Circola finalmente una bozza attendibile delle linee guida stabilite dal MIUR in vista della riapertura delle scuole a settembre. Cosa bolle in pentola? Poco di buono ma, soprattutto, niente di nuovo: la parola chiave del documento è autonomia, ma non è una sorpresa. L’autonomia delle istituzioni scolastiche viene spesso presentata come una risorsa, una possibilità di differenziare, variare e arricchire la scuola statale. Nella pratica, però, spesso diventa una scusa comoda per scaricare responsabilità e patate bollenti sulla testa dei presidi, con la scusa di spronarli a innovare o a valorizzare il legame della scuola col territorio. È così che è andata con la Didattica a Distanza, nonostante i molti proclami trionfalistici degli ultimi mesi. La bozza comprende indicazioni generiche che lasciano a presidi e docenti il compito di scegliere, in molti casi, le misure più opportune da adottare
- La frequenza avverrà su turni, sfruttando il sabato e anche, per la secondaria di II grado, la progettazione di un tempo parziale di didattica a distanza. Anche gli ingressi verranno scaglionati per favorire ulteriormente il distanziamento sociale.
- Le singole scuole potranno stringere un Patto educativo di comunità con le associazioni del territorio (soprattutto con gli enti del terzo settore): in questo modo, gli studenti potranno accedere a spazi esterni o ottenere risorse aggiuntive per le attività pomeridiane. Forme di collaborazione analoghe dovranno essere predisposte con gli enti locali.
- Più stringenti, necessariamente, le misure pensate per la scuola dell’infanzia: ai più piccoli va riservata un’attenzione particolare. Niente giocattoli da casa, ingressi scaglionati e pasto nello stesso ambiente di apprendimento del resto della giornata; in più, sanificazioni frequenti.
- Anche negli altri livelli la mensa è un punto critico. Conclusione: o si mangia su turni o si mangia in classe. No agli assembramenti, per nessun motivo.
- Emerge il bisogno di riformulare e rimodulare i gruppi classe: una classe potrà essere divisa o articolata in maniera diversa dal normale. A leggere le linee guida, non sembra impossibile che ci possano essere anche accorpamenti tra classi diverse. SI parla anche di aggregazione delle discipline di ambito affine. Tutto molto lodevole e innovativo, sul piano accademico; nella pratica, però, è difficile immaginare che tutte le scuole italiane riusciranno ad adottare soluzioni didattiche di questo tipo e a riprogrammare nel concreto tutta l’attività didattica, garantendo a tutti gli studenti lo stesso standard di qualità formativa. Il MIUR suggerisce qualche corso di formazione su didattica innovativa e nuove forme di valutazione, ma non si può pretendere di rivoluzionare la scuola italiana nel corso di un’estate. Ogni innovazione metodologica va introdotta, pensata, insegnata, integrata coerentemente nel sistema, e questo non è possibile senza un dialogo istituzionale continuo, coerente e stabile. E no, un tavolo tecnico permanente non basta.Circola finalmente una bozza attendibile delle linee guida stabilite dal MIUR in vista della riapertura delle scuole a settembre. Cosa bolle in pentola? Poco di buono ma, soprattutto, niente di nuovo: la parola chiave del documento è autonomia, ma non è una sorpresa. L’autonomia delle istituzioni scolastiche viene spesso presentata come una risorsa, una possibilità di differenziare, variare e arricchire la scuola statale. Nella pratica, però, spesso diventa una scusa comoda per scaricare responsabilità e patate bollenti sulla testa dei presidi, con la scusa di spronarli a innovare o a valorizzare il legame della scuola col territorio. È così che è andata con la Didattica a Distanza, nonostante i molti proclami trionfalistici degli ultimi mesi. La bozza comprende indicazioni generiche che lasciano a presidi e docenti il compito di scegliere, in molti casi, le misure più opportune da adottare
- La frequenza avverrà su turni, sfruttando il sabato e anche, per la secondaria di II grado, la progettazione di un tempo parziale di didattica a distanza. Anche gli ingressi verranno scaglionati per favorire ulteriormente il distanziamento sociale.
- Le singole scuole potranno stringere un Patto educativo di comunità con le associazioni del territorio (soprattutto con gli enti del terzo settore): in questo modo, gli studenti potranno accedere a spazi esterni o ottenere risorse aggiuntive per le attività pomeridiane. Forme di collaborazione analoghe dovranno essere predisposte con gli enti locali.
- Più stringenti, necessariamente, le misure pensate per la scuola dell’infanzia: ai più piccoli va riservata un’attenzione particolare. Niente giocattoli da casa, ingressi scaglionati e pasto nello stesso ambiente di apprendimento del resto della giornata; in più, sanificazioni frequenti.
- Anche negli altri livelli la mensa è un punto critico. Conclusione: o si mangia su turni o si mangia in classe. No agli assembramenti, per nessun motivo.
- Emerge il bisogno di riformulare e rimodulare i gruppi classe: una classe potrà essere divisa o articolata in maniera diversa dal normale. A leggere le linee guida, non sembra impossibile che ci possano essere anche accorpamenti tra classi diverse. SI parla anche di aggregazione delle discipline di ambito affine. Tutto molto lodevole e innovativo, sul piano accademico; nella pratica, però, è difficile immaginare che tutte le scuole italiane riusciranno ad adottare soluzioni didattiche di questo tipo e a riprogrammare nel concreto tutta l’attività didattica, garantendo a tutti gli studenti lo stesso standard di qualità formativa. Il MIUR suggerisce qualche corso di formazione su didattica innovativa e nuove forme di valutazione, ma non si può pretendere di rivoluzionare la scuola italiana nel corso di un’estate. Ogni innovazione metodologica va introdotta, pensata, insegnata, integrata coerentemente nel sistema, e questo non è possibile senza un dialogo istituzionale continuo, coerente e stabile. E no, un tavolo tecnico permanente non basta.