La Salome di Strauss secondo Barrie Kosky al Teatro dell’Opera di Roma

«La mia Salome non è una vittima, ma l’esatto opposto. È un’adolescente, con un’idea molto perversa dell’amore» racconta Barrie Kosky, il regista australiano che porta al Teatro dell’Opera di Roma, dal 7 al 16 marzo, la Salome di Richard Strauss, con la direzione musicale di uno degli interpreti straussiani più riconosciuti: Marc Albrecht.

Dopo il successo nel 2018 con Il Flauto Magico di W.A.Mozart, Barrie Kosky torna nuovamente al Costanzi riproponendo un allestimento di Salome già apprezzato a Francoforte nel 2020, che si interroga sulla vera natura della giovane di Galilea. Un’identità forte, in netto contrasto con quella degli altri personaggi, che il regista sottolinea attraverso un gioco di luci e ombre con gli attori e le pareti del palcoscenico, che diventano un’inquietante scatola nera. Assieme a Kosky, Katrin Lea Tag firma le scenografie e i costumi, mentre le luci sono affidate a Joachim Klein.

Ispirato dalla tragedia di Wilde, Strauss compone questo dramma in un unico atto nel 1905, elaborando lui stesso il libretto partendo dalla traduzione tedesca di Hedwig Lanchmann.

Partendo dalla sensualità e dall’ascetismo religioso presenti nell’opera di Wilde, Strauss estremizza il conflitto tra Salome e Jochanaan, fino a che la giovane non chiederà la testa del profeta al suo patrigno Erode per appagare un amore insoddisfatto.

«In questo allestimento tutto l’intreccio viene mostrato dalla prospettiva di Salome, non c’è spazio per un angolo visuale maschile – dice il regista di Melbourne – Noi la concepiamo come una donna indipendente. La sua è una figura complessa e non del tutto definita. È una vergine, ma potrebbe avere tanto 15 quanto 50 anni. Si tratta di un dettaglio importante, perché in realtà non sappiamo chi sia questa donna-bambina. Per noi è chiaro che si tratta dell’unico personaggio in scena che dice sempre la verità. La sua radicalità e la sua provocazione nascono proprio dal fatto che dice esattamente ciò che vuole, pensa e sente, senza mai mentire. Ai miei occhi non è un personaggio mostruoso, ma affascinante. E questo si rispecchia nella musica, che è musica d’amore, la più bella musica d’amore possibile».

Nel ruolo della protagonista sale per la prima volta sul palco dell’Opera di Roma il soprano americano Lise Lindström, la cui interpretazione di Salome all’Opera Australia nel 2018 le è valso un secondo Premio Helpmann come miglior interprete femminile in un’opera.

Jochanaan è invece il basso-baritono Nicholas Brownlee, che ha già interpretato la parte nell’allestimento di Kosky all’Oper Frankfurt e che è entrato a far parte dell’ensemble del teatro tedesco nel 2020.

Ad interpretare Erode è il tenore John Daszak che, dopo il suo debutto nel ruolo nell’acclamata messa in scena di Salome di David McVicar alla Royal Opera House, ha continuato a riscuotere grandi consensi nel ruolo in nuove produzioni al Festival di Salisburgo, al Festival d’Aix-en-Provence e all’Opéra di Parigi. Il mezzosoprano Katarina Dalayman è invece Erodiade. Narraboth è interpretato da Joel Prieto, mentre i cinque giudei sono Michael J. Scott, Christopher Lemmings, Marcello Nardis, Eduardo Niave – dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma – ed Edwin Kaye. I due nazareni sono Nicola Straniero – anche lui di “Fabbrica” Young Artist Program – e Zachary Altman, che interpreta anche uno dei due soldati insieme ad Edwin Kaye. Completano il cast Karina Kherunts (Un paggio di Erodiade), Alessandro Guerzoni e Daniele Massimi che si alternano nel ruolo dell’uomo di Cappadocia e Giuseppe Ruggiero (Uno schiavo).

La prima rappresentazione, in diretta su Radio3 Rai, è in scena giovedì 7 marzo alle ore 20.00. Le repliche sono previste domenica 10 (ore 16.30), martedì 12 (ore 20.00), giovedì 14 (ore 20.00) e sabato 16 marzo (ore 18.00). L’anteprima giovani è in programma martedì 5 marzo alle 19.00.

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