Verba manent: mamma e figlia al tempo dello smartphone

Mentre viaggiavo in treno, ho assistito a una scena tanto curiosa quanto abituale, che mi ha fatto riflettere sulla società moderna figlia dello smartphone.
Una mamma e una figlia, men che adolescente, giocavano con l’obiettivo della fotocamera a fare smorfie con i filtri che le applicazioni digitali di oggi permettono di creare. La mamma con le orecchie da cane, la figlia con i denti da coniglio, i loro volti scomposti in un caleidoscopio e così via, fino a che la piccola non si è stancata. In verità, la signora sembrava un poco sofferente, non era il suo mondo, quello web, lei che alla sua età di ritorno da Milano in un vagone avrebbe dormito o letto fumetti o giocato a carte. Oppure, perché no, conversato con i suoi genitori, con estranei. Nei treni d’oggi c’è la fobia di guardare gli altri, vince chi prende per primo in mano lo smartphone e collega (ormai senza neppure più fili) le cuffie per andarsene lontano col pensiero.
Comunque, appurato dalla figlia che qualche fotografia poteva essere buona da mandare alle amiche con un click, la piccola ha lasciato riposare la madre fino all’arrivo. Giunti a Roma, è iniziata una discussione fra le due: “Lasciami il telefono devo usare What’s App e inviare messaggi”, “Queste cose sono pericolose, sei troppo piccola, lo faccio per il tuo bene”. E vi risparmio il resto del dibattito, lacrime incluse.
È un mondo incoerente, il nostro. Le sciocchezze sono diventate oggetto di irrinunciabili pretese e, d’altro canto, chi dovrebbe fare giustizia spesso dapprima si lascia andare, poi torna sui suoi passi con fare ligio.
Signora, sono sacrosante le foto con la sua piccola, ricordi d’infanzia. Ma non si adiri se la bambina vuole ciò che a lei sembra assurdo. La bambina è sì figlia sua, ma soprattutto figlia della società odierna

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here