InnovAzione: Ottiero Ottieri, esploratore della Complessità

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Ottiero Ottieri nasce a Roma, da antica famiglia toscana, il 29 marzo 1924. Romanziere, saggista, poeta, sceneggiatore e drammaturgo, ad un secolo dalla nascita viene usualmente definito con due ricorrenti espressioni.

Da un lato, data anche la varietà della sua produzione artistica, lo si descrive come uno scrittore “camaleontico” ed un personaggio “inclassificabile”.

Dall’altro lato, insieme a Paolo Volponi, del quale anche si è recentemente celebrato il centenario, viene ritenuto l’”intellettuale olivettiano” per antonomasia.

La figura di Ottiero Ottieri risulta oggi di estrema attualità e di particolare interesse, perché straordinariamente rispondente alle pulsioni e agli interrogativi posti dall’odierna Epoca della Complessità.

Animato da molteplici interessi culturali, l’Autore romano ha dispiegato il proprio eclettico pensiero in campi diversi e distanti, effettuando studi approfonditi in tema di letteratura, filosofia, psicologia, psichiatria, sociologia e politica.

La sua produzione artistica, animata da una profonda inquietudine e da una irrisolta irrequietezza, si è indirizzata verso tre direttrici principali, sempre tenendo al centro l’endemico stato di sofferenza dell’uomo nella modernità: l’Industria, la Clinica e la Politica.

Quanto al primo versante, quello usualmente più conosciuto, Ottiero Ottieri viene considerato un pioniere della cosiddetta “letteratura industriale”, grazie alla sua tetralogia data da Tempi stretti (1957), Donnarumma all’assalto (1959), I venditori di Milano (1960) e La linea gotica (1963),

Attraversata, non senza pena e disagio, l’esperienza di selezionatore degli operai per il nuovo stabilimento della Olivetti a Pozzuoli, egli ha sviscerato con angoscia e partecipazione le ansie, le difficoltà, le sofferenze degli operai, calati in modo improvviso e brutale nella realtà industrializzata del Secondo Dopoguerra.

Il nostro Autore ha così sostanzialmente aperto una stagione letteraria nuova, imperniata sul rapporto tra Letteratura e Industria, che negli Anni Sessanta ha visto importanti contributi da parte di Paolo Volponi, Goffredo Parise, Luciano Bianciardi e Lucio Mastronardi

Ma la figura di Ottiero Ottieri non può certo restare confinata alla definizione di “scrittore industriale”.

Affetto per tutta la vita da gravi disturbi psichici, dalla depressione cronica alla bipolarità, toccato personalmente dalla piaga dell’alcolismo, dalla metà degli Anni Sessanta egli ha dato vita ad un’ampia e originale produzione letteraria sul versante della Clinica.

Il disagio mentale, dall’Irrealtà quotidiana (1966) ad Una irata sensazione di peggioramento (2002), viene esplorato in modo aperto e coraggioso, con stile a volte crudo e tagliente, in tutte le sue molteplici forme.

Depressione, schizofrenia, sentimento d’irrealtà, alcolismo, angoscia, nausea, pazzia, depersonalizzazione, allucinazioni, alienazione: il Letterato romano ha davvero indagato a fondo, con occhio a volte pietoso e a volte spietato, le più diverse sintomatologie e manifestazioni che affliggono l’Uomo nel Contemporaneo.

La malattia mentale, in Ottiero Ottieri, non rappresenta mai un disturbo fine a sé stesso, un ripiegarsi dell’Autore nel proprio particolare, ma piuttosto una cartina al tornasole, una lente di ingrandimento, per guardare da una peculiare prospettiva e interpretare in modo straordinariamente originale la realtà circostante.

Ed infatti il terzo ambito nel quale si sviluppa il suo impegno culturale è dato proprio dalla Politica.

L’attualità e la storia, nella sua ampia e poliedrica opera, si contaminano continuamente e interagiscono in profondità.

Dal fascismo delle Memorie dell’incoscienza (1954) alle elezioni politiche dell’Irata sensazione di peggioramento (2002), la produzione di Ottiero Ottieri ripercorre e ricostruisce la nostra storia recente, con sguardo attento e giudizio severo.

Questo non senza intervenire, con scritti a tratti addirittura brutali, caratterizzati da un linguaggio quanto mai diretto e corrosivo, sui temi dell’attualità.

Iscrittosi al Partito Socialista Italiano, egli ben presto interrompe questa sua esperienza di formale militanza, collaborando comunque per diversi anni con L’Avanti, per il dichiarato desiderio di potersi esprimere nella più assoluta autonomia.

Torniamo alle definizioni dalle quali hanno preso le mosse queste righe: Ottiero Ottieri scrittore “camaleontico”, letterato “inclassificabile”, intellettuale “olivettiano”.

Possiamo tentare, ad un secolo di distanza dalla sua nascita, di ricondurre ad unità queste diverse sfaccettature, dicendo che l’Autore romano è stato soprattutto un esploratore della Complessità.

La Olivetti, come noto, è stato un autentico laboratorio di Complessità: il pensiero olivettiano ha avuto quale propria cifra identificativa proprio una visiona olistica e omnicomprensiva del ruolo dell’Azienda nella Società.

L’esperienza di lavoro nell’impresa di Adriano Olivetti, probabilmente, ha contributo a rafforzare nello Scrittore una sua peculiare e originale propensione alla multidisciplinarietà e alla trasversalità.

Ottiero Ottieri risulta un vero Innovatore, un autentico, commosso e coraggioso esploratore del rapporto tra l’Uomo e la Fabbrica, l’Industria e la Società, la Malattia e il Contemporaneo, la Storia e la Cronaca.

Nell’Italia del Secondo Dopoguerra e del Boom Economico, in un’epoca in cui tutto sembrava più semplice e lineare di quanto non ci appaia oggi, il nostro Autore per primo si è inoltrato negli abissi spaventosi, negli enigmi irrisolti, nei meandri inesplorati della Complessità.

Oggi che la Complessità attraversa, caratterizza e influenza in modo tanto pervasivo le nostre esistenze, il magistero di Ottiero Ottieri risuona davvero quanto mai attuale e contemporaneo.

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