“Non ti muovere. Resta ferma dove sei. Ho ancora i fiori tra le mani. Non so dove metterli. Vorrei immergerli nell’acqua. Potrebbero appassire. Ma, ben presto, me ne dimentico. Ti sei gettato sulla tela, che trema fra le tue mani. Premi i colori dai tubetti e intingi i pennelli: rosso, bianco, nero, blu. E mi trascini nel torrente dei colori. Ad un tratto, mi sollevi da terra, e tu stesso prendi slancio con un piede, come se la stanzetta fosse troppo angusta per te. T’innalzi e ti distendi, fluttuando fino al soffitto. La tua testa gira intorno alla mia. Sfiori le mie orecchie sussurrando qualcosa… Ascolto la melodia della tua voce dolce e grave. Perfino nei tuoi occhi intendo quel canto e tutti e due insieme, lentamente, ci solleviamo sulla camera adorna e ci involiamo. Arriviamo alla finestra e vogliamo attraversarla. Fuori ci chiamano le nuvole e il cielo blu… Ora voliamo abbracciati nel cielo e i campi di fiori, le case, i tetti, i cortili e la chiese sembrano galleggiare sotto di noi…”. Bella Rosenfeld Chagall
Tra sogno e veglia, tra cielo e terra, tra fantasia e realtà, tra amore e guerra, tra sacralità ed erotismo, mentre in silenzio percorro le stanze, una a una, stando attenta alle parole che sgorgano ritmiche dall’audio guida.
Marc Chagall appare in equilibrio tra l’orrore della realtà delle due Guerre Mondiali, vissute da ebreo in fuga, e l’amore che rappresenta per lui l’unico colore in grado di dare senso alla vita. Chagall, come uno dei funamboli che amava osservare al circo quando era bambino, rimane sempre a mezz’aria, in bilico tra la vita vissuta e quella dei sentimenti, quel mondo interiore in grado di farlo volare in alto assieme alla sua amata moglie, Bella.
Mentre il mio senso sornione spia i commenti entusiasti di coloro che mi circondano, la mente vaga verso tutte le persone che hanno preso parte a questa mostra, dal 20 aprile 2024 nel Castello Conti Acquaviva d’Aragona di Conversano.
Il motivo di tanta attrazione verso le opere dell’artista, probabilmente, è dovuto all’estrema verità con cui ci vengono esposte.
Nella prima stanza, Chagall appare tra i tetti spioventi ricoperti di neve, le facciate rosse e blu tipiche dei villaggi dell’infanzia, di Vitiebsk, suo paese natale. Da quei ricordi, dalla sua religione ebraica e, soprattutto, dal doloroso distacco di esule, l’artista non si separerà mai e continuerà a conservarli nelle sue tele. La seconda stanza dell’esposizione, difatti, è totalmente basata sui dipinti dell’esodo e sulle tematiche bibliche.
Le stanze successive sono quelle dell’immaginazione. La prima è quella delle Favole, ossia una carrellata di litografie che accompagnavano le Favole di La Fontaine, pubblicate nel 1952. Qui i testi di La Fontaine entrano in sintonia con l’arte di Chagall e ne stimolano la creatività: gatti trasformati in donne, cigni che con il loro canto fanno rinsavire dall’ubriachezza, galli e anatre che comunicano con le piante. La seconda è la stanza della Poesia, arte a cui Chagall si dedicò a lungo, pubblicando nel 1975 Poèmes, una raccolta di liriche a cui si affiancano 24 xilografie che ben rappresentano quel mondo onirico del poeta pittore.
Ma la stanza in cui la gravità si assenta è quella dell’amore. Peonie, rose, violette accompagnano gli innamorati nel loro paradiso. Stretti in un abbraccio sensuale, come in Derriere Le Miroir, o volto accanto a volto, come in Dimanche, gli innamorati sovrastano Parigi, cieli blu, cieli chiari, fino al buio dato dalla morte di Bella per una malattia virale, pochi anni dopo il trasferimento da Parigi a New York. “Tutto è divenuto tenebre” scrisse Marc dopo la dolora perdita ma presto fu di nuovo l’amore a ridare senso alla sua vita, quello di Vava, Valentina Brodsky, che divenne la sua seconda moglie.
Nonostante ciò, Chagall non smise mai di rappresentare Bella nelle sue opere, sempre in volo, leggera, oltre la morte.
Forse, i tanti visitatori, conserveranno quella leggerezza che Chagall riesce a trasmettere in ogni sua opera. Un po’ come i poeta filosofo Cavalcanti, raccontato da Calvino, “colui che leggerissimo era”, colui che riesce a sollevarsi sulla pesantezza del mondo, pur apparendo grave.