Alla Raggi l’onore delle armi

Appena dopo l’inizio dello spoglio, ieri, una flotta di parlamentari 5 Stelle insieme al presidente Conte erano già in autostrada. Direzione Napoli. Il successo di Manfredi, candidato supportato sia da sinistra sia da grillini, era scontato. E non era opportuno perdere tempo prezioso per celebrarlo. Anche perché a Roma la Raggi era sola, contro due corazzate solide come centrodestra e centrosinistra, e Calenda il cui exploit era prevedibile. Che avrebbe potuto fare, se non accontentarsi di un magro esito? Stare con lei sarebbe stato inutile. 

Invece la sorpresa – non secondo l’opinione di chi scrive – è arrivata. Virginia Raggi è al 19%. Risultato non sufficiente per approdare al ballottaggio, ma per togliersi qualche sassolino dalla scarpa sì. Soprattutto verso il suo partito, il cui leader, Conte, l’aveva abbracciata e sostenuta davanti alle telecamere fino a una settimana fa, salvo poi deviare gli entusiasmi verso il risultato più sicuro. 

Cinque anni fa, il Movimento 5 Stelle si impose prepotentemente sullo scenario politico nazionale anche grazie a lei: donna, eletta sindaco della Capitale, dopo anni di alternanze tra destra e sinistra. Il successo della Raggi – come anche quello della Appendino a Torino – contribuirono all’affermazione del Movimento come primo partito nazionale. A Roma, nel 2016, il M5S prese il 35,3% dei voti e la sua candidata stravinse al ballottaggio. Da lì, il lancio del Movimento su scala nazionale, le storiche battaglie (più o meno condivisibili) portate all’attenzione del Paese e il radicamento sul territorio. 

Di tutto ciò, ormai poco resta. Le amministrative in questione hanno ridimensionato notevolmente il “nuovo” M5S. E di tale contesto la Raggi è perfetta metafora. La resistenza del radicalismo contro la svendita di idee, valori e principi praticata alla luce del sole. 

Ieri, in tarda serata, ha rilasciato delle dichiarazioni alla stampa nella cornice del suo comitato. Vuoto, incredibilmente, di sostenitori e bandiere. Tutti spariti, nessuno che riconosca il risultato ottenuto. “Non darò indicazioni di voto. I cittadini non sono mandrie da portare al pascolo”. Cioè, il sostegno a Roberto Gualtieri non è così scontato – tant’è che è prevedibile un tasso di astensione tra gli elettori grillini molto alto tra due settimane. In quel riferimento alle “mandrie” e al “pascolo” ci sono due aspetti interessanti: in primo luogo, un attacco indiretto ai demagoghi del Movimento, che oggi, abbandonata l’idea di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, muovono candidati ed elettori a loro piacimento; in secondo luogo, un messaggio ai contendenti del ballottaggio: non sarò merce di scambio.  

Doppio gioco di Giuseppe Conte? La politica non permette di escludere alcuno scenario. Anche perché lo scranno di Gualtieri in Parlamento fa gola all’ex premier, rimasto l’unico leader a non sedere in Aula, dopo la vittoria perfino di Letta a Siena. Potrebbe aver ragionato secondo propri interessi: fingere sostegno alla Raggi, valutando l’ipotesi Gualtieri sindaco – carica incompatibile con quella di deputato. 

Comunque, l’immagine che resta di Virginia Raggi è quella di una donna sola. Che si è impegnata per la città che l’ha votata; l’ha fatto con molti limiti, personali ed esterni, con tante difficoltà, con alcune incapacità. Oggi, pur essendo dirigente del suo partito, è abbandonata da tutti. E non si merita questo. Alla Raggi occorre riconoscere l’onore delle armi.

1 commento

  1. Il movimento 5 stelle già prima della sua partecipazione al governo Draghi era allo sfascio e ho sempre rifiutato il suo aderire al pd dopo l’esperienza disastrosa con la destra.non ha mai voluto credere in se stesso nel progetto di gianroberto Casaleggio, da lì il suo precipitare nel nulla e alcuni hanno pensato di salvare le terga approdando nel governo dei peggiori.non mi meraviglio se hanno lasciato sola Raggi che con Di Battista hanno sempre disconosciuto il M5S perché ormai votato alla politica e distante dallantipolitica .Napoli è per Conte casa,famiglia essendo cresciuto a è boli è con la coda tra le gambe andato lì dove gli riconoscono il valore da buon politico arrivista ambizioso.non c’è da meravigliarsi se ha lasciato Raggi sola,non la considera più un cavallo vincente.

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