Cinema in fieri

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Dal baraccone ambulante, al nickelodeon, alle sale cittadine, la sala cinematografica ha rappresentato per tutto il Novecento un vero e proprio tempio, un luogo sacro e di adorazione per migliaia e migliaia di persone che, non tanto per le immagini sullo schermo, quanto per l’atmosfera in sé della sala, sentivano il bisogno di vivere quell’esperienza ripetutamente. Come si legge su Treccani, «La sala vive nella memoria meno per le immagini che si animano sullo schermo che per la vita che pulsa al suo interno, per le emozioni e le tensioni che avvincono e lacerano spettatori di ogni età, sesso e classe sociale».

È sempre stato così: fin dall’inizio, la sala cinematografica ha risposto al bisogno preciso della gente di vivere un’esperienza collettiva, di condividere un ambiente carico di emozioni e tensioni. Basti pensare al kinetoscopio, di Thomas Edison. Grazie a quest’apparecchio si ebbero i primordiali esperimenti con le immagini in successione che riproducevano il movimento. L’unico ma fondamentale problema era di natura sociale: le persone potevano usufruire dell’aggeggio individualmente, una alla volta, vivendo quindi un’esperienza altamente intima e isolata. L’essere umano, proprio in quanto essere sociale, ha fin da subito capito il potenziale enorme di una tale invenzione – il cinema – e proprio per questo ha fin da subito espresso il forte desiderio di vivere tale esperienza in maniera collettiva.

Si capisce, quindi, come l’introduzione delle sale cinematografiche – dai primi esperimenti rudimentali di baracconi ambulanti, alla sala cinematografica come la conosciamo oggi – abbia costituito un elemento chiave, il passo fondamentale per fare del cinema il potente mezzo di comunicazione che è tutt’oggi. Il primissimo esempio di “sala cinematografica” lo si può ritrovare nel Salon indien del Grand Café, a Parigi. Fu in questo salone che i fratelli Lumière, nel lontano 1895, presentarono la loro invenzione: il cinematografo. In quest’occasione gli spettatori furono trentatré e secondo alcune testimonianze, non appena le immagini presero a scorrere sulla parete, essi non poterono che sperimentare, chi più, chi meno, una sensazione di perdita della nozione del tempo e dello spazio. Sono tutte così le prime rappresentazioni (soprattutto in Francia e in Italia, ma anche in altre aree del mondo): gli spettatori, seduti in sala, perdono la concezione individuale di sé e cominciano a vedersi come un corpo collettivo, partecipando emotivamente (ma anche fisicamente) alle emozioni degli altri spettatori.

Grazie all’enorme portata innovativa del cinematografo, cominciano ben presto a nascere forme e metodi per portare il cinema in giro, per metterlo in circolazione il più possibile, anche attraverso tecniche pubblicitarie rudimentali. Il primo modo per fare ciò lo si ritrova nei baracconi ambulanti: fenomeno sparso in tutta Europa. Questi baracconi eseguivano lo stesso percorso dei venditori di stampe, degli impresari di spettacoli ottici e dei lanternisti. Questo dato non è certo secondario, giacché si va a creare una fitta trama di emozioni condivise, di esperienze vissute in comune e, addirittura, di desideri e riti comuni. Grazie al loro enorme successo, nel 1910 si ha un ulteriore salto di qualità: si abbandona il cinema ambulante per trasferire quest’esperienza collettiva all’interno di sale stabili, all’interno delle grandi e piccole città.

È così che si arriva al fenomeno dei nickelodeon, piccole sale urbane che si sviluppano negli Stati Uniti in concomitanza col declino del cinema ambulante. Il loro nome deriva dal costo unitario del biglietto che gli spettatori dovevano pagare per poter partecipare alla visione del film. È grazie a questo fenomeno che il cinema compie quel passo in più, quello che da strumento di “curiosità scientifica” e di divertimento, lo porta ad essere vero e proprio mezzo di comunicazione di massa, in grado di trasmettere messaggi ad un largo gruppo di persone. La sala diventa subito e ancor di più un luogo per la socializzazione e per l’incontro tra esseri umani. Non solo, quindi, un luogo adibito alla visione di film, ma luogo in cui guardare insieme questi film, farsi influenzare da essi e, allo stesso tempo, dalle emozioni degli altri spettatori. Quest’occasione viene colta in particolar modo dalle donne che diventano le protagoniste, non soltanto al buio della sala, ma anche sullo schermo. Le spettatrici vanno in sala per sognare una vita come quella delle eroine che vedono raffigurate sullo schermo: forti, coraggiose, impavide, determinate. La sala cinematografica e, di conseguenza, il cinema tutto hanno un’accezione anzitutto emotiva: le emozioni, i desideri e le necessità degli spettatori fanno sì che quest’industria si sviluppi sempre più e conquisti un ruolo di primaria importanza nella vita di un essere umano.

In Italia, è specialmente negli anni Venti del Novecento che si vede un massiccio fiorire di sale, non solo nelle grandi città, ma anche in provincia. Il dato interessante, qui, è come il cinema, essendo un organismo in fieri, in costante mutamento, si sposti poi anche fisicamente: negli ultimi anni del Novecento, infatti, si assiste al bizzarro fenomeno della migrazione delle sale dai centri cittadini alla periferia. Ciò non vuol dire che i cinema di città fossero totalmente abbandonati, anzi. In periferia, però, si aveva più spazio a disposizione e fu così che nacquero dei complessi multisala, dei veri e propri villaggi cinematografici, che attraevano migliaia e migliaia di spettatori. Il bisogno di un’esperienza collettiva e la possibilità che offriva il cinema di evadere dal mondo circostante per poche ore portavano gli spettatori a spostarsi fisicamente insieme alle sale. Il cinema era diventato un vero e proprio tempio, soprattutto se prendiamo in considerazione il periodo storico delle due guerre mondiali, che hanno mutilato gli animi, prim’ancora che i corpi. In questi due casi, infatti, erano soprattutto i giovani a sentire l’impellente e irrefrenabile bisogno di rinchiudersi in una sala cinematografica, vista, a questo punto, come rifugio a tutti gli effetti. Esemplare è il caso di Calvino che, in Autobiografia di uno spettatore e proprio in riferimento a quegli anni devastanti, dice che il cinema era stato per lui “il mondo”. Dal punto di vista letterario quest’affermazione non è da poco, non si tratta di un semplice modo di dire. Calvino, nell’affermare ciò, ha fatto qualcosa di ben preciso, essendone ben consapevole: ha identificato nella sala cinematografica un mondo intero, un mondo alternativo, di gran lunga più sicuro, più confortante e più piacevole di quello all’esterno delle quattro mura della sala. Si trattava, per lui e per altri suoi contemporanei, di un microcosmo nel quale rifugiarsi, un mondo ideale, meno barbaro e violento della realtà.

Fin qui, quindi, abbiamo parlato di cinema come un vero e proprio organismo vivente in costante mutamento. Ciò risulta vero soprattutto all’alba dell’era internettiana e, soprattutto, della comunicazione online. Questo grande colosso che è Internet non può certo aver risparmiato anche una grande industria come quella del cinema. La possibilità di navigare su Internet, infatti, ha reso possibile effettuare una serie infinità di attività: tra queste, appunto, la visione di film in streaming o su piattaforme quali Netflix, Disney+ e Prime Video. Si ritorna ad una visione principalmente privata e individuale o, se si tratta di una visione di gruppo, esso risulterà più ristretto per ovvi motivi. Sono cambiati i bisogni, le necessità, sono cambiati i modi di percepire il cinema e la sua innegabile natura sociale. Ora la gente, alla visione di film nelle sale, affianca quotidianamente quella di film visti dal pc, dal tablet, dal televisore. Non si va più soltanto al cinema per guardare un film, ma si hanno molteplici scelte e modalità. Questo fattore ha sicuramente comportato il decollo delle suddette piattaforme – ma non sono le uniche – che ogni anno raggiungono record di incassi sempre più alti. Ma che ne è delle sale cinematografiche? Si può parlare di perdita d’importanza e della vecchia gloria? Sicuramente, prima dell’arrivo della pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero, non si può parlare di crisi delle sale cinematografiche: l’afflusso è, sì, calato, proprio in virtù delle nuove possibilità che Internet e i mass media offrono alle persone, ma non bisogna dimenticare il valore civile, sentimentale e sociale che solo le sale cinematografiche possono avere. Nessuna piattaforma, nessun social e nessun sito Internet potrà – fortunatamente – mai competere con questo fattore: è solo la sala cinematografica, essa sola, a garantire un momento di collettività, un’opportunità di vivere un’esperienza comune di fronte ad uno stesso grande schermo.

Con la pandemia, però, le carte in tavola sono cambiate in maniera drastica. Con il lungo lockdown e la chiusura prolungata dei cinema, l’industria delle sale cinematografiche è stata piegata sotto il peso schiacciante di una pandemia che, nei casi più gravi, ha portato al fallimento e alla chiusura di diversi cinema. Le piattaforme online ne sono uscite chiaramente rafforzate e arricchite. mentre le sale, anche in seguito alla riapertura, faticano a rialzarsi. Il peso della perdita è stato grosso, troppo importante perché possa essere superato da un giorno all’altro. In tutta Italia l’allarme lanciato dalle sale cinematografiche è unanime, non solo a causa del lockdown prolungato, ma anche a causa di un altro fattore da non prendere sottogamba: nonostante si siano riaperte le sale da diverso tempo, infatti, l’affluenza non è ancora arrivata a livelli eccezionali. Questo perché interviene, nelle persone, un sentimento giustificabile e comprensibile di paura. L’aver trascorso un anno intero – e più – a tenersi letteralmente a distanza dal prossimo, l’aver sviluppato un livello estremamente alto di diffidenza nei confronti degli altri, l’aver vissuto da soli, lontani da tutti, ha sicuramente influenzato gli animi delle persone che, ad oggi, non si sentono ancora sicure abbastanza da tornare a vivere una vita semi-normale, senza paure, ansie e timori. È una reazione, purtroppo, che ci si aspettava, che ha colpito tutti – chi più e chi meno – ma cosa ne sarà delle sale cinematografiche? Riusciranno a rialzarsi? Riusciranno a tornare al loro antico splendore? Riusciranno le persone a sentire di nuovo il desiderio, il bisogno impellente di ritrovarsi tutti insieme in una sala cinematografica a vivere le stesse esperienze e le stesse emozioni? La risposta, per il bene collettivo e dell’anima, deve essere sì.

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