Verba manent: Silvio che combini

Secondo una logica ordinata e coerente, che purtroppo mal si addice alla politica odierna, il centrodestra vincente alle urne dovrebbe governare. E i partiti che lo compongono, a maggior ragione quelli più deboli, come Forza Italia, poco dovrebbero lamentarsi e sbracciare verso gli alleati. “Hai preso il 7% e governi, con un discreto numero di ministeri anche chiave”, dovrebbe essere il ritornello che tenga a bada pretese insensate. 

Invece no: all’inizio, già nella prima occasione di insediamento alle camere, Berlusconi si impone per Licia Ronzulli ministro, qualsiasi ministero abbia, purché tale sia; poi apostrofa nei suoi appunti a favor di telecamere Giorgia Meloni con aggettivi sgarbati e sinistri; infine dichiara già quali dovrebbero essere i suoi ministri e racconta di aver riallacciato i rapporti con Putin che “non voleva la guerra, [mentre] Zelensky ha triplicato gli attacchi nel Donbass”. 

Una serie di errori costosi e talvolta gratuiti, che hanno rimesso in discussione la serenità tra FDI e gli azzurri. Com’è possibile che un uomo sempre attento come Berlusconi possa essere scaduto in simili azioni? C’è chi attribuisce la colpa delle gesta sconsiderate all’età, che comunque pesa – emblematiche le immagini di Berlusconi che sbaglia l’uscita dall’urna dopo aver votato per la presidenza del Senato. C’è chi, invece, ipotizza delle mosse non casuali; tuttavia, se volute, abbastanza difficili da inquadrare nell’ottica di un miglioramento della posizione di FI nella compagine di governo, le cui redini sono nelle mani della Meloni. 

C’è chi, infine, come il sottoscritto, ritiene che non tutto debba poter essere spiegato e a volte alcune manifestazioni vanno prese per come sono. Cioè assurde. E un leader importante che decade nell’assurdo non può più rappresentare adeguatamente le istanze di milioni di elettori e non elettori. Per carità, non è mancanza di rispetto, bensì constatazione: per ogni cosa c’è il suo tempo. Un calciatore, campione o protagonista della panchina, non può tenere il ritmo dei ventenni quando ha quarant’anni sul campo. Pertanto si ritira, magari fa l’allenatore, magari il procuratore. Oppure, scelta saggia, si gode ciò che ha fatto e guadagnato. Non sempre il tiro alla fune premia il più esperto. 

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