Stato di diritto 2022, la commissione Ue: in Italia precarizzazione allarmante e poche riforme per tutelare i giornalisti

Minacce alla sicurezza sul lavoro, una tutela inadeguata per i professionisti dell’informazione e una crescente precarizzazione determinata non solo da una crisi economica ormai consolidata, ma anche da una crisi settoriale e sociale della stampa.

Sono queste le principali preoccupazioni che attraversano il settore del giornalismo italiano emerse dal rapporto annuale della Commissione europea “2022 Rule of law report, pubblicato lo scorso 13 luglio.

Un clima dall’unione di diversi fattori legati tanto al contesto politico ed economico quanto a quello socioculturale e giuridico.

LE MINACCE CONTRO I GIORNALISTI

In linea con quanto sottolineato dal report redatto dalla Commissione, l’Italia dispone di un solido quadro legislativo che regola il settore dei media, con particolare attenzione verso il settore del servizio pubblico.

Ad accendere i riflettori sulle ombre della situazione in Italia sono le preoccupazioni in merito alle condizioni precarie di accesso alla professione e di lavoro per molti giornalisti, alla protezione delle fonti giornalistiche e alla questione del segreto professionale.

Nonostante un centro di coordinamento ben funzionante e dotato di risorse dedicato al monitoraggio della questione, i casi di aggressioni fisiche e intimidazioni contro giornalisti e organi di stampa continuano ad aumentare anno dopo anno.

Quello che però bisogna fare non è solo fornire questi dati, ma cominciare anche a portarli nelle aule e condannarli” ha poi spiegato il presidente della FNSI, Giuseppe Giulietti.

LA PARALISI LEGISLATIVA

Le leggi sulla diffamazione – si legge sempre nel report della Commissione – non sono state modificate e rimangono un nodo fondamentale che minaccia la sicurezza dei giornalisti e le organizzazioni che li rappresentano.

I casi di aggressioni fisiche, minacce di morte e altre forme di intimidazione contro i giornalisti hanno continuato a crescere. Dallo scorso anno, 12 sono state le segnalazioni registrate dalla Piattaforma del Consiglio d’Europa per promuovere la tutela del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti riguardanti.
Di queste, sei riguardano procedimenti giudiziari in cause civili o penali intentate contro giornalisti o organi di informazione. I restanti casi riguardano aggressioni e intimidazioni di giornalisti che si occupano di eventi e storie legate alla pandemia di COVID-19, casi di aggressione fisica e sessuale, minacce di morte e irruzione negli uffici di un giornale da parte di individui sconosciuti.

Nonostante le ripetute richieste dell’FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana), la tutela delle fonti giornalistiche e la legge quadro sul segreto professionale dei giornalisti restano insufficienti dal punto di vista normativo e giuridico.

LE RADICI DEL PROBLEMA

Purtroppo, la situazione problematica della stampa italiana non è un caso di origine recente.

Il documento redatto ad aprile dal Servizio Analisi Criminale del dipartimento della Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno riguardo le minacce e gli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti registrati nel 2021 sottolinea un dato importante: le azioni contro la stampa sono aumentate, molte vengono dalla criminalità organizzata, mentre la quasi metà dei casi segnalati proviene da contesti politico/sociali, tra le quali rientrano episodi “verificatisi durante manifestazioni contro l’obbligo vaccinale o il green pass” ha spiegato in un’intervista a Rainews il Segretario Generale FNSI Raffaele Lorusso.

Nello specifico, lo scorso anno sono stati censiti 232 episodi di violenza contro i giornalisti: un aumento del 42% rispetto all’anno precedente (nel 2020 erano stati 163 i casi segnalati e registrati). Di questi 232, il 49% dei casi è riconducibile a contesti politico/sociali, il 40% riferibili ad altre fattispecie e il restante 11% a contesti di criminalità organizzata.

Tra i paesi in Europa, l’Italia è “uno di quelli che attiva più rapidamente i meccanismi di protezione contro le minacce ai giornalisti, fornendo scorte di vigilanza per i professionisti dell’informazione” ha poi aggiunto Giulietti nel corso dell’intervista a Rainews, sottolineando però come d’altra parte l’Italia sia anche “il paese con il più alto numero di cronisti sotto scorta, sono 27, e il paese con il più alto numero di querele bavaglio”.

PROSPETTIVE DI RIFORMA

Ad aggravare la situazione per la professione giornalistica in Italia è la sostanziale paralisi normativa sull’aggiornamento e sulla riforma della professione giornalistica in Italia.

La crisi dell’editoria a un macro livello, e le barriere d’ingresso alla professione giornalistica, principalmente di carattere economico e sociale, non solo ostacolano il corretto svolgimento e sviluppo della macchina informativa nel Paese, ma ne impediscono anche il ricambio e l’aggiornamento.

Le forme precarie di collaborazione e di lavoro di molti giornalisti professionisti e non, sia dipendenti che freelance, non consentono alla macchina informativa del “quarto potere” di utilizzare appieno tutti i mezzi a loro disposizione per svolgere quel ruolo tanto delicato quanto importante per lo sviluppo e il benessere della vita democratica del paese.

Una possibile traccia da percorrere potrebbe essere quella di effettuare una profonda analisi e riforma della figura professionale del giornalista in Italia, esaminando quali sono le principali lacune a livello normativo ed economico che non rendono possibile per il giornalista sviluppare ed esercitare appieno la propria professione, garantendo una maggiore tutela e sicurezza ai giornalisti.

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