Erdogan e la sedia dello scandalo

Erdogan non lascia la sedia per Ursula Von der Leyen durante il ricevimento nel Palazzo di Ankara. Sbaglio o messaggio subliminale?

Massimo Sgrelli, capo cerimoniale per 15 anni a Palazzo Chigi e ora consulente internazionale per questioni legati a tal protocolli, sull’AGI spiega: “se il capo del cerimoniale si dimetterà o sarà licenziato, allora è il segno che si è trattato di una gaffe, per quanto clamorosa e incomprensibile, e il regime di Erdogan avrà un’occasione per tirarsene fuori. Se, al contrario, resterà al suo posto, sarà il segnale che quello che il presidente turco ha voluto mandare è un messaggio chiaro“. Anche dall’Italia arrivano le indignazioni, come quelle del Premier Draghi: semplici parole le sue, sottili ed affilate come la lama di un coltello, che etichettano Ergogan come “un dittatore”. Dalla cornice, emerge un contesto di opinione pubblica che bolla (giustamente) come sultano totalitario e misogino Erdogan, con l’indignazione del mondo politico europeo. Una locandina, sicuramente molto esplicita, che gira nei meandri di Twitter del gruppo parlamentare ID – Identità e Democrazia in Unione Europea e sul profilo di Marco Zanni, presidente del medesimo in quota Lega – Salvini Premier, mostra perfettamente una situazione che da anni la frangia più estrema del “Mai la Turchia in Europa” segnala.

Questa raffigura un iceberg con all’apice la scritta “lo sgarbo istituzionale della sedia” ed in ordine cronologico spingendosi nelle acque più torbide del ghiacciaio “repressione delle minoranze”, “diritti umani negati”, “guerra ai curdi”, “politica espansionista nel Mediterraneo”, minacce a Cipro e Grecia” e dulcis in fundo “genocidio armeno negato”. Esplicativa, direi.

Invece, sempre dall’opinione del “vox digitale”, emergono foto sempre del cerimoniale nel Palazzo di Ankara ma con il raggio della telecamera più esteso: sembrerebbe ci fosse una quarta persona quasi mai inquadrata nelle foto giornalistiche (che ad oggi sembrano quasi da gossip).

Questa quarta persona, sulla destra, è Mevlüt Çavuşoğlu, Ministro degli affari esteri turco. Çavuşoğlu siede di fronte al Presidente della Commissione Europea Von der Leyen.

La polemica e, in un certo senso, la discolpa nei confronti del sultano di alcuni utenti attivi nella rete rimarcano il fatto che ambedue le figure sono nel posto corretto: in quanto seconde a quelle sulle poltrone principali sotto le bandiere di appartenenza. Per l’Unione Europea Charles Michel, il Presidente del Consiglio Europeo in carica, e per la Turchia Recep Tayyip Erdoğan, il Presidente della Turchia.

Mi permetto di appuntare un piccolo dettaglio di società che prende questa vicenda come esempio per rappresentare il sistema valoriale ed empatico dell’attuale Occidente: il tutto pare estremamente superficiale per rendere questa faccenda prioritaria nelle agende giornalistiche e politiche.

Le questioni che muovono l’opinione pubblica italiana ed europea sono sempre meno pregne di interesse politico e geopolitico: la mancata seduta del Presidente della Commissione Europea non può essere un casus belli per recriminare il regime totalitario di Erdogan. Tutto ciò è di estremo ed efficace interesse comunicativo ma che Erdogan sia un sultano dittatore lo dice la Storia e non una semplice sedia o una cerimonia nel Palazzo di Ankara.

Ricordiamo, per onor del vero, quanti fondi la stessa Unione Europea eroga ad Erdogan per bloccare i flussi migratori che potenzialmente potrebbero riversarsi nel vecchio continente: precisamente 485 milioni nel 2020.

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