Verba manent: Mario Draghi e José Mourinho

Quello che leggete nel titolo è altamente suscettibile di scandalo: Mourinho come Draghi? Non c’è follia, ma neppure troppa seriosità, bensì solo un pizzico di fantasia nel paragone. Entrambi arrivati in pompa magna come salvatori, entrambi liquidati a compiti fatti. Sarà il calcio, sarà la politica, ma se mai i due dovessero incontrarsi, sarebbero abbastanza perspicaci da ridere sopra il destino che li ha visti protagonisti, seppur in ambiti ben diversi.

Da special one a “special two”: due acclamati professionisti del proprio mestiere, chiamati a guidare la nave tra difficoltà e peripezie da affrontare. José Mourinho è stato probabilmente l’allenatore più blasonato che la Roma abbia avuto negli ultimi decenni; nessuno avrebbe scommesso sullo sbarco del pluripremiato mister nella capitale, al timone di una squadra importante, sì, ma non di prospettive competitive internazionali. D’altra parte, Mario Draghi, che qualche anno prima fu chiamato a presiedere il governo di una nazione in difficoltà: pandemia, vaccini, crisi economica, instabilità politica. Anche in quel caso, in pochi avrebbero scommesso sull’approdo dell’ex Bce a palazzo Chigi, che avrebbe avuto la stessa fama, ma più tempo libero e molte meno responsabilità, se avesse detto “no grazie”. L’Italia e la Roma, dunque, riportate al centro del dibattito globale: agenda calcistica centrata (la Conference League ha riportato un trofeo a Trigoria dopo anni) e agenda politica rispettata, in linea con gli obiettivi europei. 

L’epilogo per i due è stato parimenti difficile. In senato, per Draghi, mancarono i voti della maggioranza di governo (Lega e Forza Italia, che fino a prima erano alleati), assieme a Fratelli d’Italia, da sempre all’opposizione, e M5S. Il presidente Mattarella accolse le dimissioni, alla luce della crisi ormai evidente, dopo averle già rifiutate qualche giorno prima. A Trigoria, per lo special one, è stato un giorno amaro. L’altro ieri, dopo una serie di risultati negativi, la dirigenza statunitense ha chiesto un cambiamento immediato. Fuori il campione, dentro il tifoso di sempre. Furbi, questi americani: chiunque altro avesse preso il posto di Mourinho, sarebbe stato contestato. Daniele De Rossi, però, è una figura inattaccabile per l’affetto che lo lega alla tifoseria giallorossa. Forse sarebbe stato meglio arrivare a gestire la panchina del cuore in modo meno rocambolesco, senza essere “la prima riserva”, ma solo il tempo potrà dargli merito e ragione. 

Il futuro li vedrà protagonisti: il portoghese allenerà ottimisticamente un top team, Draghi è candidato, da indiscrezioni giornalistiche, alla presidenza del Consiglio Europeo. Forse non si incontreranno mai, ma a chi nutre passione sportiva e patriottismo italiano (e soprattutto tifa Roma, a differenza di chi scrive), farà piacere sapere che una cosa in comune l’hanno avuta: Draghi è da sempre un tifoso della squadra che Mourinho ha allenato finora. 

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