Beppe Fenoglio: il documento della storia di una generazione

«Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano.»

(da I ventitré giorni della città di Alba)

Giuseppe Fenoglio, detto Beppe, nasce ad Alba nel 1922. Nel 1950 il suo primo romanzo, La paga del sabato, arriva presso Einaudi, nello specifico viene letto dapprima da Calvino ma viene rifiutato da Elio Vittorini, direttore della collana i Gettoni. Si decide di pubblicare la raccolta di racconti col titolo Racconti barbari, poi rinominata I ventitré giorni della città di Alba, dodici racconti: i primi sei partigiani, l’altra metà di argomento contadino e post-bellico.

 È Calvino sin da subito a riconoscere il coraggio di Fenoglio di non usare mai parole false, permettendo così la realizzazione di un documento della storia di una generazione, concentrandosi sulla questione morale di tanti giovani ex partigiani.

Dopo una lunga gestazione della raccolta, emergono racconti pieni di fatti, con una penetrazione psicologica oggettiva. Fenoglio viene definito un narratore crudo ma senza ostentazione, senza compiacenze di stile ma asciutto ed esatto.

I personaggi dei suoi racconti sono partigiani sbadati che però, partecipando dalla parte giusta, hanno fatto la storia, hanno trovato la piena realizzazione di sé stessi. 

Fenoglio, dunque, restituisce le prime cronache veramente sincere delle contraddizioni durante il periodo della Resistenza, ma non solo, poiché analizza anche il mistero della delicatezza dei rapporti umani.

Dal primo racconto possiamo ben capire che la scrittura di Fenoglio poteva essere compresa da chiunque, ma pochi avrebbero potuto accettarla, tanto che diverse sono state le critiche ricevute per il suo racconto riguardo la vicenda dei partigiani.

Fenoglio racconta la Resistenza, un’esperienza ancora incandescente, prendendo coscienza dei valori attraverso il coraggio della sua giovinezza. 

Le storie partigiane vengono raccontate con un puglio disincantato, antiretorico, epico-burlesco. C’è da parte di Fenoglio anche l’uso dell’ironia come mezzo per indagare e mostrare la realtà. Per esempio pone attenzione sulla vanagloria dei soldati sia attraverso la scelta dei nomi, sia per i dettagli sul vestiario. Ci sono nomi come Bimbo e Biagino (L’andata), e poi ancora sfilate con applausi e pellicce (I ventitré giorni della città di Alba).

 Pertanto Fenoglio racconta senza timore anche i vizi dei partigiani, perché nulla avrebbe potuto cancellare l’importanza del partigiano che combatte per la libertà. Il suo obiettivo era evitare che la Resistenza diventasse retorica e dunque l’intento era difenderla. 

Lo stesso Calvino nella prefazione a I sentieri dei nidi di ragno, sottolinea la capacità di Fenoglio di realizzare un romanzo che tutti avrebbero sognato di scrivere e, seppur riferendosi a Una questione di vita privata, in realtà si riferisce a tutte le opere di Fenoglio.

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