Il nodo scuola si stringe: superati i 30.000 contagi al giorno, con un nuovo lockdown all’orizzonte

Roberto Speranza insiste sul bisogno di chiudere le scuole. Lucia Azzolina, di rimando, resiste e continua a sostenere che le scuole sono sicure

Il ritornello va avanti ormai da un po’ e la sostanza non cambia, anche ora che la scuola superiore è in didattica digitale integrata al 75 per cento: significa che i ragazzi trascorrono a scuola solo un quarto del loro orario curricolare. Per il resto del tempo, seguono le lezioni online.

A questo proposito, si inaspriscono ulteriormente i rapporti tra i docenti e viale Trastevere: stavolta la pietra dello scandalo è la circolare 1934 del 26 ottobre, emessa dal dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione e firmata dal capo dipartimento, il dottor Marco Bruschi.

A prima vista, il documento non dice niente di veramente nuovo per le orecchie dei docenti; sembra dettata del buonsenso la decisione di far lavorare da casa chi è in quarantena, ma senza sintomi. Si fa riferimento al comodato d’uso, al fatto che i docenti (di ruolo, of course) possono comprare device e quant’altro con la Carta del Docente.

Ciò che ha fatto scatenare quasi tutte le organizzazioni sindacali e diversi dirigenti scolastici è la pretesa che i docenti lavorino in didattica digitale integrata, obbligatoriamente, all’interno della struttura scolastica. Il motivo? Per i docenti, pare, non esiste la possibilità del lavoro agile.

Mentre tutti si chiedono come mai questa incompatibilità non sia uscita fuori a marzo, emergono i problemi concreti delle scuole italiane, che solo in pochi casi fortunati hanno connessioni in grado di tollerare un elevato numero di device connessi e funzionanti. Il risultato, spesso, è che il docente è costretto a usare un hotspot personale oppure a registrare la lezione per inviarla in seguito. Lavorerebbe meglio da casa? Certamente, con una connessione personale e con un numero minore di device connessi. In che modo questa decisione, esattamente, tutela il diritto allo studio? Sulla carta, forse. È bene ragionare su questo, soprattutto perché c’è chi preme per chiusure totali, che coinvolgano anche i gradi inferiori del sistema di istruzione. Siamo in ritardo su tutto, perfino sulla pianificazione legale di una forma di lavoro che non si può improvvisare e di cui potremo aver bisogno molto presto.

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