ACCĒNTO presenta “Quasi di Nascosto”

Venerdì 9 dicembre, alle ore 18.45, a “Più libri più liberi” – la Fiera nazionale della piccola e media editoria, promossa e organizzata dall’Associazione Italiana Editori dal 2002 (che dal 2017 si svolge presso il Nuovo Centro Congressi – La Nuvola) – è stata presentata Quasi di nascosto: una nuova antologia di racconti a opera di 12 scrittori e scrittrici esordienti Under 25, edita da ACCĒNTO.  

ACCĒNTO è una casa editrice indipendente nata a Milano nel 2022, fondata da Alessandro Cattelan e diretta da Matteo B. Bianchi. Nello staff della casa editrice Eleonora Daniel (caporedattrice/editor), Ludovica Sauer (social media manager) e Cecilia Bianchini e Giovanni Cavalleri (grafica).

L’obiettivo generale di ACCĒNTO è “porre l’attenzione – mettere l’accento – sui giovani talenti in Italia e nel mondo e, allo stesso tempo, restituire spazio a titoli meno recenti della letteratura mondiale ingiustamente scomparsi o mai arrivati sui nostri scaffali”.

Nello specifico, Quasi di nascosto si ispira all’ormai storico progetto Under 25 creato da Pier Vittorio Tondelli nel 1986, con l’obiettivo di aprire l’editoria ai giovani esordienti. Il mercato editoriale odierno è molto diverso da quello degli anni ’80, in quanto, a differenza dell’epoca di Tondelli, il nostro è un mercato ricco di esordienti, ma la loro età media si avvicina più ai trent’anni che ai venti.

La domanda che ACCĒNTO si è posta è, infatti: Cosa scrivono oggi i più giovani? In un secondo momento, questa questione si è trasformata in ulteriore domanda: Ma oggi, i giovani scrivono in Italia? Questo quesito nasce dal fatto che, durante una prima ricerca, scovare queste nuove giovanissime firme sembrava quasi impossibile. Infatti, quando Matteo B. Bianchi ed Eleonora Daniel si sono rivolti alle riviste letterarie e alle scuole di scrittura, non hanno trovato le proposte che si aspettavano di ottenere. Il curatore di una rivista romana rispose addirittura che la loro era un’impresa editoriale, per certi versi, impossibile perché “sotto i 25 anni non si trova niente”. 

Quindi, cosa fare? Interrompere la ricerca, arrendendosi al fatto che i più giovani, appena usciti dal liceo o durante i primi anni dell’università, non scrivano bensì trascorrano tutto il loro tempo sul cellulare a chattare su WhatsApp o a postare fotografie su Instagram? I più conservatori, a questo punto, direbbero che allora è giusto privare questi eterni adolescenti del telefono fin dalle scuole medie. Ma i fatti sono ben distanti da come ci vengono raccontati da una stampa retrograda e nostalgica di altri tempi.

La svolta, infatti, avviene quando i due editor capiscono che lo spazio della ricerca non deve essere un luogo fisico, ma un luogo virtuale, ovvero i social. Diventa allora evidente che i giovani scrivono eccome, ma hanno nuove modalità di espressione e, spesso, la maggior parte di coloro che scrive lo fa in privato, senza esporsi, quasi di nascosto. Da qui nasce la decisione di pubblicare una call sui social, alla quale i giovani hanno risposto, smentendo i vecchi reazionari, più di quattrocento elaborati. Tra questi ne sono stati individuati una ventina che, in fase di selezione, sono stati ridotti a dodici. 

Questi i nomi dei “dodici apostoli” della scrittura giovane italiana: Nicolò Bellon, Riccardo Casella, Emma Cori, Isabella De Silvestro, Teresa Fraioli, Martino Giordano, Michelangelo Innocenti, Micol Maraglino, Michela Panichi, Ruben Rossi, Aminata Sow, Giovanni Venturi.

I temi trattati sono molteplici e di estrema attualità: intergenerazionalità, transessualità, carcere, razzismo, guerra, corpi, sesso, amore. 

Per Lanterna, abbiamo intervistato tre dei dodici giovani esordienti.

Come e quando sei venuto a conoscenza della call di Accento? 

Nicolò Bellon: Ho scoperto la call di Accento tramite una storia Instagram di Irene Graziosi. Ho inviato tre racconti di prova, molto brevi, a questa mail, super anonimo. Mesi dopo mi ha risposto Matteo B. Bianchi ed è stato bello come sono belle le cose che accadono e non te ne accorgi fino in fondo. 

Ruben Rossi: Ho conosciuto Matteo Bianchi a un corso di scrittura della Scuola Belleville. Gli ho mandato un racconto, gli piaceva – ma a me no, quindi gliene ho mandato un altro. E poi un terzo, che è questo.

Aminata Sow: Sono venuta a conoscenza del progetto quasi un anno fa, tramite la sezione Narrativa di Scomodo, per cui scrivevo allora. Al tempo l’antologia e Accento erano ancora segrete: tutto ciò che sapevo era che una figura dell’editoria italiana, occupatasi di scouting per molti anni, stava cercando racconti scritti da persone sotto i venticinque anni. Così è nato Pelle Italiana.


Quando hai iniziato a scrivere? 

Nicolò Bellon: Forse a sette anni, dopo aver letto Geronimo Stilton, o forse al liceo quando inventavo storie per sfuggire alla noia. Riinizio a scrivere ogni volta che incontro un libro, un film o un brano capace di cambiarmi lo sguardo. La voce si fa sempre nuova rimanendo comunque sempre la stessa. La prima volta mi è capitato con Alessandro Baricco, Oceano mare; l’ultimo leggendo Tasmania di Paolo Giordano con in cuffia il nuovo album dei Verdena. 

Ruben Rossi: Ho iniziato a scrivere a (credo) quattro anni e mezzo. Seriamente (in verità non molto seriamente) penso verso i sedici-diciassette, per il giornalino del liceo. Serenamente, mai.

Di cosa parla il tuo racconto? 

Aminata Sow: Il mio racconto parla di identità fabbricate dall’esterno, di sguardi oggettificanti e della difficoltà di essere se stessə quando il mondo ti vede come rappresentante di un bene superiore. La protagonista Raky si trova a fare i conti con l’insidiosa benevolenza che caratterizza le più subdole forme di oppressione. Nel raccontare la storia di una fotografa che vuole immortalare una “nuova italianità”, ho tentato di indagare le intersezioni tra arte, artista e (s)oggetto rappresentato, e descrivere gli squilibri di potere che ne derivano.

Quali sono i tuoi riferimenti di scrittura? 

Nicolò Bellon: Da piemontese: Fenoglio, Romano, Ginzburg e Pavese. Su tutti e per sempre. Poi Delillo, Salinger e Dave Eggers. Ma la prima cosa a cui penso ogni volta che mi ritrovo la pagina di fronte è un movimento di gambe, e allora torno al cinema: Fellini e Paul Thomas Anderson.

Ruben Rossi: Riferimenti ideali Bolaño, Checov, Sebald (e altri noti), però facciamo un po’ tutto, e un po’ a caso. È bello leggere cose diverse (soprattutto fuori dalla propria zona di confort). Riferimenti reali: le pagine “vabberaga” e “piastrelle sexy”, continuano a piacermi troppo.

Aminata Sow: Quando scrivo penso sempre a Carmen Maria Machado e a Elena Ferrante, alla loro condivisa capacità di districare un pensiero ingarbugliato in una frase, all’energia maliarda che i loro testi sprigionano quando li leggo. Ferrante sostiene che scrivere sia accomodarsi in tutto ciò che è stato scritto e farsi a sua volta scrittura: ecco, la mia poltrona è molto comoda.

Biografie dei tre esordienti intervistati  

Nicolò Bellon: Nato a Biella nel 1998. Laureato in Letterature comparate, ha collaborato alla realizzazione di festival letterari e musicali. Vive tra Roma e Milano.

Ruben Rossi: Nato a Trieste, diplomato alla Civica Scuola di Cinema di Milano, si muove (ci prova) tra sceneggiatura, fumetto e narrativa. Ama il jazz, la scherma e, ovviamente, il cinema (ma anche la cucina napoletana, nonché la razza canina dei basset hound).

Aminata Sow: Vive a Londra e frequenta il King’s College, dove studia Critical Theory. Lavora come digital assistant per la rivista di poesia Poetry London, ma scrive solo prosa. I suoi racconti appaiono sulle riviste Scomodo e Neutopia.

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