Il partito dei governatori

Le elezioni regionali hanno messo in luce la riconferma degli ex governatori, premiati in quattro su sette regioni in concorso: Zaia, Toti, Emiliano e De Luca sono stati rieletti presidenti. Il popolo ha premiato il buongoverno, la discreta gestione del virus e ha deciso di proseguire così come aveva iniziato cinque anni fa. I governatori uscenti hanno trionfato soprattutto grazie alle liste personali, alleate ma diverse da quelle dei loro partiti, a testimonianza del fatto che talvolta il leader viene preferito alla fede politica.

Più specificamente, Zaia ha ottenuto un plebiscito: con il 76,6%* ha scansato lo sfidante Lorenzoni di ben 60 punti. Ciò che colpisce è il rapporto tra i voti dati alla lista del presidente e quella della Lega: un divario di quasi 30 punti, “Liga veneta” più che doppiata. Ecco che la leadership di Zaia, espressione di disciplina e istituzionalità governativa, si fa prepotente all’interno del Carroccio; Salvini è uscito abbastanza ferito dall’urna, nonostante il 40%* della Ceccardi nella rossissima Toscana, e il peso elettorale del governatore veneto potrebbe pesare sulle spalle dell’attuale frontman leghista.

L’altro riconfermato, proveniente anch’esso dalla coalizione di Centrodestra, è Toti, il quale col 55.5%* è avanti al collega giornalista Sansa, stabile al 38%*. Il voto in Liguria era una prova significativa, poiché il dramma del ponte Morandi ancora soffoca gli animi dei genovesi e la gestione del coronavirus, in verità, ha mostrato alcune falle nel sistema politico-sanitario. Tuttavia, il regime di straordinarietà in cui si è operato per ricostruire il viadotto in tempi celeri ha convinto gran parte dell’elettorato, inconsapevole, forse, che difficilmente un cantiere potrà essere concluso in tal modo in futuro, però deciso a gratificare il presidente Toti.

La battaglia più critica, invece, è stata giocata in Puglia: i dati forniti nel primo pomeriggio di ieri davano i due sfidanti, Emiliano e Fitto, staticamente testa a testa. Ma le successive proiezioni hanno chiarito la situazione, contrariamente ai sondaggi: Emiliano ha tenuto lo sfidante a distanza di circa 5 punti per tutto il tempo. Qui il M5S ha deciso di correre da solo, così come Italia Viva, la quale ha subito una disfatta clamorosa (Scalfarotto 2.4%*). Renzi, nella speranza di poter tessere i fili del gioco, ha finito per intrappolarsi nel vortice delle urne, sballottato in un turbine senza dignitosa uscita.

Infine, in Campania lo sceriffo De Luca ha mantenuto la promessa della vittoria. Evidentemente, i campani hanno distinto lo showman dal bravo amministratore: l’egocentrico presidente, che durante il lockdown ha fatto sorridere l’Italia e intimorito i trasgressori, ha aiutato la consolidazione del politico capace, il quale ha amministrato ottimamente la città di Salerno da sindaco, comportandosi al meglio nell’emergenza rifiuti, e ha adoperato severità nel gestire la pandemia. Un po’ dr. Jekyll, un po’ Mr. Hyde, col al 64.7%* dei voti ha triplicato il forzista Caldoro. Tale risultato è stato ottenuto grazie all’appoggio di 15 liste, fra le quali figura “De Luca Presidente”, che ha totalizzato il 13.7%*, seconda solo al PD col 17.8%*.

Insomma, nell’incertezza prematura dei risultati, che parallelamente agli scrutini si sono dimostrati in controtendenza rispetto ad alcune previsioni, gli elettori hanno preferito lasciare la cosa pubblica in mano a chi l’ha già avuta. Il rischio di una seconda ondata, la paura della recessione economica e la fumosità delle alleanze fra i partiti hanno contribuito a far sì che il popolo ridesse un’opportunità ai suoi governatori. Ora, esauritasi l’ansia da prestazione, i partiti di governo tornano sotto i riflettori: la partita in Italia è pari, duplice fischio; in Europa, invece, siamo solo ai primi minuti di un lungo derby.

* dati aggiornati a ieri sera

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