Comitatocrazia all’italiana

Nelle ultime settimane, sono proliferati molti gruppi di lavoro con il compito di gestire la ripartenza dell’Italia e l’uscita dalla cosiddetta “Fase 1”. Il Parlamento, che per Costituzione e storia è l’assemblea deputata al dibattito sulle decisioni del Paese, è stato ridotto a mero notaio delle volontà governative. Un notaio vetusto e con la mano tremante. 

Vengono denominate task force, con un inglesismo a cui siamo ormai abituati, non solo per via della contaminazione linguistica, ma in particolare a causa della frequente nomenclatura inglese sostituita a espressioni, egualmente chiare, di natura italiana. I più inclini alla dietrologia affermano che, quando si vuole nascondere una parte di verità, si ricorre a termini più oscuri, o comunque non comprensibili da tutti. Per chiarezza, preferiremmo si chiamassero unità operative, sia perché è preferibile (a parità di significato) un’espressione nostrana, sia poiché di operativo, talvolta, hanno ben poco. E tale denominazione ne mette in luce le falle.

Infatti, in poco più di due settimane sono nate circa 16 unità, senza contare commissioni speciali, cabine di regia e comitati.

Tra le varie, ricordiamo quella “Per la ripartenza” presieduta da Colao, quella armata dal Tesoro “Per la liquidità del sistema bancario”, la “Data drive” ovvero l’unità incaricata di sviluppare l’app “Immuni” per tracciare i contagi durante la ripartenza, quella prevista dal Ministro Elena Bonetti intitolata “Donne per il nuovo Rinascimento” e infine le circa 100 persone che collaborano con il Ministro Lucia Azzolina per la questione delle scuole.

Fare affidamento su uomini e donne esperti è una scelta saggia, senza dubbio. Ben venga la competenza nel sistema italiano, da troppi anni privo di capacità, sostituita da esempi di improvvisazione di vario genere. Pur tuttavia, il rischio di appesantire ancora di più l’apparato statale è dietro l’angolo. Non si tratta di fare il pieno di benzina per proseguire la marcia più a lungo, il problema è il funzionamento del motore, che precede qualsiasi altro inconveniente e oggi è in panne. Soprattutto, insieme alla pluralità dei gruppi di lavoro, sorge un dibattito sulla democraticità delle scelte fatte finora. Fino a che punto un mare di comitati può, nei limiti della Carta, sostituire il Parlamento? Ad oggi, benché la domanda sia stata posta più volte, il Governo ha continuato ad agire sotto la mentita spoglia dell’emergenza. Pertanto, le Camere sono diventate luoghi di ordinaria amministrazione e, per usare una metafora, hanno indossato anch’esse la mascherina, ma come segretari, non come chirurghi.

Ad ogni modo, a breve verrà fatta chiarezza sull’app “Immuni”, sopraccitata. Secondo molti, sarà il punto di ripartenza che, sulla base dell’inglobamento delle nostre informazioni, dovrà tracciare gli spostamenti dei cittadini. Ecco, forse sarà il caso di discuterne in Parlamento, prima di essere privati di una riservatezza siffatta attraverso un “dpcm”.

La scelta sulla migliore strategia deve essere il risultato di un bilanciamento di interessi: trovare il punto d’incontro tra compromettere la libertà dei cittadini e permettere a loro di tornare, presto, alla normalità, senza escludere la lotta al virus. Non è facile e su tale punto nessuno è in dubbio. Ma, parimenti, è una decisione da prendere il prima possibile. Quanto tempo ancora dovremo attendere prima di sapere chi saremo, come vivremo, quando torneremo a vivere?

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here