Il pensiero della settimana: non si può morire nell’indifferenza

Pochi giorni fa sulla spiaggia di Cutro in provincia di Crotone si è scritta una delle pagine più tristi del recente passato del nostro paese.

Le numerose vittime, i cadaveri ritrovati dopo il naufragio dell’imbarcazione che trasportava uomini e donne in cerca di un futuro migliore, sono l’emblema  reale e crudele del nostro contesto sociale, del nostro territorio, dell’ipocrisia dell’Occidente.

Un tempo, accogliere chi era in difficoltà era concepito quasi come educazione e rispetto verso le culture lontane, fioriere di storie e racconti diversi dai classici che avremmo potuto ascoltare nel nostro quotidiano.

La globalizzazione ci permette di arrivare con un clic a tutte le informazioni necessarie, di poter dare sfogo alla nostra curiosità.

Siamo sempre meno incuriositi dei popoli lontani e dalle loro storie. Tutto ciò non è un problema irrisolvibile, per qualcuno può essere rilevante per altri insopportabile, dipende dai gusti e dalle preferenze.

Diventa però inaccettabile quando umanamente non proviamo empatia per la sofferenza del prossimo, non ci prodighiamo per evitare che questo sia vittima di tragedie.

Siamo ancora convinti di contare qualcosa, perché viviamo nella parte del mondo che sembra perfetta.

In realtà valiamo poco, contiamo anche meno e stiamo perdendo quel pò di diversità che ci contraddistingueva dagli altri paesi europei: la capacità di saper accogliere, l’umanità di saper aiutare.

Non si può morire a 150 metri dalla riva come se, a galleggiare nel mare ci fossero dei gonfiabili in balia delle onde.

Non si può morire nell’indifferenza vicino alla terra ferma.

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