Raul Gardini, uomo visionario e imperfetto

Visionario e imperfetto. Visionario e imperfetto. E ancora, visionario e imperfetto. 

Le mani hanno qualche esitazione mentre compongono l’aggettivo “imperfetto”. Questa esitazione deriva dal fatto che le nostre simpatie, talvolta, vorrebbero prevalere sulle ragioni e, quando esse si materializzano, specie se si discute di una figura storica, non viene così facile utilizzare qualche aggettivo “spiacevole”.

Ebbene, la figura di Raul Gardini ha la capacità di suscitare simpatie, una grandissima capacità. Poco importa che non sia più tra noi da trent’anni o che abbia commesso diversi errori durante la sua vita: il “corsaro” – così lo definiva una certa stampa dell’epoca –  viene ancora ricordato con favore da molta opinione pubblica del Belpaese.

Continuare a ricordarlo, però, sulla base di mere simpatie – o antipatie, perché anch’esse proliferano – non reca più alcuna utilità alla memoria collettiva. Perché le sole agiografie, tanto diffuse in questo paese, finiscono quasi sempre per raccogliere poco o nulla dell’esperienza terrena di chi non c’è più.

E l’esperienza umana di Gardini, volente o nolente, è densa di lezioni che farebbero tanto bene alla mia e alle future generazioni.

Imperfetto. Le grandi aziende sono tali nella misura in cui sopravvivono alla dipartita dei propri leader. E se ciò non accade, probabilmente, è perché i capi non erano capi. Oppure, aggiungo, perché i capi non si erano proiettati adeguatamente nel tempo, sottovalutandone le insidie del caso.

Ci sarebbe tanto da dire sulle corresponsabilità del tracollo sia della Montedison che del gruppo Ferruzzi, ambedue guidati da Gardini, ma non è questo il luogo adatto. Sta di fatto, purtroppo, che queste due gloriose società non sono sopravvissute alla dipartita del leader, schiacciate essenzialmente dal peso dei debiti (circa 31mila miliardi di lire, stando ai calcoli di Mediobanca nel lontano 1993) e dall’inchiesta Tangentopoli (per chi volesse approfondire, v. “Processo Enimont”).

Molti analisti sostengono a ragione veduta che Gardini abbia tragicamente sottovalutato – o ignorato – molti rischi: il sistema politico nazionale e le sue mire, lontane, sull’industria chimica; il ruolo di Mediobanca, da sempre attentissima verso gli interessi di Montedison e, infine, gli equilibri familiari. Rischi a cui Gardini avrebbe potuto parzialmente porvi rimedio attraverso la ricerca di una comunione d’intenti con Mario Schimberni, eccelso amministratore della Montedison tra il 1980 e il 1987 (per chi volesse approfondire, v. “Un Capitalismo per tutti. La Montedison di Mario Schimberni e il sogno di una public company” di Germano Maifreda, Guerini e Associati, 2018).

C’è qualcosa, però, che va oltre alla mera sottovalutazione dei rischi e si chiama ingenuità. A mio parere, gli errori di Gardini dipendono da una sua ingenuità ed è lui stesso ad ammetterlo nella sua autobiografia quando ricostruisce il fallimento dell’affare Enimont.

Pecco sempre d’ingenuità. Volontariamente. Sono convinto che senza una buona dose d’ingenuità non si riesca mai a combinare niente nella vita. Tutti abbiamo il dovere di essere ingenui. E anche generosi. Però abbiamo anche il dovere di essere attenti e di diventare furiosi quando la nostra ingenuità viene tradita” ecc. (v. “Raul Gardini, A modo mio”, a cura di Cesare Peruzzi, Mondadori, 1991).

A Gardini, dunque, è mancata quella naturale freddezza di cui ogni capo, specie in un contesto complesso come quello italiano, dovrebbe servirsi in alcuni momenti decisivi della propria carriera.

Visionario. Nella visione filosofica di Nietzsche si identificano tre metamorfosi dello spirito: la fase del cammello, quella del leone e, per ultima, la fase del bambino.

Rileggendo la sua autobiografia, credo che gli ultimi anni di vita di Gardini consegnino a noi ragazzi la memoria di un uomo che, da leone quale era, voleva divenir bambino.

Questa transizione, seppur interrotta da tutte le questioni (umane, economiche e giudiziarie) e dai molti errori che conosciamo, non è stata inutile e, con la inconsapevolezza di molti, ha lasciato molte tracce nell’epoca contemporanea.

A quest’uomo fondamentalmente dobbiamo due cose: l’introduzione della bioeconomia in Italia (per chi volesse approfondire, suggerisco il libro di Mario Bonaccorso “L’uomo che inventò la bioeconomia. Raul Gardini e la nascita della chimica verde in Italia”, Edizioni Ambiente, 2020) e, in generale, la capacità di interpretare i cambiamenti del tempo con largo anticipo, giocando il ruolo – per se stesso, per le sue aziende e, infine, per l’Italia – di apripista e non di inseguitore.

 “Tuttavia gli attuali surplus agricoli dovrebbero essere concepiti anche come una preziosa materia prima per usi industriali non commerciali. Il fatto che per millenni si sia visto in una pannocchia di frumento unicamente una fonte di nutrimento non dovrebbe cioè impedirci di prendere in considerazione la possibilità di un suo utilizzo diverso […].

Nel prossimo futuro un ruolo di primo piano sarà dato, come ho già accennato, dallo sviluppo delle agro-biotecnologie […]. Questo nuovo modo di fare agricoltura, oltre che intrinsecamente più ecologico, sarà in grado di fornire all’industria nelle quantità necessarie materie prime rinnovabili e più pulite: infatti, detergenti, plastificanti, adesivi, polimeri, farmaci, fibre, lubrificanti – per non citare alcuni prodotti – potranno essere ottenuti partendo da materie prime agricole; per non parlare dell’impiego delle biomasse a fini energetici, che in diversi paesi già costituisce una importante realtà e che, sotto l’incalzare dell’inquinamento urbano e del rialzo del prezzo del petrolio, si presenta come una necessità – oltre che un’opportunità – ecologica, economica e strategica ormai imprescindibile”.

Queste riflessioni, estratte da un discorso di Gardini del 1987 dal titolo “Verso una nuova agricoltura”, preannunciavano a una società civile ancora poco attenta al tema ambientale l’avvento di un nuovo ciclo economico. Ciclo che, a distanza di pochissimi anni, avrebbe partorito – per spinta della stessa Montedison di Gardini – la prima plastica biodegradabile e compostabile, il MATER BI, oggi largamente diffusa e utilizzata per la produzione, ad esempio, dei sacchetti ecologici (per maggiori info, https://www.makeyougreener.com/blogs/notizie/novamont-materbi-alternativa-alla-plastica).

Certo, non ebbe altrettanta fortuna il progetto etanolo con cui Gardini, anticipando gli imminenti mutamenti normativi, mirava a sostituire il piombo con l’etanolo come antidetonante per la benzina. Fu però una mera questione di tempo perché, si sa, quando la macchina del progresso si avvia, possono subentrare dei ritardi ma gli eventi si realizzano comunque.

E Gardini ci credeva nel progresso, eccome se ci credeva. In uno dei passaggi finali della sua biografia – era il 1991 e il Mondo stava cambiando fisionomia – Gardini preannunciava la fine degli apparati burocratici, almeno per come erano stati sino a quel tempo, e l’avvento di un nuovo ordine globale.

Non è più il momento di finzioni né di apparati burocratici. Credo che gli apparati burocratici fossero la conseguenza delle restrizioni frontaliere. Tutto era molto più complicato e manuale. Oggi, avendo uno spazio più vasto a disposizione, con sistemi più rapidi, sia per contabilizzare che per agire, la leggerezza diventa più semplice da possedere. Era come disporre di una piccola azienda con un grande trattore: è molto meglio avere una grande azienda con un trattore che la percorre nel tempo dovuto. Oggi, bisogna avere la percezione dello spazio e sapere che è sconfinato. Per questo serve quel minimo di struttura veloce in grado di percorrerlo ordinatamente” […].

Parole attuali ieri, parole attuali oggi, in un tempo in cui lo spazio delle relazioni sociali, economiche, politiche è divenuto sconfinato e la leggerezza, quella stessa leggerezza avuta dai nostri nonni nel Dopoguerra, è tutt’ora determinante per noi ragazzi e per tutti quelli che verranno.

2 Commenti

  1. Bell’articolo Stefano riassumendo non poteva contrapporsi al mostro petrolio e suoi adepti come sempre succede in questo paese di (mer…..) Ciao Stefano una braccio 😘

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