Antisemitismo e fallimento culturale

Nei giorni passati abbiamo assistito a tre casi di antisemitismo. Ad essere colpiti sono state le case di Lidia Rolfi, staffetta partigiana deportata nel 1944 in Germania nel campo di concentramento di Ravensbruck, sulla cui porta è comparsa la scritta “Juden hier” (qui abitano ebrei), quella di Torino ai danni di una signora di origine ebraica che si è trovata scritta sul muro la frase “crepa sporca ebrea” e i due bigliettini contenenti la frase “sieg heil” (saluto alla vittoria) e una svastica, ci troviamo ancora a Torino e questa volta ad essere presa di mira è la figlia di un partigiano e attivista dell’Anpi.

Ad una lettura superficiale della faccenda si potrebbe parlare di casi isolati, avvenuti in un periodo estremamente delicato da questo punto di vista, proprio perché vicino alla giornata della memoria. Così, per quanto orribile possa essere l’atto, si è comunque tentati di relegarlo a episodio senza ripercussioni nel tempo, opera di qualche estremista senza patria, se non che un indagine dell’Eurispes riporta un dato preoccupante: il 15,6 % degli italiani crede che la Shoah non sia mai esistita, dato che incute timore e paura se pensiamo che nel 2004 erano solo il 2,7% a pensare ciò.

Ma cosa è successo? Perché in un epoca dove le informazioni sono a portata di un “clic” per chiunque si verificano queste mancanze culturali cosi ampie e pericolose?

I fattori da esaminare sono tantissimi. Si può parlare di un fallimento dell’educazione scolastica che dovrebbe primariamente fornire gli strumenti necessari per discernere le informazioni reali da quelle false, fallimento che non è retorico ma estremamente reale e di cui abbiamo le prove tutti i giorni tramite le fake news che, senza troppi giri di parole, sono figlie del negazionismo e della propaganda di regime, informazioni false per far credere a falsità.

Incapacità di discernimento tra il reale e il falso che, appunto, porta al negazionismo molte volte velato, inconscio quasi. Questo perché, in quel 15,6%, c’è gente comune e non estremisti. Fallimento della cultura popolare che non ha saputo educare ed educarsi all’accoglienza verso il prossimo ma che, anzi, si è chiusa ancor di più in sé stessa spacciando per difesa delle tradizioni quella che è semplicemente ignoranza e paura dettata dalla prima.

Il filosofo Theodor Adorno, nel suo saggio Dialettica negativa, scrive:<Hitler ha imposto agli uomini nella loro condizione di illibertà un nuovo imperativo categorico: pensare e agire in modo che Auschwitz non si ripeta, che non accada niente di simile>.

Alla luce degli atti avvenuti in questi giorni, alla luce del fallimento culturale, del fiasco umano e all’aumentare dei negazionisti, alla luce di tutte le discriminazioni sia quelle riferite agli ebrei sia quelle riferite a persone di cultura, etnia e orientamento sessuale differente, bisogna domandarsi se si sta seguendo questo imperativo, la cui parte fondamentale, quella che riguarda noi cittadini del ventunesimo secolo, è quel “non accada niente di simile”, è quel monito che punta il dito contro di noi, proprio quel monito che non viene rispettato.

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