I politici italiani soffrono di eco-ansia?

In partnership con Pillole di Politica

Stando a quanto riportato nei programmi elettorali in vista delle elezioni del 25 settembre, sembra proprio di no. Il filosofo ambientale Glenn Albrecht definisce l’eco-ansia come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare”. Negli ultimi dieci anni la “questione ambientale” ha preso sempre più spazio all’interno delle logiche etico-comportamentali dei singoli individui.

Nel 2021 “The Lancet” ha pubblicato i risultati di un’indagine effettuata su un campione di 10mila ragazze e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni provenienti da 10 diversi paesi.

Rielaborazione excel su indagine effettuata da The Lancet.

Quasi il 60% dei giovani afferma di sentirsi estremamente o molto preoccupato dal cambiamento climatico. Sempre la stessa indagine mostra come quasi metà dei partecipanti afferma che i cambiamenti climatici hanno avuto un impatto sulla propria vita quotidiana e più di due terzi del campione sono d’accordo sull’affermazione che i governi stanno deludendo i giovani in merito alle politiche ambientali e di lotta al cambiamento climatico.

 In Europa di politica ambientale se ne parla sin dagli anni ’70, ma solo recentemente è stata posta come fulcro della strategia di crescita economica, varando il Green Deal europeo e indirizzando buona parte delle risorse del Next Generation EU nella c.d. “rivoluzione verde”.

Tuttavia, per tale politica, il campo di azione in ambito europeo è limitato al principio di sussidiarietà (principio tale per cui l’Unione Europea non interviene, a meno che la sua azione non sia considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale, regionale o locale) per quanto riguarda la scelta delle fonti di energia e la struttura dell’approvvigionamento energetico. Essendo quest’ultime competenze assolutamente rilevanti nella definizione del quadro strategico di azione di un governo, andiamo ad osservare i programmi elettorali delle principali forze politiche in corsa per le elezioni del 25 settembre.

Il Partito Democratico propone un piano nazionale per la costruzione di nuovi parchi rinnovabili senza spiegare come raggiungere l’obbiettivo di neutralità climatica e di indipendenza energetica, mentre, con riguardo alla politica ambientale afferma che “Il 25 settembre potrai decidere se stare dalla parte dell’ambiente, come facciamo noi con convinzione, o se sostenere forze politiche che ritengono di poter lasciare ai nostri figli la soluzione del problema”; una sorta di io farò meglio degli altri, quindi vota me.

Il centrodestra, nell’accordo quadro stipulato, elabora un elenco puntato di azioni che sembrerebbero scontate ai più, del tipo: “transizione energetica sostenibile”, “aumento della produzione dell’energia rinnovabile”, “promozione dell’efficientamento energetico”, o ancora “incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico e promuovere e favorire politiche di mobilità urbana sostenibile”. Il come resta un segreto da svelare solo dopo le elezioni.

Il Movimento 5 Stelle parla di sburocratizzazione per il rinnovabile e rilancio del superbonus, ma anche qui abbiamo lo stesso denominatore comune: come rispettiamo gli obiettivi fissati in sede europea?

Europa Verde, partito dichiaratamente europeista ed ambientalista, richiama continuamente i principi e gli obiettivi della politica ambientale europea, denuncia il mal governo sulle politiche legate alla transizione ecologica, ma anche qui non si evince una strategia di azione volta a risolvere l’annosa questione.

Gli slogan sono importanti, permettono di identificarci in un ideale, ma tale ideale, se non accompagnato da proposte concrete, rischia di spegnersi prima ancora di nascere. L’ansia nel frattempo la accumuliamo noi giovani e le generazioni che verranno, vittime di una classe politica che, a tal riguardo, deve fare ancora tanta strada.

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