Il Patent Box a sostegno dell’innovazione. Cronaca di un errore del Governo Draghi e formulazione di una proposta al Governo Meloni

A cura degli avvocati Alberto Improda e Francesco Rizzo

Il Governo Draghi, che bene ha operato sotto numerosi punti di vista, non ha di certo brillato in materia di Innovazione.

La scarsa efficacia dell’azione del Governo guidato dall’ex Presidente della BCE, con tutta probabilità, è stata dovuta ad un approccio al tema di stampo eccessivamente accademico, rispondente forse ad alcuni dettami scientifici ma gravemente slegata dalla realtà del Paese.

Un errore particolarmente grave è stato la soppressione del Patent Box originale, uno strumento di sostegno all’Innovazione che stava funzionando ottimamente, supportando in modo importante una platea ampia di aziende particolarmente meritevoli.

Questo nostro breve intervento è finalizzato a ricostruire in sintesi l’accaduto e a formulare una proposta per porre rimedio all’inciampo.

Circa un anno fa, dunque, il Governo Draghi e il Parlamento della XVIII Legislatura varavano una riforma sbagliata e dannosa.

Con il Decreto Legge 21 ottobre 2016, n. 146, il cosiddetto Decreto Fiscale, veniva infatti “semplificata” la disciplina del Patent Box.

Il Legislatore, in realtà, metteva in atto una vera e propria soppressione di una delle misure di agevolazione fiscale di maggior successo e utilità degli ultimi anni.

Mentre il vecchio Patent Box prevedeva una detassazione degli utili derivanti dall’utilizzo del patrimonio intangibile aziendale, infatti, la nuova disciplina garantiva una maggior deduzione dei costi connessi allo sviluppo dello stesso patrimonio.

Si trattava dunque non di una Semplificazione dell’istituto, ma di una sua irragionevole trasformazione: si passava dal Patent Box originale, che premiava numerose Aziende, caratterizzate da un’alta marginalità grazie all’uso di beni intangibili, al Patent Box riformato, che premiava e premia pochi grandi Gruppi, dotati di maggiori capacità di spesa.

Gli Autori di questo articolo si erano adoperati in ogni sede, già a partire dalla circolazione delle primissime bozze del Decreto Fiscale, per segnalare che, con la nuova normativa, ad essere danneggiate sarebbero state (come poi è effettivamente accaduto) quelle piccole e medie imprese di successo, campionesse del Made in Italy (le c.d. Multinazionali Tascabili o anche Imprese Innovazionali), nonché le Start-Up innovative con grande capacità inventiva, caratterizzate da costi relativi ma tanta efficienza e qualità, in favore dei grandi gruppi multinazionali.

La normativa del nuovo Patent Box venne in effetti modificata, in occasione della Legge di Bilancio per il 2022, ma paradossalmente in senso peggiorativo.

Dall’ambito di operatività dell’istituto vennero infatti espunti due beni intangibili inizialmente inclusi: il Marchio e il Know-How.

Se per il primo la decisione era una diretta conseguenza delle direttive OCSE, per il secondo la decisione ha rappresentato un autentico abbaglio, un colpo ferale alla competitività di larga parte delle aziende italiane, ricche di conoscenze e competenze ma tradizionalmente non molto dedite al deposito brevettuale, anche per la specifica collocazione a metà della catena della produzione di valore e di beni.

Il risultato finale dell’operazione era la sostituzione di una misura di sostegno all’Innovazione che stava funzionando egregiamente, spingendo la competitività di un ampio numero delle nostre Aziende più meritevoli, con una nuova misura che forniva un aiuto meno significativo ad un ristretto numero di Gruppi, addirittura escludendo dal suo oggetto il Know How, vale a dire il bene intangibile di gran lunga più diffuso e importante nell’ambito del tessuto produttivo italiano.

Questa vicenda, a nostro giudizio, ha testimoniato – a prescindere dalle specifiche opinioni sulle questioni tecniche – un grave distacco tra i Decisori Politici e Istituzionali e la realtà del Paese.

L’impostazione del nuovo Patent Box implica una scarsa conoscenza del vivo tessuto imprenditoriale italiano, composto in larga parte da straordinarie PMI Innovative, o Multinazionali Tascabili o Imprese Innovazionali che dir si voglia, a fronte della presenza di pochi gruppi multinazionali.

L’attuale conformazione della disciplina del Patent Box conferma inoltre un’idea imprecisa della struttura e del funzionamento della stragrande maggioranza delle nostre Aziende, ricche di Beni Intangibili e con un forte Patrimonio Conoscitivo, ma costituito in larga parte proprio dal cespite che si è inteso escludere dal novero dei beni agevolabili: il Know-How.

Oggi, nell’interesse del Sistema Paese, ci appelliamo al Governo Meloni ed al Parlamento della XIX Legislatura, affinchè si ponga rimedio all’errore in esame.

Il Patent Box, operativamente, si è rivelato uno strumento di straordinaria utilità per una larga platea delle nostre Aziende, che nel momento in cui è stato snaturato stava funzionando in modo molto efficace.

La nostra proposta, per fare in modo che le Imprese italiane possano competere con successo sui mercati nazionali ed internazionali, senza subire penalizzazioni nei confronti della concorrenza estera, è dunque la seguente:

  • l’introduzione, in primo luogo, di un regime di alternatività tra il Patent Box originale ed il Patent Box riformato, con vincolo di adesione all’uno o all’altro per un periodo di cinque anni;
  • l’inserimento del Know-How, in secondo luogo, tra i beni intangibili valorizzabili nel Patent Box riformato, con una premialità quantitativa per gli investimenti incrementali effettuati in termini di innovazione.

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