Il dott. Frankestein del market politico contemporaneo

Nelle scorse settimane, prima dell’inchiesta di Fanpage che sembra, almeno superficialmente aver affossato il cdx, un’altra bomba si preannunciava come epifania della catastrofe. Luca Morisi, dopo una perquisizione da parte delle forze dell’ordine presso la sua abitazione di Belfiore (Verona), viene trovato in possesso di circa 2 gr di cocaina, inoltre su di lui cadono le accuse (poi smentite) di due ragazzi di nazionalità romena.

Per chi nei social è poco navigato, il nome in questione, almeno fino a qualche settimana fa, non avrebbe detto molto. Morisi è l’ideatore e “capitano” di quella macchina che ha preso il nome di “bestia” ovvero quella struttura che si occupa della campagna elettorale di Matteo Salvini e che permette ad esso di rimanere perennemente a galla nella pozzanghera dell’internet.

La macchina delle comunicazioni messa in campo dal Morisi, che fra le altre cose è anche professore di informatica filosofica, ha permesso al Carroccio e al suo leader (sempre più instabile nelle manovre interne al partito) di portarsi nel giro di sei anni, dal 5% del 2013 al 34% del 2019. Un risultato straordinario i cui complici sono tutt’altro che ignoti. La macchina di cui discutiamo che ha fatto del pensiero collettivo e massificato il suo punto di forza, che ha saputo sfruttare le scorciatoie che il web offriva meglio di chiunque altro, facendo leva sui sentimenti popolari più gretti e viscerali, istituzionalizzando l’hate speech, deve parte del suo successo alla sfiducia che i partiti hanno donato ai cittadini. Non più politica, ma politicanti senza linguaggio e senza progetti, questa era l’accusa che già prima dell’avvento della “bestia” si faceva ai partiti al comando e come nei peggiori Z-movie la sorpresa è dietro l’angolo.

I primi complici dell’involuzione della politica, almeno – e questo è bene ricordarlo – nella questione che concerne la comunicazione sono stati quelli del Vaffaday. I pentastellati, capaci di mirabolanti giravolte, hanno aperto, consapevolmente o meno, la strada ad una comunicazione fatta d’odio e che non conosce i confini – o che li conosce troppo bene e per questo esagera – fra ciò che è simbolico e ciò che è di cattivo gusto o cattiveria.

Fermo restando che si è innocenti fino a prova contraria e fino a quando non è emesso l’ultimo grado di giudizio, non ci si può, a ben vedere, sorprendere per l’enorme macchina del fango messa in piedi dai partiti e dai giornali rivali nei confronti di Morisi, anche con uno sguardo retroattivo e superficiale si può comprendere come si sono mossi gli scandali di questo tipo negli ultimi vent’anni e come hanno agito e reagito le parti chiamate in causa. È forse giusto tutto questo? Certo che no. Ma nella politica così come nell’ultimo paesino di provincia ciò che fa più gola è la malalingua ed è essa che infiamma e che spesso, purtroppo, manda avanti un certo tipo di dibattito.

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