Jonathan Galindo: la nuova challenge online che mette in pericolo i nostri ragazzi

Torna il terrore delle challenge online mortali dopo la Blue Whale e la Momo Challenge

Oggi i social network sono un ottimo modo di comunicare e di unire realtà, geografiche e non, molto diverse tra loro.

Per lavoro o per puro intrattenimento, questi strumenti online diventano sempre più indispensabili tanto da essere diventati ormai una costante quotidiana per tutta la popolazione mondiale.

Eppure anche qui abbiamo un rovescio della medaglia. Seppur permettono di fare molte cose utili, facilitando la vita di ogni singolo utente che ne faccia uso, i social network sono anche molto pericolosi, specie per bambini ed adolescenti che incappano in situazioni così spiacevoli da portarli a mettere a rischio la propria salute.

Oltre al bullismo online, molto presente oggigiorno, è necessario avere un occhio di riguardo anche verso delle challenge (che, ricordiamo, sono delle gare ad esclusione che prevedono prove messe in atto dai partecipanti con lo scopo di designare un solo vincitore) che circolano nel mondo interattivo.

Negli ultimi tre anni soprattutto, oltre ad alcune molto divertenti in cui i partecipanti si destreggiano in balletti (come la Kiki Challenge) o altrettante prove simpatiche, come rovesciarsi un secchio di ghiaccio addosso (Ice Bucket Challenge), c’è stato il boom di sfide virali dietro le quali si nascondono persone, perlopiù adulte, che adescano ragazzini tra gli 8 e i 16 anni tramite i social, “iscrivendoli” a loro insaputa in veri e propri giochi della morte.

Si tratta di veri e propri lavaggi del cervello nei quali i ragazzi coinvolti devono affrontare prove terribili e che, nella peggiore delle ipotesi, portano al suicidio della vittima.

Gli adescatori usano termini e modalità con le quali terrorizzare i partecipanti, inducendoli così a mettere in atto ciò che loro chiedono: incidersi la pelle con strumenti appuntiti, scattarsi selfie in situazioni estremamente pericolose, guardare film horror ad orari assurdi, uccidere animali in modo atroce e altrettante azioni capaci di scuotere la psiche delle persone chiamate a partecipare a queste sfide.

Dopo la Blue Whale Challenge, ideata da uno studente di psicologia nel 2016 e che solo in Russia ha ucciso più di 80 bambini, e la Momo Challenge, diventata virale nel 2019, oggi c’è un altro gioco online che mette in allarme tutti, soprattutto i genitori, e che è giunta fino in Italia.

È di pochi giorni fa la notizia del suicidio di un bambino di 11 anni, residente a Napoli che, pare, sia rimasto vittima della Jonathan Galindo Challenge, ennesimo perverso gioco online.

Il ragazzo, poco prima di gettarsi dalla finestra della sua cameretta, ha inviato un messaggio alla madre in cui aveva scritto che doveva assolutamente seguire un ipotetico “uomo nero” di cui, ovviamente, non si sa ancora nulla.

Secondo gli inquirenti, dietro il gesto inconsulto della vittima c’è questo Jonathan Galindo o chiunque abbia ideato questa sfida. Tutte le indagini convergono verso questa strada, dato che il ragazzo conduceva una vita molto tranquilla e serena e quindi non c’erano motivi da indurlo alla morte volontaria.

Questo Jonathan Galindo si presenta alle vittime designate con le sembianze del famoso cane della Disney, un Pippo umano dai tratti spaventosi ed inquietanti e che, a quanto pare, segue lo stesso iter delle precedenti challenge: creare falsi account online con i quali contattare minori e costringerli a mettere in pratica prove psico-fisiche al limite della perfidia.

Dopo questi eventi, è in atto una vera e propria emergenza. Essendo Internet un luogo in cui chiunque può essere, fare e dire ciò che vuole, è impossibile riuscire a controllare tutto, quindi c’è un gran bisogno di una buona “educazione interattiva”, con lo scopo di non permettere a questi folli assassini di impossessarsi della vita dei ragazzi più sensibili e pericolosamente malleabili.

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