Politica, Sanità, Unione Europa: intervista a Elisa Serafini

L’attuale emergenza sanitaria globale Coronavirus sta mettendo in discussione l’attuale classe dirigente, il tema della sanità e l’Unione Europa. 

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Elisa Serafini, laureata in Economia internazionale, presidente di Forum Economia Innovazione, incubatore noprofit di politiche pubbliche. È stata Assessore al Comune di Genova. Impegnata giornalisticamente sui temi economici, sull’innovazione e sugli affari esteri per il The Post Internazionale e per la Startup Will Media.

Buongiorno Elisa, grazie per questa intervista. Il fenomeno sempre più consistente di scrivere notizie, anche non verificate,  sui social al solo fine di acquisire il maggior numero di like, secondo te contribuisce alla formazione di una coscienza consapevole dei cittadini del proprio ruolo in una democrazia, oppure no? 

Purtroppo la diffusione delle fake news rappresenta un problema enorme per la nostra democrazia. Chi acquisisce informazioni errate su temi che riguardano la politica, la società o la scienza, può effettuare scelte politiche, di comportamento o sanitarie improprie i cui effetti ricadono su tutta la collettività. Anche per questa ragione ho avviato insieme ad un gruppo di volontari, l’iniziativa “Fake Free”, l’impegno che chiediamo agli influencer di sottoscrivere per condividere solo contenuti verificati. 

L’emergenza Coronavirus ha riaperto il dibattito sulla sanità, deve essere pubblica o privata? Il sistema americano, privato per antonomasia, sembrerebbe penalizzare i più deboli. Qual è la tua idea?

Sul sistema americano girano tante informazioni corrette, ma anche un po’ di fake news e molte imprecisioni. Avendo vissuto negli Stati Uniti per un anno ho potuto approfondire di persona questa realtà.
Non tutti lo sanno, ma in USA le persone anziane, i bambini e chi è in condizioni di povertà, non deve pagare un’assicurazione sanitaria, perché può beneficiare di due programmi di sanità pubblica, si chiamano Medicare e Medicaid. Sembra incredibile, ma il Governo americano spende molto di più dell’Italia in Sanità Pubblica in percentuale al Pil. Gli altri cittadini sono coperti da assicurazioni sanitarie acquistate da loro, o dalle loro aziende (più comune), e infine c’è una piccola fetta di cittadini che non rientra nelle categorie, e che sceglie deliberatamente di non assicurarsi, assumendosi il rischio di pagare le spese su necessità. Si tratta di circa il 10% della popolazione.  Non ritengo che il sistema americano sia perfetto, però non è nemmeno così “crudele” come viene raccontato.
Credo che un ottimo compromesso possa essere trovato nel sistema Bismarck (Francia, Germania, Giappone), dove lo Stato non è coinvolto né come finanziatore né come proprietario delle strutture sanitarie ma riveste il ruolo di regolatore del sistema, oppure nel modello dell’assicurazione sanitaria nazionale (Taiwan, Sud Corea), dove lo Stato si fa garante della salute attraverso un fondo nazionale, ma i servizi sono per la maggior parte erogati da privati. 

In Italia, in particolare si discute se sia giusto mantenere la competenza sanitaria ancora alle regioni. Tu che ne pensi?

Ad oggi rimango a favore della competenza regionale della Sanità, per una questione di gestione del rischio. Se una Regione amministra male la sanità, un cittadino può spostarsi in un’altra dove questa offre servizi migliori. Se invece la sanità fosse amministrata in modo scadente dallo Stato, il cittadino non avrebbe altra scelta che l’accontentarsi di una sanità pubblica scadente, o di rivolgersi al privato. Pensate a quante persone si spostano in Italia per le cure sanitarie: significa che in alcune regioni o città trovano servizi migliori o più adeguati alle loro esigenze. Sono però a favore di una riforma sul rapporto sanità- politica: trovo inaccettabile che sia l’Assessore regionale a scegliere i più alti gradi degli ospedali, che scelgono a loro volta i primari. La politicizzazione della sanità è un errore che costa in qualità e in risorse. Purtroppo proposte di questo tipo sono molto isolate in politica, anche se qualche esponente coraggioso prova a portarle avanti.

Secondo te, quale sistema sanitario risponde meglio alle emergenze come quella che stiamo vivendo? 

Più che una questione di quale tipo di sistema sanitario risponde meglio, si tratta, credo, di considerare quali misure prendere e in quali tempistiche.

Taiwan e Sud Corea hanno subito istituito Centri di coordinamento per spegnere l’epidemia sul nascere, tracciando gli spostamenti delle persone contagiate e di quelle a rischio, e sono riuscite, per adesso, a restare immuni alle ondate di contagio che vediamo nel resto del mondo, evitando il lockdown di macroaree territoriali. Si può ragionare sui diritti di libertà del tracciamento ad personam, ma credo che sia un prezzo da pagare per non rinunciare a libertà che forme di lockdown su scala generale avrebbero compromesso.

In Italia il dibattito sul ruolo dell’Unione Europea è sempre più acceso, tu cosa pensi del Mes e della proposta del Governo Italiano di istituire gli eurobond, considerando che si tratta in realtà di una vecchia proposta avanzata nel 2011 dall’Ex Presidente della Commissione UE Barroso?

Sono a favore dell’utilizzo dei prestiti MES sia per ragioni economiche con condizioni, che sarebbero necessarie per risollevare le sorti del Paese, sia senza condizioni per le spese sanitarie.

Gli Eurobond sarebbero possibili solo se istituissimo un bilancio federale, rinunciando a una parte di sovranismo finanziario, cedendo all’Europa la possibilità di riscuotere alcune tasse federali. Stanno emergendo anche alcune soluzioni intermedie. L’importante è trovare la strada corretta. 

Qualcuno accenna anche alla nascita all’interno dell’UE una federazione di stati meridionali (Italia, Francia, Spagna e Portogallo), tu pensi che sia realizzabile?

Io credo che le differenze tra i Paesi in Europa non siano tra nord e sud, ma tra paesi molto indebitati (come il nostro) e poco indebitati, come Germania, Olanda, Finlandia ecc.. In quest’ottica credo che l’Italia avrebbe da guadagnare in una federazione di tutti gli stati europei, con le nostre differenze potremmo davvero beneficiarne tutti. Ogni risparmio sulla spesa pubblica è un vantaggio per i cittadini: i soldi non sprecati possono essere utilizzati in servizi per tutti noi. 

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