di riprendere le armi nessuno Stato se ne è mai fatto scrupolo. Se andiamo a vedere gli eventi più recenti allo scritto kantiano sulla pace perpetua troviamo la stipula della Pace di Basilea, una tregua tra la Francia repubblicana e la Prussia che conviene a tutti e due i Paesi per potersi dedicare in maniera più concentrata ad altre vicende più fruttuose: la Francia aveva già stipulato tregue con altri Paesi per sfaldare il fronte ad essa contrario e contava sulla chiusura delle ostilità con i Prussiani per concentrarsi contro l’Austria; la Prussia, invece, potendo contare su una relativa tranquillità da un lato con la Francia poteva dedicarsi ad espandersi a danno della Polonia.

Il progetto del testo kantiano sulla pace perpetua parte dalla convinzione kantiana che la natura finalizza l’uomo al mantenimento della vita e alla realizzazione dell’umanità sotto la guida della legge morale e, quindi, trovare una condizione stabile di pace è non solo conforme alla natura ma anche doveroso per l’uomo in quanto si tratta di un fine da attuare. Per il raggiungimento di questi scopi non basta solo la costituzione di uno Stato, che è un passaggio obbligato in quanto nello Stato si vengono a normare i rapporti tra gli individui e si rendono possibili le condizioni del progresso civile e culturale.

Gli uomini stipulano un contratto per la creazione dello Stato e si vincolano con patti, limitando il proprio diritto assoluto nel rispetto del pari diritto di tutti al fine di godere i vantaggi della sicurezza, della libertà e dello sviluppo economico e culturale. Il ragionamento dei reciproci vantaggi tra individui nello stipulare un contratto fondativo dello Stato viene portato ad un livello ulteriore, quello di patto tra Stati che limitano la loro possibilità di azione e si vincolano al rispetto dei patti creando una istituzione che possa garantire, avvalendosi del potere che gli viene fornito, la sicurezza e la pace.

Questa istituzione, però, non è possibile per Kant realizzarla come un normale “Stato di popoli” perché nessun singolo Stato sarebbe disposto a rinunciare alla propria sovranità ma va detto anche, e diciamo soprattutto, che il ragionamento che lo Stato viene realizzato per ovviare a quelli che sono atteggiamenti naturali dell’uomo non può essere applicato al livello ulteriore fra Stati perché se è vero che lo Stato viene a porre limite ai problemi e ai rischi derivanti dalla natura aggressiva dell’uomo la stessa cosa non si può dire per gli Stati, perché gli Stati non entrano in conflitto, come l’uomo, a causa di tendenze alla violenza innate bensì per altre cause. Dunque, non possono essere fatte considerazioni psicologiche e antropologiche bensì occorre valutare la questione dal punto di vista della struttura della società.

Kant ha una visione dell’uomo ambivalente che nota in questi insito il male radicale ma contestualmente anche il germe del bene, vede l’uomo come Homo homini Lupus, come già Hobbes, ma nutre al tempo stesso una grande fiducia nell’essere umano e nella sua possibilità di migliorarsi. Nello stato di natura gli uomini seppure non combattono sono in una condizione di tregua momentanea, non c’è nulla che assicuri loro la pace e la sicurezza, una condizione che permane fintanto che non si crea lo Stato che fornisce ai suoi membri tutte le garanzie della pace. Ora, come avviene fra gli uomini, così avviene anche fra Stati: fintanto che non vi è un ente superiore che garantisca le condizioni per la pace e la sicurezza gli Stati non possono vivere una situazione di pace perenne ma, semmai, di tregua momentanea in cui non ci sono ostilità in atto ma ne persiste la minaccia.

Posto tutto questo per quanto concerne l’analisi delle condizioni sulle quali architettare un progetto di pace, Kant viene a definire tre condizioni in base alle quali si può erigere l’edificio della pace perpetua.

Le condizioni fondamentali che indica Kant affinché una pace perpetua possa avere luogo sono tre:

  1. Che gli Stati abbiano una struttura repubblicana;
  2. Che si formi una federazione fra Stati;
  3. Che gli Stati tutti accettino il principio di accettazione dello straniero.

Stando al primo punto e tenuto in considerazione che per Kant, come scrive nello stesso testo, nessuno Stato può ingerirsi nelle vicende di un altro, bisogna attendere che ognuno di questi si evolva verso una struttura repubblicana. Tenuti in considerazione sia la maturazione sociale e culturale nell’epoca illuminista e la realizzazione di due rivoluzioni, come quella americana e quella francese ed altri sconvolgimenti, Kant certamente non considera impossibile o molto procrastinabile un mutamento repubblicano ovunque perché lo vede come un naturale fine dello sviluppo dell’uomo e questo è un altro motivo per cui Kant ritiene che non ci debbano essere ingerenze da parte di Stati esterni all’evoluzione che avviene in un Paese.

Kant distingue forma costituzionale, che può essere monarchica, aristocratica o democratica, da quello che è il modo di gestire il governo di una nazione, repubblicano o dispotico, che prescinde dal numero di componenti che effettivamente guidano lo Stato. La forma della repubblica al tempo di Kant era il tipo di Stato che prevedeva una costituzione e una legislazione emanate in senso liberale mentre nelle monarchie le leggi le emanava il re e non vi era costituzione, perciò la garanzie di leggi che non venissero calate dall’alto e la certezza della libertà erano possibili solo in una repubblica, così come nessuno poteva essere ritenuto al di sopra della legge, implicando così il concetto di uguaglianza.

Il regime repubblicano, secondo Kant, è sempre una costituzione di tipo rappresentativo mentre laddove c’è un rapporto diretto tra potere esecutivo e popolo c’è il dispotismo, la partecipazione diretta del popolo al potere è una forma di dispotismo mentre i sistemi rappresentativi garantiscono la partecipazione delle varie parti della società secondo regole. La repubblica prevede la divisione dei poteri mentre il dispotismo prevede la loro concentrazione nelle mani di una persona, sia anch’esso il popolo: chi fa le leggi deve essere altra persona da chi governa.

La costituzione repubblicana per Kant non va fraintesa con quella democratica, anzi esse sono addirittura opposte, e nel caratterizzare questo molta importanza l’ha il principio rappresentativo introdotto proprio in Per la pace perpetua. La democrazia diretta, in quanto non rappresentativa e in quanto regime in cui il popolo esprime la sua volontà assoluta, rappresenta una forma di dispotismo.

Solo in un regime in cui viene richiesto direttamente ai cittadini se avviare una guerra o meno è prevedibile il responso contrario all’intrapresa di ogni operazione bellica poiché il popolo tiene a mente le sofferenze e i costi della guerra. Laddove il potere sovrano è sganciato dai gravami della guerra, invece, ci troviamo nella condizione più semplice per avviare un conflitto. A giudizio di Kant solo una costituzione che si basa su:

  1. Libertà dei membri che compongono la società in quanto uomini,
  2. Il principio della dipendenza di tutti da un’unica legislazione a cui ognuno è sottomesso in quanto suddito (altrove kant ricorda che “sub edictum” significa “sottomesso alla legge”),
  3. Il principio dell’uguaglianza di tutti in quanto cittadini.

Dunque le condizioni affinché la pace perpetua sia possibile sono il fatto di avere tutti gli Stati tenuti con regime repubblicano e che tutti gli Stati siano uniti in una federazione. La repubblica è necessaria per l’affermazione del singolo individuo mentre il fatto che gli Stati siano federati, e non fusi insieme, è necessario perché occorre mantenere l’identità degli stessi Stati, delle particolarità e delle esigenze delle singole popolazioni. Infatti, come uno Stato deve essere retto da una repubblica nella quale ogni cittadino deve mantenere la propria individualità con le proprie aspirazioni ed esigenze, laddove, invece, considerarlo semplicemente come componente che non ha incidenza sullo Stato significherebbe disconoscergliene i diritti; allo stesso modo la fusione di tutti gli Stati in un unico e più grande Stato significherebbe sopprimere le individualità, e quindi i diritti, dei popoli. Del resto tutto ciò verrebbe ad avere ripercussioni giuridiche ed istituzionali notevoli ed incontrollabili.

Secondo punto delle condizioni fondamentali per la realizzazione della pace perpetua è l’eliminazione delle condizioni che permettono la guerra: la tendenza al dominio di altri Paesi e l’esistenza di eserciti professionali. La tendenza al dominio e allo sfruttamento di altri Paesi, sia con l’occupazione diretta del loro territorio che semplicemente con quella economica è fortemente deprecata da Kant ed in particolare di questa seconda forma il Filosofo tedesco ricorda essere iniziata da Guglielmo III d’Orange: si inizia con il concedere dei prestiti o comunque fare concessioni a Paesi stranieri portandoli ad un punto di non potersi più sdebitare per finire ad un ruolo in cui si deve cedere parte o tutta la propria sovranità, sinteticamente una tecnica di strozzinaggio. Questa tecnica di soggezione di altri Stati è più raffinata e poggia sulla naturale tendenza al vantaggio personale, ben rappresentato dalla forma del commercio, propria degli esseri umani e sarà proprio questo punto negativo quello su cui si basa una necessità dell’uomo per la pace perpetua, poiché senza pace non ci possono essere commerci. Per quanto concerne le forze armate, poi, la loro esistenza mina la sicurezza tra gli Stati poiché il personale militare guadagna laddove serve la propria opera; inoltre, maggiori sono le operazioni in cui viene attivamente impiegato e maggiori sono i suoi guadagni. Ma quello che contesta Kant è molto dichiaratamente l’esistenza di eserciti composti da professionisti mentre è favorevole all’esistenza di eserciti formati da cittadini, dai membri dello stesso Stato al fine di garantire la sicurezza del Paese in caso di necessità.

La terza condizione necessaria è quella del diritto di ospitalità. Il fondamento è che in natura nessuno ha la proprietà su un determinato pezzo di terra, quindi la Terra è di tutti allo stesso modo, quindi la Terra è la patria di tutti. Ora, gli Stati europei hanno avuto un atteggiamento in contrasto con questi concetti mantenendo una condotta inospitale nei confronti degli estranei ad essi giungendo addirittura alla sopraffazione nei confronti di altri Paesi che, invece, hanno avuto un atteggiamento conciliante ed ospitale.

Dunque, queste sono le condizioni ma occorre anche una garanzia affinché la costruzione kantiana sia possibile e questa la fornisce la stessa natura: Kant guarda alla storia dell’umanità nel suo complesso e trova che nonostante tutte le traversie che la civiltà umana ha subito essa ha teso sempre ad un progresso ulteriore, al benessere, e proprio questa spinta al benessere, la voglia di ognuno di crescere ed arricchirsi in particolare attraverso la spinta del commercio (come abbiamo visto poco sopra), è il motivo molto materiale ma anche pratico che può portare gli uomini a legarsi in una federazione mondiale.

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