Erdoğan decide di ripresentarsi per il progetto militare UE. Cosa deciderà l’Unione?

Vi ricordate la visita della Von Der Leyer e del presidente del Consiglio Europeo Michel ad Ankara? Ebbene quel giorno, oltre allo scandalo della sedia mancata per la tedesca, si è affrontato il discorso di un possibile rientro della Turchia nelle trattative con l’Ue per il progetto militare. L’obiettivo di Ankara è quello di riprendere i rapporti con Bruxelles che, ultimamente, vacillano a causa delle prese di posizione dello stato turco su democrazia e diritti umani. Fatale è stata soprattutto l’uscita dalla Convenzione contro la violenza sulle donne. 

Al centro del colloquio avuto con i rappresentanti dell’Ue le migrazioni, lotte di conquiste sul Mediterraneo orientale, i rapporti commerciali con altri stati – europei e non – e i diritti. Questioni che, in realtà, esistono già da molto tempo, soprattutto le pretese egemoniche sui territori di Cipro e Grecia. Non è cosa nascosta che la Turchia ambisce da sempre ai giacimenti di gas naturale nelle acque dell’isola di Afrodite. Prese di posizioni che coinvolgono anche l’Italia, soprattutto per le ambizioni verso la Libia: Mario Draghi si è trovato ad un face – to – face con il premier greco Kyriakos Mitsotakis durante una visita in Libia, dove quest’ultimo ha spiegato di voler contenere l’invasione turca. In più, Eni è proprietaria al 50% del più grande giacimento di gas offshore egiziano di Zohr

Oltre alle mire espansionistiche di Ankara, l’Ue ha concentrato le sue priorità nel risolvere il conflitto che si era creato nel 2016 per bloccare il flusso migratorio di rifugiati siriani. L’accordo prevedeva che Erdoğan avrebbe aiutato l’Europa per 6 milioni di euro facendosi carico di alcuni rifugiati, ma ha chiesto altri 4 milioni. Bruxelles vuole puntare sulla cooperazione e assistenza dei rifugiati siriani, anche in Giordania e Libano, oltre che continuare a finanziare la Turchia per mantenere l’accordo. Certo, anche lei deve fare il suo, ed ovviamente uscendo dalla Convenzione non può essere presa sul serio in considerazione per la tutela dei diritti delle minoranze. In più, la politica interna che il presidente turco continua a mettere in atto non facilita la questione: sta tentando in tutti i modi di bandire il partito curdo (PKK), arrestando gli oppositori e i contestatori. Dunque, un governo basato su esibizioni di potere, basi militari, diritti marittimi, ampia autonomia nel perseguimento dei propri interessi. 

L’obiettivo di Erdoğan è quella di portare il mondo musulmano sunnita come leadership in Oriente, avviando una campagna di edificazione di moschee in tutto il mondo per offrire protezione ai Fratelli musulmani e sostenere la loro causa. Dunque, il presidente cerca di mantenere aperte tutte le porte di alleanza, sia con il mondo orientale sia con quello occidentale. Da una parte, mantiene i rapporti con la Russia – anche se è la sua acerrima nemica nel lato orientale per le mire espansionistiche nei territori confinanti appartenenti all’antico impero ottomano – per tenere lontano la NATO e gli USA dal Mar Nero. Inoltre, nel 2013 ha dovuto ammettere di non poter fare affidamento sull’alleanza di Washington per non aver punito il regime siriano a causa dell’impiego delle armi chimiche. E il distacco completo da parte di tutto l’Occidente per il fallito colpo di stato subito nel 2016, le cui cause sono ancora sconosciute. Dall’altra parte, fa ancora fede sull’alleanza atlantica del 1945

La richiesta formale e regolare della Turchia, perciò, di partecipare al progetto provoca molto stupore dato che fino all’anno scorso, insieme alla Cina e Russia, è stata esclusa dal programma perché non soddisfava le rigorose condizioni politiche e valoriali dell’Ue, come rapporti di buon vicinato, cooperazione, partenariato, rispetto della sovranità, indipendenza e integrità territoriale. 

Il portavoce olandese del progetto ha fatto sapere che prenderanno in considerazione la candidatura e la valuteranno secondo i criteri indicati; intanto, tra le nazioni extra – Ue sono già presenti Usa, Norvegia, Canada. 

Perché non hanno accettato subito la candidatura? Molti paesi pensano che la sua partecipazione si potrebbe rivelare – come riporta un settimanale tedesco Welt am Sonntag – “un cavallo di Troia”. Sempre secondo il settimanale, però, la collaborazione con Ankara potrebbe portare dei miglioramenti nel rapporto Ue – NATO, ma anche ad una normalizzazione dei rapporti con Cipro e Grecia, quest’ultima facente parte della NATO insieme alla Turchia dal 1952. La soluzione si otterrebbe probabilmente a giugno.    

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