Crimine e delinquenza: c’è chi dice no

Alcuni delitti di sangue, dopo molto tempo, passano in secondo piano. Fra tanti che chinano il capo di fronte ai problemi della società, c’è pure chi non si arrende all’indifferenza. Anonimi quotidiani e grandi nomi, con comportamenti meritevoli.

Homo homini lupus” sosteneva Hobbes, molti anni fa. La sua intuizione si è rivelata vera nel corso dei tempi e, purtroppo, sarà sempre tale. L’istinto animale dell’uomo, senza barbosi richiami all’antropologia, è noto dall’origine della specie ed è stato causa di conflitti, violenze, soprusi. D’altronde, l’essere umano è guerriero, se il mondo è in guerra.

Oggigiorno, più spesso, l’uomo lascia spazio al lupo. E l’animale non nasconde di certo le zanne. La cronaca pullula di notizie rosso sangue: omicidi, delitti, stupri, assassinii e l’elenco tragico potrebbe proseguire, non senza angoscia.

In particolare, di recente il decesso romano della giovane Desirée ha indignato l’Italia intera. Roma caput mundi. La sedicenne è stata trovata morta nel quartiere di San Lorenzo fra le macerie di un palazzo che, mentre prima gridava vendetta soltanto all’edilizia, oramai reclama giustizia altresì al mondo. Una miscela di farmaci psicotropi ha stordito la ragazza e ha facilitato lo stupro da parte di quattro immigrati irregolari, artefici del cocktail letale e gaudenti della carne indifesa. Il rione è stato visitato da politici e rappresentati delle Istituzioni, i quali hanno promesso cambiamenti e legalità. Frasi fatte, slogan già sentiti. Ripetitivi. Il caso Desirée ha avuto una notevole risonanza mediatica, com’è lecito e giusto che fosse. Tuttavia, negli ultimi mesi altre crudeltà sono passate alle cronache romane, benché con minore eco.

Il 15 settembre una lite fra clochard è finita nel sangue: nel parcheggio di un supermercato in via dei Monti Tiburtini un individuo senza fissa dimora ha sgozzato un altro senza tetto, colpito a morte da un coccio di bottiglia, davanti agli occhi della gente, bambini inclusi. Il 26 ottobre un uomo ha freddato la sua compagna con un colpo di pistola, in via Ardeatina. Boom. Femminicidio. L’assassino, forse per penitenza interiore, ha chiamato la Polizia e ha confessato il reato. E ancora, nei pressi di Roma, il 17 settembre un uomo è stato accoltellato sul lungomare di Ardea. La ferita al petto era profonda, inutili i soccorsi. Il 28 ottobre dalle acque di Santa Marinella è emerso un macabro cadavere, sul quale gli inquirenti stanno indagando per scoprirne l’identità.

Infine, il 27 ottobre a Zagarolo i Carabinieri hanno trovato un uomo immerso in un guazzo di sangue. Il disgraziato aveva chiesto un giaciglio dove dormire all’interno di un casale abbandonato e, a seguito della richiesta inopportuna, è stato massacrato a colpi di spranghe da due cittadini romeni.

Non si tratta di un catalogo degli omicidi e neppure di una ripetitiva pagina di cronaca, bensì è bene riflettere su quanto sovente sia rischiosa la convivenza fra gli uomini, a causa dell’insicurezza, dell’illegalità e del degrado di alcune zone e cittadine di provincia.

Come ridurre l’elevata quantità di delitti? In che modo abbattere lo spaccio?

Le domande potrebbero susseguirsi.

Premesso che non è possibile dare risposte univoche e valide in ogni situazione, nondimeno è plausibile ragionare su taluni spunti. Innanzitutto, è facile discutere, è arduo agire, s’intende. Sicuramente, urge una riqualificazione delle zone colpite dal degrado e in mano alla criminalità, la quale si combatte con una legalità diffusa nelle scuole e fra la gente. È opportuno abbandonare il senso di dimenticanza, l’idea che “domani è un altro giorno”, perché i giorni si susseguono medesimi, se nessuno si adopera a cambiarli.

Sui territori sono necessari interventi risolutivi, sollecitati da una celere burocrazia, che garantisca – ad esempio – permessi a sgomberare l’abusivismo e, soprattutto, a fare in modo che esso non si ripresenti.

Gli uomini e le donne che vivono in periferie esposte al rischio della delinquenza hanno diritto alla sicurezza, tramite assidui controlli e tassativi interventi delle forze dell’ordine, perché la notorietà della malavita non superi quella del loro lavoro onesto.

Inoltre, si discute se l’immigrazione sia un’aggravante al problema della criminalità.

È d’uopo chiarire che chiunque venga condannato per un reato, è considerato colpevole di un comportamento avverso alle regole italiane, indipendentemente dalla sua nazionalità. Osservato ciò, è indispensabile un controllo (altresì locale) dell’immigrazione irregolare, ossia riguardante coloro che non hanno ragione a stabilirsi in Italia, giacché secondo la Legge non fuggono da guerre o da Paesi a rischio sociale.

Esposte alcune – seppur essenziali – ipotesi risolutive da attuare, comunque è appagante pensare che, in una situazione così negativa, non si girano tutti dall’altro lato (quello dell’indifferenza, ovviamente). C’è gente che si ribella, che cerca giustizia o nello Stato o nelle proprie mani; talora la seconda scelta è la conseguenza di uno Stato lontano dalle problematiche collettive. Chi guida i mezzi d’informazione ha il dovere di raccontare la realtà con esattezza e condannare ogni illecito pubblicamente. Allo stesso modo, chi dirige le Istituzioni ha l’obbligo di adempiere al proprio lavoro, mantenere le promesse e assicurare la pace ai cittadini. Ma, in particolare, chi educa le generazioni future deve indiscutibilmente insegnare la verità, spiegare che la giustizia è la chiave della buona convivenza. Perciò, il pensiero è diretto senza distinzioni a educatori, politici, giornalisti di professione, capitani d’informazione, perché con la sincerità e la competenza possano dimostrare che cambiare è possibile. Fortunatamente, tale appello spesso approda in porti sicuri, poiché il coraggio di uomini come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, Grassi non si dimentica con facilità.

Coloro che non hanno paura di denunciare e non si abbandonano all’omertà, sono dei fari in un mondo oscuro, contro una delinquenza che opera tanto alla luce del sole quanto di nascosto. In faccia a tanti che per indifferenza dicono “sì”, c’è anche chi dice “no”.

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