Inchiostro e caffè: “ll club delle baby sitter”

Affidereste un bambino di cinque anni a vostra cugina, splendida dodicenne? So di scatenare guerre generazionali ponendo questa domanda. Posso quasi sentire sbuffare le nonne italiane che hanno saputo farsi carico di un numero variabile di fratellini e sorelline. E posso sentire le mamme italiane che guardano le figlie preadolescenti e non si sentono di affidare loro nemmeno una piantina grassa (e se la preadolescente fossi io, non avrebbero torto).

Verso la fine degli anni ‘80, negli Stati Uniti, Ann Matthew Martin si è inventata un universo in cui le dodicenni possono essere ottime e mature baby sitter. Cosa più incredibile, questo universo funzionava. Cosa ancora più incredibile, i libri basati su questo universo hanno venduto tantissimo. 

Tutto comincia nella cittadina di Stoneybrook: Kristy Thomas mangia una fetta di pizza all’ora di cena e osserva sua madre chiamare tutte le baby sitter referenziate che conosce per trovare qualcuno che badi al piccolo David Michael. Prima che la fetta di pizza sia finita, la ragazzina (senza dubbio un’imprenditrice potenziale) si rende conto di quanto comodo sarebbe poter contattare un numero consistente di baby sitter con una sola telefonata. Si rivolge a un paio di amiche e a una nuova compagna di scuola: insieme, fondano il Club delle Baby Sitter. 

Le ragazze sono tutte incredibilmente realistiche per molti aspetti, ma sembrano più mature della loro età: quando lavorano con i bambini, sanno come comportarsi e che strategie seguire per accudire i piccoli e far divertire in modo sano i più grandicelli. Sanno organizzare grandi eventi (come gite al Luna Park o mini campi estivi); in un paio di occasioni, lavorano con bambini diversamente abili e se la cavano alla grande. Tutto il contesto che le circonda è sano, positivo, educativo e propositivo, anche se non ci sono famiglie del Mulino Bianco e ognuna ha le sue difficoltà: Kristy assiste al secondo matrimonio della madre, Dawn e Stacy sperimentano il divorzio dei genitori; Mary Anne è figlia unica di un vedovo rigido, Claudia sente di dover competere con una sorella perfetta.

Perché hanno avuto successo? A noi ragazzine piaceva immaginare la camera di Claudia, sede del Club, con le ragazze intente a telefonare e a mangiare merendine. Ci piaceva l’idea di gruppo. Ci sentivamo stimolate dall’intraprendenza, e non importava che nessuno ci affidasse davvero dei bambini. Si poteva sempre sognare… o provare a studiare per lavorare davvero con i bambini, perché no?

Perché rileggere i libri della serie? Perché sono educativi, scorrevoli, ben scritti. Soprattutto, rileggeteli se avete in casa delle ragazzine. Attiratele anche con la notizia che le storie del Club diventeranno preso una serie su Netflix. Chissà, magari le fanciulle si lasceranno incuriosire da quelle copertine colorate e controlleranno se ci sono ancora gli adesivi per le unghie alla fine del volume…

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