InnovAzione: il caso Cap_Able, Proprietà Intellettuale per i Diritti

In partnership con lo Studio Legale Improda – avvocati associati

L’Innovazione oggi è fortemente collegata sia al Paradigma della Sostenibilità, che ne indirizza ineluttabilmente le attività, sia agli strumenti della Proprietà Intellettuale, che ne tutelano e valorizzano i risultati.

Vogliamo qui prendere in considerazione, per celebrare la Giornata Mondiale della Proprietà Intellettuale, un caso d’impresa particolarmente interessante, che vede l’Innovazione a supporto della difesa dei Diritti, operando così sul versante della Sostenibilità Sociale.

Nel campo dei Diritti un tema di forte attualità è dato dalla tutela della Privacy e dei Dati Biometrici, questione a volte erroneamente sottovalutata, sebbene ci riguardi sostanzialmente tutti.

Diversi studi attestano che le tecnologie di riconoscimento facciale possono essere talvolta imprecise, rischiando così di produrre risultati ingiusti ed effetti discriminatori.

Allo stato, secondo più fonti, la quantità di dati disponibili non è sufficiente a scongiurare il pericolo di errori nel loro funzionamento ed il conseguente rischio di false identificazioni.

La nostra immagine facciale appartiene alla categoria dei dati biometrici allo stesso modo delle impronte digitali e del Dna: le persone dovrebbero essere in grado di dare un esplicito consenso al loro trattamento.

Questo però è chiaramente impossibile, in quanto detto consenso dovrebbe essere prestato ad ogni accesso presso spazi pubblici nei quali viene utilizzata la sorveglianza tramite riconoscimento facciale.

Una giovane azienda italiana, Cap_Able, affronta il problema partendo da Moda e Design, combinandoli in modo virtuoso con Etica e Tecnologia.

Il progetto d’impresa in esame, in effetti, nasce su un ideale ponte tra Italia e USA.

L’idea di Cap_Able nasce infatti nel 2019 a New York, dove Rachele Didero, Fondatrice e CEO dell’azienda, si trova per un periodo di studi al Fashion Institute of Technology, scoprendo il potenziale della combinazione tra computer science e textile: qui scatta l’intuizione di realizzare capi in grado di contrastare il riconoscimento facciale, intrecciando moda, ingegneria e diritti umani.

La giovane imprenditrice, insieme al Politecnico di Milano, così elabora e deposita il Brevetto “Adversarial Knitted Textile”, un metodo per tessere in maglia le immagini elaborate da un algoritmo avversario, capace di ingannare i sistemi di rilevamento in tempo reale.

Indossando un capo Cap_Able, nel quale è tessuta un’immagine avversaria, si proteggono i dati biometrici del viso, facendo in modo che non possano essere rilevati dai sistemi di riconoscimento, oppure che vengano associati a una categoria errata come “animale” invece che “persona”.

L’innovazione tecnologica dell’azienda consiste in un meccanismo che consente di trasporre su un tessuto in maglia delle immagini, le cosiddette “adversarial patches”, in grado di fuorviare le apparecchiature di rilevazione.

Le adversarial patches in passato potevano soltanto essere stampate: la soluzione brevettata da Cap_Able permette di incorporare l’algoritmo nella texture, in modo da garantire una perfetta vestibilità dei capi senza perderne l’efficacia distorsiva.

I capi, realizzati in tessuti privi di sostanze chimiche pericolose e provenienti da filiere italiane, nonché rispettosi della Better Cotton Initiative, sono stati testati con Yolo, il più comune e veloce sistema di rilevamento di oggetti in tempo reale.

Le persone che indossano questi prodotti, in buona sostanza, non sono riconosciute come tali dal software, che invece individua all’interno del tessuto cani, zebre, giraffe o immagini incomprensibili.

La filosofia alla base del progetto d’impresa viaggia su un doppio binario: da un lato, ogni capo realizzato dall’azienda rappresenta anche uno scudo per proteggere la propria privacy e opporsi ad un riconoscimento biometrico non autorizzato; dall’altro, ogni prodotto costituisce anche un manifesto per promuovere il dibattito sulla protezione dall’uso improprio delle telecamere di riconoscimento facciale.

Significative, al riguardo, sono le parole di Rachele Didero: “Scegliere cosa indossare è il primo atto di comunicazione che compiamo, ogni giorno. Una scelta che può farsi veicolo dei nostri valori, diritti umani inclusi. In un mondo in cui i dati sono la più grande risorsa economica, Cap_able affronta la questione della privacy, aprendo la discussione sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere di riconoscimento biometrico: un problema che è diventato sempre più presente nella nostra vita quotidiana, coinvolgendo cittadini di tutto il mondo e che, se trascurato, potrebbe congelare i diritti dell’individuo tra cui la libertà di espressione, di associazione e di libero movimento negli spazi pubblici”.

Il Design, nell’attività di Cap_Able, dispiega le proprie funzioni in modo particolarmente ampio e completo.

In primo luogo, infatti, il Design svolge un ruolo fondamentale dal punto di vista tecnico, risultando uno strumento cruciale per ottenere i risultati distorsivi sopra ricordati.

In secondo luogo, il Design ricopre anche le sue funzioni più canoniche e tradizionali, per la progettazione di prodotti gradevoli ed in grado di intercettare il gusto dei consumatori.

Ha detto Rachele Didero: “L’obiettivo non è soltanto fare un’immagine che funzioni ma è fare un’immagine che sia bella esteticamente. Il bello di questo progetto è unire due discipline molto diverse che normalmente non si parlano; bisogna essere bravi su entrambe le parti, ovviamente l’una non esiste senza l’altra: puoi avere un’immagine digitale che lavora molto bene e che però, nel momento in cui la trasformi in un tessuto, potrebbe venire fuori molto brutto o sbagliato; alla fine la nostra mission è che le persone lo devono indossare questo indumento”.

Innovazione e Sostenibilità, Invenzione e Design, Estetica e Diritti: davvero il caso Cap_Able ci consente di celebrare in modo pieno e alto la Giornata Mondiale della Proprietà Intellettuale.

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